Alcuni ragazzi accanto a noi; due sono irlandesi, due americani, chiacchierano e sorseggiano le loro birre. Ciò che qui conta sono i brindisi che si fanno con gli amici, felici della loro compagnia. Al tavolo vicino altri avventori hanno tirato fuori un violino e una chitarra. Cominciano a suonare musica tradizionale irlandese. In molti locali di Galway, oltre a bere, si può ascoltare musica. Praticamente ogni sera è possibile assistere a un concerto. A volte si tratta di eventi programmati. Spesso è sufficiente che alcuni musicisti, con il loro strumento, siedano a un tavolo perché il concerto inizi. E chiunque voglia può sedersi con loro per dare il proprio contributo alla musica. Il pub, per tutti, è un’immersione nella tradizione e nelle abitudini degli irlandesi. È un modo di vivere a cui non si può rinunciare quando si mette piede sull’isola verde.
Le scogliere di Moher
Una sagoma scura si staglia in lontananza. Come una balena arenata e sconfitta, la Plassey compare oltre il dedalo di muretti a secco. La vecchia nave, naufragata negli anni Sessanta, giace arrugginita sulla riva bassa e sassosa di Inis Oirr (Inisheer, usando la grafia inglese). Oltre il braccio di mare, sulle onde verdi dove si specchiano le nuvole che corrono cariche di pioggia, si scorge una marcata linea scura, quasi blu. Sono le scogliere di Moher, che si innalzano ripidissime fino a duecento metri sul livello del mare. L’isola, la più piccola delle tre che formano l’arcipelago delle Aran, invece, ha un profilo dolce e ondulato. Le Aran sono facilmente raggiungibili da Galway con i traghetti che salpano dal porto di Rossaveal, un paesino a cui si arriva con gli autobus che partono dal centro città.
Inis Oirr, scheggia di roccia nel mare
La superficie di Inis Oirr, come quella della sue due sorelle, è coperta dai tipici muri di sassi che difendono la poca terra che ricopre la roccia e dove a stento cresce una verde erbetta. A volte qualche pecora scruta i passanti incuriosita. Queste isole sono anche conosciute per i tipici maglioni di spessa lana che vengono prodotti.
Qui la tradizione, infatti, è radicata con maggior forza. E lo si può vedere da alcuni particolari, come le tipiche barche nere in legno, dalla forma allungata, chiamate “currach”, che ancora vengono usate dagli abitanti. Oppure dal cartello che si legge scendendo dal traghetto, sul molo: “An Ghaeltacht”. Indica che si sta entrando in un’isola linguistica, chiamata appunto “ghaeltacht” (si pronuncia “guelfa”) dove il gaelico è parlato e protetto. Fa uno strano effetto, a Inis Oirr, scoprire che uno di questi cartelli istituzionali è stato piantato, all’uscita del piccolo aeroporto, proprio davanti a un cimitero. Dietro a questo richiamo al gaelico spuntano le vecchie tombe con le croci celtiche.