Cluny, la “Luce del Mondo”, profanata e saccheggiata
Quanto a Cluny, il viaggiatore non si aspetti di ammirare eccessive vestigia di quello che fu il più grande tempio della cristianità (e sommo faro culturale – la Luce del Mondo, riconobbe il papa all’abate Ugo – della nascente cultura religiosa, artistica e letteraria dell’Occidente).
Si fa riferimento alla antica Abbazia benedettina che già verso il 1000, non paga di ospitare fino a 450 monaci, inviava a Roma sommi pontefici (Silvestro II e Urbano II). Dopo una decadenza iniziata nel ‘500 a causa della progressiva ingerenza dei re della Francia unificata, Cluny ricevette il colpo di grazia (meglio dire profanazione e saccheggio) dai soliti Rivoluzionari, sempre loro, Marat, Danton e Robespierre (d’altro canto Libertè Egalitè e Fraternitè mica si conquistano gratis, un prezzo andava pure pagato). Ciò premesso, a fronte di scarni resti della Grandeur cluniacense (ma l’Eau Bènite, l’ottagonale campanile della basilica di Saint Pierre et Saint Paul vale da solo la visita), l’’ensemble’ architettonico e storico di Cluny sorprende chi prevedeva soltanto una full immersion nell’architettura religiosa medioevale (o in ciò che restava del borgo monastico).
Haras, voluto da Napoleone all’ombra dell’Abbazia
Oltre a quanto costruito dell’Abbazia nel XVIII secolo, a bastioni, porte e torri (curiosa quella dei Formaggi), ben preservate, si aggiungono il settecentesco Hotel Dieu, il museo di Arte e Tecnologia. Per non parlare, piacevole sorpresa per lo sprovveduto turista non aficionado alle vicende equine, dell’Haras, un possente Centro Nazionale del Cavallo (voluto da Napoleone per le conquiste imperiali della Armèe) tra eleganti edifici e monumentali scuderie all’ombra del bel, già citato campanile dell’Abbazia.
A tavola con il novello Beaujolais
Ma oltre all’occhio anche il palato vuole la sua parte. Nel senso che tante generose visioni di vigneti e di non solo lattiferi armenti Charolais invitano alla tavola. Siamo o non siamo nel Beaujolais? E allora diviene un Must, un obbligo (starà poi all’utente visitatore decidere se proseguire i sopralluoghi dai piccoli produttori, a volte più attenti al dettaglio) un salto a Romaniche Thorins. Lì la Duboef, massima cantina di questo lembo del sud Borgogna, propone una visita a Le Hameau –Borgo – du Vin (poiché Grandeur Oblige, è tollerato financo chi non è totalmente d’accordo sul sistema di vinificazione del tanto decantato Nouveau).
Per chi non considera Vino solo quello rigorosamente Rosso (antan dicevasi Nero) e i ‘ciucatè’ ai quali basta bere, ecco – a un tiro di schioppo da Macon – Bianchi a gogò a Pouilly, tra i più èclatanti, il Fuissè. Un Blanc, il Pouilly, grande nemico del divino Chablis.