Tra le nuvole dell’isola
È senza alcun dubbio il tetto della Sardegna. Si chiama Gennargentu ed è il massiccio la cui punta è ammantata di neve per buona parte dell’anno.
Qui, ogni cosa sembra essere cristallizzata in un’istantanea lontana nei secoli. Come il rito della raccolta delle castagne in cui le donne, vestite nei loro abiti tipici, sono intente a raccogliere la delizia dell’autunno. Golosità ripetuta anche in primavera: tra Maggio e Giugno i boschi si colorano delle tinte dei loro fiori che risaltano nella valle del Rio Aratu.
Alle pendici del Gennargentu si arroccano i paesi della Barbagia, orgogliosamente rimasti chiusi a influenze esterne e depositari di antiche usanze e tradizioni: tra i più rappresentativi Desulo, nato dalla fusione di tre agglomerati un tempo indipendenti tra loro; Aritzo, preannunciato a distanza dallo spettacolare torrione calcareo di Su Texile ed Atzara, che conserva nel suo tessuto urbanistico tracce medievali.
Se Desulo è dedita a un’attività prevalentemente di pastorizia, lo stesso non si può dire di Aritzo, divenuta col tempo interessante meta turistica invernale.
Vicoli, scalette ed edifici in pietra fanno di Aritzo un borgo pittoresco, divenuto famoso nel settecento per il commercio della neve. Se la sagra della castagna è l’evento principale della città di Aritzo, la festa di Sant’Isidoro rappresenta il momento di maggiore aggregazione per il borgo di Atzara. La seconda domenica di maggio, una processione di trattori e carri addobbati sfila per le vie del centro per festeggiare il santo protettore dei lavoratori agricoli. Ieri come oggi, effigie di una Sardegna nascosta agli occhi dei più.
Quella riparata e “conservata” dall’ala protettrice del Gennargentu.