Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

“Cous cous,” Sicilia: , un piatto d’amore e di pace

coucus coucus

Dal 23 al 28 settembre San Vito Lo Capo celebra la prima pietanza “glocal” della storia della gastronomia. Una manciata di grani di semola conditi con spezie, carne e verdura che ha viaggiato dall’Africa al Sud America amalgamando ricette e usanze

cous cous Un piatto di semola
Un piatto di semola

Il cous cous, piatto della pace e simbolo della integrazione tra popoli e culture differenti, espressione di gente semplice e vera viene celebrato dal 23 al 28 settembre a San Vito Lo Capo, antico borgo marinaro, con una forte impronta araba. Un gioiello della costa nord occidentale della Sicilia, nella provincia di Trapani, racchiuso nella baia compresa tra le riserve naturali dello Zingaro ad Ovest e di Monte Cofano ad est, dove luci, profumi e sapori si fondono dando vita ad un paesaggio dai colori tipicamente mediterranei: basse case bianche rivestite  di buganvillea, una spiaggia dalla sabbia bianchissima che si affaccia su un mare turchese dai fondali suggestivi, custode di tesori antichi, in un ideale abbraccio, lungo un chilometro, verso il Mediterraneo. Il cous cous è stato anche definito piatto giramondo perché unisce in sé il globale e il locale. Ovunque sia approdato, in giro per il mondo, il piatto ha sposato le caratteristiche del territorio, legandosi profondamente alle tradizioni, religiose e conviviali dei popoli e diventando, volta per volta, maftoul, kseksou, cuscus, cascasa, sekso, kskso, kuskus, kuski, burgul o tabouleh. Dall’Africa alla Sicilia, dall’Europa al Sud America, il cous cous ha viaggiato e viaggia nei cuori e nelle tradizioni degli emigranti ed è oggi uno tra i primi esempi di glocal: cibo globalizzato più di tanti altri, ma camaleontico rispetto alla gastronomia locale.

San Vito Lo capo, sapore di Africa

San Vito Lo Capo
San Vito Lo Capo

Colore e suggestione, tra i mandorli e gli ulivi di Castelluzzo, i tramonti di Magari, le sorgenti, le grotte, i bagli e le torri; ma soprattutto il profumo di una terra ricca e generosa, che anche a tavola riesce ad essere straordinaria. Oltre al cous cous anche “busiate” e pane “cunzatu”. Ospitalità sincera, gastronomia fantasiosa e una tra le migliori produzioni vitivinicole della Sicilia, conquistano il visitatore a spasso per i luoghi di questo incantato angolo di terra. Da undici anni qui, tra le strette stradine di quella che è considerata la più africana delle città italiane, per via delle sue case bianche e basse, dai tetti piatti arricchiti con decorazioni moresche, si è legato il proprio nome al piatto fatto di una manciata di grani di semola cucinati con brodo, spezie, verdure, carne o pesce.

Cous Cous, la ricetta della tradizione e le varianti estere

Contaminazioni gastronomiche
Contaminazioni gastronomiche

Alla pietanza che, secondo la leggenda, riuscì a guarire il re Salomone dal mal d’amore per la regina di Saba, San Vito, con una operazione di marketing e promozione, ha legato il proprio nome e dedica un festival, un evento gastronomico e culturale di grande successo: il Cous Cous Fest, la rassegna internazionale di cultura ed enogastronomia del Mediterraneo, che quest’anno si svolgerà dal 23 al 28 settembre prossimi.
Nei giorni del festival per le strade del paese sarà possibile degustare il piatto in tutte le sue varianti: dalle versioni più tradizionali presenti alla “Casa del cous cous del Maghreb” dove è cucinato secondo l’antica tradizione di Algeria, Marocco e Tunisia, l’area geografica da cui trae le sue radici, ad una versione prettamente locale a base di pesce, disponibile alla “Casa del cous cous di San Vito Lo Capo”, fino a tutte le varianti delle tradizioni estere, che utilizzano carne, verdure e spezie di tutti i tipi, proposte al “Cous cous dal mondo” e alle sperimentazioni della cucina del territorio protagoniste della “Casa del cous cous trapanese”.

In gara gli chef del Mediterraneo

Ritrovo degli chef
Ritrovo degli chef

Anche quest’anno il cuore pulsante della manifestazione sarà la gara gastronomica internazionale di cous cous che impegnerà i migliori chef del Mediterraneo provenienti da 8 paesi: Costa d’Avorio, Francia, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Senegal e Tunisia che si affronteranno proponendo il cous cous cucinato secondo la propria tradizione gastronomica. Grande novità della prossima edizione sarà la presenza di una giuria popolare che assegnerà il “premio del pubblico”, e affiancherà la giuria internazionale, composta da giornalisti, opinion leader e presieduta, per il secondo anno consecutivo, da Stefano Bonilli, editore e direttore del Gambero Rosso. Martedì 23 settembre durante la cerimonia di inaugurazione della rassegna verranno assegnati i 10 posti della giuria popolare tra quanti ne faranno richiesta registrandosi sul sito della manifestazione, www.couscousfest.it.

Un piatto che accorcia le distanze politiche e religiose

Una fase della preparazione
Una fase della preparazione

L’avventura del “Cous cous festival” è iniziata nel 1998 e in questi anni la manifestazione è diventata uno dei simboli della città, al pari del caratteristico golfo presidiato dal faro bianco di Capo San Vito e del santuario fortificato che con le sue merlature e i torrini con campane svetta nel cuore del centro storico. Evidenza che la Sicilia ha saputo assorbire l’immigrazione proveniente dal Nord Africa, assimilandone alcuni tratti culturali. Il cous cous, piatto della tradizione maghrebina diffuso in tutta l’area del Mediterraneo e oltre è certamente tra questi. E nel nome del cous cous, nella cittadina trapanese, si arriva anche ad accantonare le distanze politiche e religiose. E capita così che cuochi palestinesi e israeliani, chef di paesi islamici e altri provenienti da nazioni di cultura cattolica, si ritrovino a lavorare fianco a fianco in una sfida che, tra le suggestioni orientali di una danza del ventre, di musiche e percussioni, è anche e soprattutto occasione di confronto e condivisione.

Degustazioni e danza del ventre in riva al mare

Danzatrice del ventre
Danzatrice del ventre

Cous cous ma non solo. Oltre alle degustazioni di cous cous, disponibili al villaggio gastronomico, il programma della rassegna prevede anche momenti di approfondimento dedicati ai cous cous del mondo e alle specialità gastronomiche regionali abbinate ad etichette siciliane, incontri culturali, seminari sul tema dell’enogastronomia e wine tasting.
Al Waha, il cui nome in arabo significa oasi nel deserto, è la magica tenda berbera dalle suggestioni orientali, sulla spiaggia di San Vito Lo Capo, che sarà teatro di incontri e degustazioni tra tende dai colori accesi, la danza del ventre nella luce sfumata del tramonto, musica e percussioni che accolgono i visitatori all’interno di un’atmosfera rilassata e fuori dal tempo, in riva ad un mare di smeraldo.

Concerti gratuiti di world music

Concerto a SanVito
Concerto a SanVito

Il meglio della cultura e delle tradizioni dei paesi partecipanti sarà esposto all’Expo Village, un coloratissimo crogiolo multietnico caratterizzato dall’affascinante miscellanea di culture e linguaggi. In esposizione prodotti e manufatti dei paesi partecipanti alla rassegna che faranno sentire immersi in un magico mondo multicolore. Chiudono il programma della rassegna i suoni e i ritmi del mondo che saranno sul palco di piazza Santuario con un calendario di concerti di world music, il “Cous Cous Live Show”, spettacoli e intrattenimento. I concerti sono gratuiti e cominciano alle 22.

Bastano tre dita per gustarlo

Una pietanza da gustare con le dita
Una pietanza da gustare con le dita

Questa tradizionale pietanza a base di semola di grano, cotta a vapore, servita con un bouillon aromatico arricchito del sapore delle verdure di stagione, legumi, aromi e spezie, carne o pesce, rappresenta da sempre il piatto simbolo della cucina maghrebina, specie nei giorni di festa. Il cous cous, nonostante l’eterogeneità delle tradizioni, conserva una natura conviviale: un unico piatto rotondo dal quale tutti possono attingere semplicemente con le mani dopo il rituale Bismallah (“in nome di Dio”), o, al massimo, con pane lievitato prendendo un pezzo di carne o di verdure e formando una pallina con la semola. Il Corano, a tal riguardo, dispone addirittura che il cous cous vada mangiato con le sole tre dita della mano destra, per distinguersi dal diavolo che mangia con uno, dal Profeta con due e dall’ingordo che ne usa cinque.

Marocco, Libia, Algeria, Egitto: innumerevoli contaminazioni

Cibo glocal
Cibo glocal

Il termine cous cous indica sia la “semola” che il piatto completo, nella sua terra d’origine, dal Marocco alla Libia. Questa semola si presta a una varietà infinita di piatti: da quello più semplice con lo smen, un burro “fermentato” e un bicchiere di latte cagliato, ai ricchissimi cous cous delle feste di matrimonio e di ricevimento. Si tratta di una specialità presente in innumerevoli versioni regionali e stagionali dal Marocco alla Libia, dall’Algeria alla Tunisia. Ma superato l’Egitto, se ci spostiamo nel Mediterraneo verso il Medio Oriente o nell’area turco balcanica, i chicchi di semola assumono altre forme e denominazioni e sono spesso sottoposti ad un diverso procedimento di lavorazione e cottura. Un piatto locale, dunque, il cous cous, ma al tempo stesso globale: non partecipa all’omologazione del gusto ma si esprime in tante e diverse contaminazioni territoriali.

La semola per guarire le pene d’amore di Re Salomone

Un piatto, una storia: narra la leggenda che Re Salomone, innamoratosi perdutamente della regina di Saba, passasse le notti insonni, smaniando e deperendo a vista d’occhio. Il medico di corte, interpellato, gli preparò un sapiente impasto di semola di grano duro,  insaporito da alcune essenze vegetali. Il re, ripreso vigore, poté finalmente regnare in pace. L’amore e la pace: due ingredienti che rendono il piatto qualcosa di più grande di un semplice soggetto gastronomico. Chi prepara il cous cous mette amore per dar vita al rito antico ed armonioso dal quale nasce: l’incocciata, con la quale la semola viene lavorata e amalgamata. Ed è facile il parallelo con le maree della storia, che hanno agito sui popoli del Maghrebino ad amalgamarne le usanze e le  culture.

Informazioni utili

L’ingresso alla manifestazione è gratuito. Per degustare il cous cous è necessario acquistare un ticket che dà diritto ad una porzione di cous cous o di una specialità gastronomica trapanese ed un bicchiere di vino siciliano, una degustazione di dolci tipici siciliani ed un bicchiere di vino da dessert.
(Si ringrazia couscousfest.it per le immagini fotografiche.) Maggiori informazioni sul sito www.couscousfest.it.

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