“La forza del bello. L’arte greca conquista l’Italia” è il titolo scelto per la mostra primaverile di palazzo Te a Mantova, che presenta centoventi opere antiche, di fattura greca e romana. Forte come dovevano essere gli eroi e gli dei della mitologia, belle come ci sono sempre apparse le sculture che hanno fatto la memoria dell’Occidente e che sono tuttora ammirate tra i migliori esempi di arte plastica: la “forza del bello”, esposizione ideata e curata da Salvatore Settis, allude all’influenza che ebbe la cultura greca sull’impero romano e parte con esemplari del sesto secondo avanti Cristo, ma procede con le copie latine dell’età imperiale sino ai rilievi pseudoantichi del Cinquecento. La “nostalgia della Grecia”, ricordata da Settis nei suoi studi e in una sezione apposita della rassegna, potrebbe catturare anche il visitatore di questa mostra, che aggiunge alla meraviglia delle sculture il pregio di palazzo Te, la villa realizzata nel Cinquecento da Giulio Romano.
Le sale del palazzo, fasto e armonia insieme, e gli adiacenti spazi delle Fruttiere ospitano statue intere, teste, crateri, anche alcuni esempi di pittura su parete. Il primo gioiello annunciato è il kouros Apollino Milani, in marmo bianco, conservato al museo archeologico di Firenze, che recenti studi hanno potuto completare della parte mancante: si tratta di un reperto di collezione privata, la testa di Osimo, oggi esposta assemblata al suo tronco. La scultura aveva conquistato anche senza testa, come diversi degli esempi presenti a Mantova: sin dal secondo secolo avanti Cristo i romani presero, infatti, ad arredare templi, case private, giardini, prima con le statue greche risultato dei bottini di guerra, poi con le copie e i pezzi realizzati su commissione.
La diffusione dello stile ellenico in Italia fu tale che nel corso dei secoli – complice una diversa concezione della firma dell’opera – sculture greche e romane vennero considerate in modo indistinto e solo tra Settecento e Ottocento si cominciò a indagare sulle differenze. Quello che era rimasto, imitato, interpretato e rivisto in Italia era bastato a creare una definizione del bello durata a lungo: intensità ed equilibrio, misura e proporzioni, armonia e studio del movimento.
Anche se la concezione di bellezza e arte era, nella Grecia antica, molto diversa da quella che maturò via via nella cultura europea, la “nostalgia” restava, almeno fino al XVI secolo, quando Anton Raphael Mengs realizzava un affresco su tela in stile romano, “Giove e Ganimede”, o quando venivano realizzati su marmo rilievi “pseudoantichi”, dati per originali, in mostra grazie a prestiti di Dublino e Parigi.
Molte sculture esposte a palazzo Te vengono da musei italiani, alcune da ritrovamenti di Guardia di Finanza e Carabinieri, altre ancora dall’estero come il Sileno inginocchiato da Armento, di Monaco, il cratere di Vix, da Chatillion-su-Seine, il cratere attico del Metropolitan Museum di New York oggi tornato a Roma. Niobe, in marmo, del 440 avanti Cristo, viene dal museo nazionale romano, mentre alla raccolta archeologica di Taranto appartiene il bronzo dello Zeus di Ugento. Dai musei capitolini e da Napoli, dal museo archeologico, sono stati dati in prestito i ritratti di personaggi illustri tra i quali Omero, Socrate, Platone, Aristotele. A confronto, nella sezione alle Fruttiere, due Spinari, – sculture di un ragazzo seduto, intento a estrarre una spina dal piede – , in bronzo e in marmo. Tra statue e busti di dei, giovinetti e personaggi del mito non mancano i crateri a figure rosse e alcuni affreschi, come la Medea dipinta ad Ercolano, le scene dell’Odissea di una villa romana, custodite alla Bibioteca apostolica Vaticana.
“La forza del bello. L’arte greca conquista l’Italia”.
Mantova, palazzo Te, dal marzo al 6 luglio
Orari: tutti i giorni 9-19
Per informazioni e prenotazioni: www.laforzadelbello.it, www.centropalazzote.it
tel 199 199 111, servizi@civita.it