Saint Louis, l’antica capitale del Senegal coloniale, è una bella addormentata che da tempo aspetta di essere risvegliata. La città vanta uno straordinario patrimonio architettonico, dimenticato per anni, divenuto patrimonio mondiale dell’Umanità nel 2000, che contribuisce alla rinascita, alla nuova vita della città.
Ci vogliono quattro ore di auto sulla Route Nationale 2 per raggiungerla da Dakar, dall’estremo nord del paese. Saint Louis si trova dove il fiume Senegal, dopo aver segnato per centinaia di chilometri il confine con la Mauritania, piega a sud e si butta con un grande estuario nell’Oceano Atlantico.
Ore d’auto punteggiate dai baobab centenari che si ergono come sentinelle, sul ciglio della strada. Ore fastidiose quando soffia l’harmattan, il vento secco del Sahara che rende nebulosi tutti gli scenari. Verso est si aprono le terre aride del Sahel, dove solo i pastori “peuls” sanno muoversi, impassibili ad ogni tempesta, guidando i loro armenti di capre e zebù. Di tanto in tanto, il nulla della savana è animato da grandi mercati del bestiame dove trattative frenetiche si svolgono al riparo di un semplice ombrello o di grandi baobab.
“Modello” coloniale dell’Africa Occidentale Francese
Saint Louis si annuncia come qualcosa di diverso, un luminoso e riposante ritorno alla civiltà urbana dopo centinaia di chilometri percorsi in una natura ostile: oltrepassata la periferia di Sor, appare improvvisamente il Senegal che si supera sulle lunghe arcate metalliche del ponte Faidherbe, che per Saint Louis è quello che la Tour Eiffel è per Parigi: l’immagine di tutte le cartoline. Il ponte regge alle piene del fiume da più di un secolo, esattamente dal 1897, e ci riporta all’epoca coloniale.
Governatore del Senegal fu, dal 1854 al 1861 e poi dal 1863 al 1865, Louis Léon César Faidherbe: il ponte fu inaugurato quando il generale era già morto da otto anni, ma ripensando alla presenza coloniale francese nell’Africa Occidentale si deve fare inevitabilmente i conti con questo energico militare del Genio. Fu lui a gettare le basi per l’espansione verso l’interno e a progettare un sistema amministrativo che poi servirà da modello per tutte le colonie dell’Aof, l’Afrique Occidentale Française.
Ancora oggi il ponte è l’unico collegamento con la terraferma, perché in realtà il quartiere storico di Saint Louis, N’Dar per i locali, è un’isola al centro del Senegal.
Nel ricordo del “trasvolatore” Jean Mermoz
Subito si incontrano gli edifici simbolo dell’antico “comptoir” coloniale fondato nel 1659: la Gouvernance, l’isolato del comando che ospitava il palazzo del governatore, la capitaneria, le poste e oggi, concessione ai tempi nuovi, l’ufficio del turismo.
Di fronte c’è l’Hôtel de la Poste, un edificio in puro stile coloniale che dal 1850 ospita i viaggiatori che approdano a Saint Louis.
L’arrivo in città non è poi così diverso da quello descritto, nel 1881, da Pierre Loti, quando i viaggi si facevano ancora via mare: “Discendendo lungo la costa africana, quando si supera l’estremità meridionale del Marocco, si segue per giorni e giorni un interminabile paese desolato. E’ il Sahara, il grande mare senz’acqua.. E poi infine appare al di sopra delle sabbie una vecchia città bianca, ombreggiata da qualche palma gialla; è Saint Louis del Senegal, la capitale del Senegambia. Una chiesa, una moschea, una torre, delle case in stile moresco. Tutto questo sembrava dormire sotto un sole ardente…”.
Qualche decennio dopo si apre la stagione delle prime trasvolate atlantiche e l’Hôtel de la Poste diventa la base di Jean Mermoz, uno dei grandi eroi dell’aviazione civile francese, anzi “il Grande” secondo la definizione che volle attribuirgli l’autore del “Piccolo Principe”, quell’Antoine de Saint-Exupéry a sua volta protagonista di temerarie imprese aeronautiche.
Tutto all’Hôtel de la Poste ricorda Mermoz e l’epoca d’oro dell’Aéropostale.
Nel 1927 fu Mermoz a realizzare il primo volo senza scalo fra Tolosa e Saint Louis e tre anni più tardi a compiere, partendo da Saint Louis, la prima traversata aeropostale dell’Atlantico meridionale, fino a Natal, in Brasile.
Un’isola cosmopolita
La Rue du General de Gaulle divide in due parti la Saint Louis coloniale, una piccola isola di circa trecento metri di larghezza e poco più di due chilometri di lunghezza: a nord “Lodo”, l’antico quartiere amministrativo, dei commerci e dei militari, oggi prevalentemente musulmano; a sud “Kertian” il quartiere cristiano dove si erano installati i missionari, gli europei, i meticci e i “gourmet”, ovvero i neri cristianizzati. Si gira bene a piedi; a parte i due assi principali le vie sono molto tranquille. Ma la soluzione ideale è affittare un calesse e andarsene a spasso con una guida locale, che si fermerà volentieri davanti ad ogni edificio significativo. La Cattedrale, ad esempio, costruita nel 1828 in stile neoclassico.
Sul lato nord dell’isola, fra la place Faidherbe e la rue André Brue, si concentra gran parte dei vecchi magazzini commerciali. Il più celebre è quello che apparteneva alla maison Maurel e Prom (rue Blanchot/quai Roume) del 1828, con una torre merlata e finestre goticheggianti. Le sedi di Devès et Chaumet (rue Seydou-Tall/rue Blaise Diagne), Guillabert (rue Blanchot/rue de France), Messageries du Sénégal sono altri esempi della fortuna commerciale di Saint Louis legata, per gran parte dell’Ottocento e del Novecento, alle società bordolesi e marsigliesi dell’olio e del sapone che sfruttavano il commercio delle arachidi.
Case coloniali, arachidi e pesca “collettiva”
A partire dal 1848, anno della definitiva abolizione della schiavitù, la coltivazione delle arachidi aveva infatti sostituito la tratta degli schiavi. In precedenza Saint Louis era stata infatti il centro di concentrazione più importante dell’Africa occidentale assieme all’isola di Gorée, al largo di Dakar.
Ogni “îlot”, i piccoli isolati dell’urbanistica coloniale, riserva qualche sorpresa, con belle case colorate dai balconi in ferro battuto o in legno. Le più sontuose sono le case appartenute alle “Signares”, le ricche meticcie che sfoggiavano abiti eleganti, organizzavano feste sontuose e, non di rado, controllavano molti commerci della città. E poi ancora l’Hôtel de Ville (rue Khalifa-Babacan-Sy), il Palazzo di Giustizia con lo scalone monumentale (rue Abdalaye Seck) e la Grande Moschea (avenue Mermoz).
Il tour prosegue fino alla punta nord dell’isola, proprio dove il Senegal si divide in due bracci che circondano la vecchia Saint Louis.
Si ritorna costeggiando antichi quartieri militari fino al pont Servatius che collega il centro storico alla Langue de Barbarie, la stretta fascia di terra che separa il fiume dall’oceano. Al di là del ponte, abbandonati i silenzi della città coloniale, si incontra tutto un altro mondo: N’Dar Toute, il mercato più pittoresco e animato della città, e Guet N’Dar, brulicante quartiere dei pescatori. Una specie di favelas affacciata sulle agitate acque dell’Atlantico, con un’armata di piroghe di legno sempre pronte a sfidare le acque pescose. A fine pomeriggio, al rientro dei pescatori, la lunga spiaggia si popola all’inverosimile: donne, bambini, tutti partecipano a un rito collettivo.
E’ il miracolo della pesca che si ripete ogni giorno.
Il Parco Nazionale della Langue de Barbarie
La regione di Saint Louis merita una vista non solo per il suo interesse culturale, ma anche per il ricco patrimonio naturalistico. Alcuni dei principali parchi naturali del Senegal si trovano nelle immediate vicinanze della città.
Il Parc national du Djoudj, sul confine con la Mauritania, è situato a circa sessanta chilometri a nord-est di Saint Louis.
Classificato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco fin dal 1981, Djoudj è uno dei più importanti “santuari” ornitologici del mondo. Fra i meandri e i laghi formati dal Senegal, gli specialisti sono riusciti a classificare più di trecentocinquanta specie di volatili. Il periodo migliore per la visita, che si può fare in auto o in piroga, va da dicembre a marzo.
L’altra grande attrazione naturalistica è il Parc nationale de la Langue de Barbarie, venti chilometri a sud di Saint Louis. Situato proprio dove il Senegal si getta nell’Atlantico, il parco (duemila ettari) protegge venti chilometri di litorale, le zone lagunari adiacenti e alcuni minuscoli isolotti del fiume.
Praticamente si tratta di una lunga fetta di sabbia, il prolungamento del Sahara mauritano, che si infila tra il fiume e l’oceano. Il sito è il luogo ideale per la nidificazione degli uccelli acquatici e viene utilizzato per la deposizione delle uova da molte specie di tartarughe marine. Se queste ultime non sono così facili da osservare, un qualsiasi itinerario in piroga si rivelerà una spettacolare passeggiata fra colonie di pellicani, aironi, gavine, sterne e grandi cormorani.
Hôtel de la Poste e il Festival internazionale del jazz
Hôtel de la Poste
, all’uscita del ponte Faidherbe, telefono 221 9611118;
Quarantacinque camere abbastanza confortevoli, due ristoranti. Un safari-bar, piscina con vista sul fiume. Parti comuni di charme, con sale e memorabilia dedicati a Jean Mermoz.
Festival internazionale del jazz (quais des Arts), www.saintlouisjazz.com. L’appuntamento più importante della stagione turistica con la presenza di molti turisti europei. Oltre ai concerti ufficiali, una piacevole programmazione “off”. Nella inevitabile calca prestare attenzione ai borseggiatori.
La quindicesima edizione si è svolta dal 24 al 27 maggio di quest’anno.
Tour operator “Il Diamante”, telefono 011 2293230; organizza diversi tour in Senegal che comprendono la visita di Saint Louis.