Nel corso della stagione invernale 2006-2007 gli incidenti sulla neve causati da valanghe hanno coinvolto 81 persone, 16 feriti e 6 morti. La stagione 2007-2008, non ancora conclusa, secondo i dati Aineva, Associazione interregionale neve e valanghe, ha visto un più triste esordio con 11 incidenti nel solo mese di gennaio, 28 persone coinvolte, due feriti e nove morti. Il picco più alto è stato raggiunto in Lombardia il 12 e il 13 gennaio: a Livigno hanno perso la vita due snowboarder e a Dosso de Galli, in val Trompia, una valanga ha travolto undici persone a bordo di una motoslitta e ne ha uccise quattro.
Il pericolo delle valanghe si associa oggi al diffondersi di sport e attività sulla neve che escono dai circuiti controllati dello sci su pista: come lo snowboard praticato nelle aree circostanti le piste da sci, ma fuori dai percorsi autorizzati – quello che comunemente si chiama fuori pista -, ma non solo. Gli appassionati della tavola a volte scelgono itinerari non battuti, su pendii e montagne ricoperte di neve e così fanno, da più tempo, gli amanti dello scialpinismo, che raggiungono una vetta salendo e discendendo mediante sci appositi. Senza andare troppo lontano, anche le semplici escursioni con le ciaspole si praticano su neve non trattata: che può essere fresca o gelata, farinosa o coesa, in una serie numerosissima di variabili che solo i veri esperti conoscono. Su questa neve, stratificata in un meraviglioso e delicato equilibrio che può sempre cambiare, gli incidenti da valanga provocati dal passaggio dell’uomo sono la maggior parte.
Mondointasca ha chiesto a Ronny Bertolini, istruttore di scialpinismo della scuola Cai di Valle dell’Adda, come leggere questi dati e come affrontare i rischi degli sport invernali.
Ronny Bertolini, in tutti noi è ancora vivo il ricordo degli ultimi incidenti avvenuti in Lombardia…
Sì, sono tornato anch’io a riflettere sulle vicende del 12 e 13 gennaio e ho scoperto che, in quel caso, tutte le vittime coinvolte non erano scialpinisti. Questo mi ha fatto pensare. Il 13 gennaio il bollettino valanghe dava livello 4, su una scala di cinque, che vuole dire pericolo forte, che interessa anche le vie di comunicazione come strade e passi alpini. In questi casi si scelgono solo gite in luoghi ben conosciuti, evitando le zone più esposte al rischio valanghe.
Si è trattato, allora, di scelte imprudenti?
In parte sì. Vorrei ricordare che la circolazione delle motoslitte è ancora poco regolamentata in Italia e si tratta di mezzi che possono avere un grande impatto sulla neve. E’ vero che una valanga, in genere, si verifica su pendenze maggiori del 27 per cento ma anche la base di un vallone piatto non è priva di pericoli a certe condizioni. Le variabili sono tante, non bisogna sottovalutarle.
Puoi fare qualche esempio?
Ricordo, tra l’altro, che uno sciatore che cade, su un pendio, moltiplica il suo peso per otto volte. Il consiglio che si dà agli scialpinisti è infatti di evitare di cadere sui pendii più ripidi e le motoslitte sono mezzi pesanti…Chi è abituato a escursioni in un ambiente invernale, inoltre, sa che le valanghe tendono a formarsi da alcune posizioni ricorrenti, dove si accumula con facilità la neve trasportata dal vento: sotto le creste, nelle conche, nei valloni.
Questa, infatti, è l’immagine che spesso emerge dopo un incidente: con più esperienza, si poteva evitare…
Sì, ma vorrei aggiungere che in montagna non esiste il rischio zero e non è un caso che una seconda categoria di incidenti capita agli esperti: come dicono molti scialpinisti, “la valanga non sa che sei un esperto”. Una battuta che invita a non sottovalutare il pericolo: può accadere a chi ha già molta confidenza con la montagna, ha vissuto molte avventure, andate a buon fine, o magari è ben consapevole del rischio, ma decide comunque di prendersi la responsabilità dell’impresa.
A volte va male.
Ripeto: i mezzi per ridurre i rischi ci sono. Gli scialpinisti seguono corsi appositi, imparano a usare l’Arva – un dispositivo per la ricerca di una persona sotto la neve – e portano sempre con sé anche la pala e la sonda. Meno avvertiti sembrano gli escursionisti non assidui: chi sceglie le ciaspole, a volte senza un’adeguata conoscenza sul modo di muoversi in un ambiente invernale e senza Arva.