Cina
– “La Cina è vicina” decise anni fa Piovene così titolando un suo libro.
Vicina, forse, ma non ancora abbastanza conosciuta. Fatta eccezione per le grandi città (Pechino, Shanghai, la redenta Hong Kong, che quei dritti dei cinesi – minga pirla – hanno mantenuto capitalisticamente british, e la meneghina Chinatown di via Paolo Sarpi) quel che accade nel resto di questo enorme posto (grande trentadue volte l’Italia e abitato da un quinto dell’umanità) resta ancora un filino misterioso.
E quanto al Tibet meglio glissare, far finta di niente. Tant’è che a Roma la visita del Dalai Lama ha dato un certo fastidio e tutti hanno fatto spallucce. D’altro canto un prezzo va pagato (e qualche rospo ingoiato, vedi la vicenda dei diritti umani e della pena di morte) pur di vendere qualche Ferrari, mutande e jeans firmati, e importare giocattoli fuorilegge, precari tessuti usa e getta e le squisite “pummarole” del Fiume Giallo. Né c’è da sperare molto (quanto a vera apertura, conoscenza della Cina al mondo) dalle Olimpiadi di Pechino 2008. Anche se molti turisti che vi presenzieranno, dopo aver visto soltanto un paio di partite di calcio e qualche lancio del giavellotto, sentenzieranno saccentemente “Sono stato in Cina”.
Niente di male, già da tempo siamo abituati al “Sono stato in America” proferito da reduci da viaggi di tre giorni a New York, vissuti mercè l’intrigante pacchetto Low Cost “Volo+shopping” (a ‘sto livello di cretineria molto meglio quei naif milanesi che da Chiasso spediscono ai vicini di casa una innocente cartolina annunciante “Cordialità dall’estero”).