Senza Tiletto, non si entra a Canelli
E’ consigliabile, appena arrivati in paese, munirsi di un documento lasciapassare (Tiletto) rilasciato dalle “autorità militari”, documento che simula il vecchio salvacondotto secentesco che permetteva ai viandanti di liberamente “stare e risiedere in Canelli in tempo di guerra”, senza farsi mettere alla gogna.
Questa è una simpatica tradizione: chi viene trovato durante la rievocazione storica senza questo lasciapassare, può venire messo alla gogna oppure ricevere una secchiata d’acqua (come accadde al sottoscritto nel 1994). Anche dopo un gavettone o una messa alla gogna, ci si può comunque ritemprare con i pasti serviti da osti e ostesse in costume, culminanti nel “Pranzo della Vittoria”, un banchetto con menù seicentesco e servito con accompagnamento di intrattenimenti vari.
Vini e spumanti. Qui “fanno Storia”
Trovare poi del buon vino a Canelli è estremamente facile, grazie alle 580 aziende vitivinicole, che producono dai vitigni del Moscato, Barbera, Dolcetto, Cortese, e Chardonnay lo Spumante, il Moscato o il Dolcetto d’Asti oltre che la Barbera e la Freisa d’Asti e il Cortese Alto Monferrato. Fra queste numerosissime aziende spiccano la Gancia, Luigi Bosca, Riccadonna, Tosti-Giovanni Bosca, Contratto, Coppo, Ramazzotti, eccetera. La tradizione vinicola é antichissima: in epoca preistorica il territorio di Canelli fu sede di insediamenti di Liguri Stazielli; in seguito l’arrivo dei Romani consentì lo sviluppo di un centro nel quale si coltivava la vite e in seguito, in epoca medievale (961 d.C.) Canelli venne definita “città”, rango che le permise di divenire il primo avamposto del Ducato di Savoia contro il feudo ostile del Monferrato. Le continue guerre, però, non solo ridussero di molto la produzione vinicola locale, ma culminarono nel 1617 con la distruzione del maniero medievale sovrastante la città, rimpiazzato alcuni decenni dopo dall’attuale Castello.
Le celebri Cantine sotterranee
Canelli è famosa pure per le cantine sotterranee di invecchiamento dello spumante. Si tratta di vere e proprie cattedrali sotterranee, che si diramano sotto la città, capolavori d’ingegneria e di architettura enologica, dove milioni di bottiglie lasciate a fermentare alla temperatura costante di 12-14 gradi, assumono gli aromi e i sapori tipici dello spumante e del vino Canellese. Purtroppo la città si confronta spesso con una natura inclemente, ad esempio quella legata alle frequenti esondazioni del torrente Belbo; disastrosa è risultata l’alluvione del 1995, quando il fango e l’acqua invasero le cantine, causando la perdita di gran parte dello spumante in fermentazione, con danni per milioni di euro. Per fortuna l’ingegno e la volontà dei Canellesi permise sempre di uscire a testa alta da queste gravi emergenze, forse anche in forza della diversificazione del bacino industriale locale che da alcuni decenni si dedica, in alternativa al vino, anche all’eno-meccanica, cioè a quell’insieme di prodotti quali autoclavi, capsulatrici, sciacquatrici, riempitrici, sistemi di tappatura e chiusura, gabbiettatrici, etichettatrici, che vengono esportati nell’intera Europa, negli Stati Uniti, Russia e Cina.
Qualche “dolcetto” doc, per bere meglio
Per quanto riguarda infine i dintorni di Canelli, ricordiamo una curiosità relativa a Mombaruzzo (distante circa venti chilometri) vale a dire la tradizionale produzione di amaretti. Forse non tutti sanno che un certo Moriondo di Mombaruzzo, che nel 1700 lavorava a Venaria Reale, sposò a Torino una donna siciliana; trasferitisi proprio a Mombaruzzo, alla moglie venne l’idea di “importare” dalla sua terra d’origine una tradizionale pasta di mandorle, leggermente amarognola che, mischiata con albume e zucchero, diede origine appunto ai buonissimi “amaretti”. E’ da quel lontano periodo che i Moriondo di Mombaruzzo, inventori degli amaretti, esportano in ogni dove il loro delizioso prodotto.
Info: www.canellieventi.it