Chi ha paura di Charles Darwin? Sembra solo una domanda retorica, ma ha un suo fondamento. Se in alcuni stati americani la domanda “creazionista o evoluzionista” circola ancora oggi; se la chiesa cattolica solo recentemente, con papa Wojtila, ha ammesso che “il principio dell’evoluzione è più che un’ipotesi”; se la chiesa anglicana soltanto tre mesi fa ha chiesto scusa a C.D. per averlo “messo in croce”, anche se lo scienziato ha raggiunto per gradi una posizione agnostica e i suoi funerali sono stati religiosi, qualcosa ci deve essere. E non solo per gli integralisti, per i lettori fondamentalisti della Bibbia. Forse, ai più, sfugge il nesso, e l’evoluzione come motore e causa della nostra presenza qui, resta una “simpatica teoria”, come quelle a cui la comunicazione ossessiva dell’oggi ci ha abituato.
Divulgare le proprie scoperte. I dubbi dello scienziato
Fatto sta che, se ci si pensa su, Charles Darwin fa ancora paura, come in quel novembre del 1859 quando un editore londinese coraggioso (o incosciente) pubblicò “Sull’Origine della Specie per mezzo della selezione naturale”. Allora si rise, si canzonò l’autore, e ferocemente, come per esorcizzare le conseguenze di quelle idee. C’è una bella domanda, che sta scritta sul manifesto della mostra da poco inziata a Londra e che suona così: “Se tu avessi un’idea che va a offendere la società (in cui vivi, nda), la terresti per te?”. La risposta a ognuno di noi. Ma C.D., deve essersela posta parecchie volte, prima di decidere di andare avanti. Il perché è semplice e complesso allo stesso tempo. Aprire gli occhi, scoprire, una realtà spiacevole può essere entusiasmante e appagante, fino a quando non mette a repentaglio la propria vita, non mina le convinzioni più profonde, o la fede, o anche solo le credenze. Colui che si trova in quella situazione, sarà attanagliato dai dubbi, sia sulle proprie conclusioni sia sull’opportunità di condividerle con gli altri.
Sei anni intorno al mondo
Darwin torna dal suo viaggio intorno al mondo con il Beagle nel 1836. È salpato dall’Inghilterra nel 1831, ha toccato Capo Verde, Salvador de Bahia, la Patagonia e le Ande, le Galápagos, la Nuova Zelanda, l’Australia, Mauritius, studiando attentamente animali e vegetali, come aveva imparato a Cambridge e leggendo con passione l’esploratore naturalista berlinese Alexander von Humboldt. È carico di informazioni, di idee, di reperti. Un puzzle che può accantonare, ma che lo attanaglia. Eccolo, allora, leggere i saggi di Thomas Malthus sulla popolazione, confrontarsi con gli scienziati, come John Hunter, chirurgo e anatomista; Robert Grant, biologo; Alfred Russel Wallace, naturalista (che elabora una sua teoria dell’evoluzione). Vuole capire, non tralasciare neppure un dettaglio, prima di giungere a teorizzare quello che ha intuito.
Bene, è il momento di muoversi. Andate a Down House, a Downe, nel Kent (a 25 miglia da Londra-Victoria) in quella che è stata la casa della sua vita (dal matrimonio alla morte). Si rimane colpiti dalla “banalità” del luogo. Una campagna come tante, senza acuti. Una casa da buon borghese vittoriano, con il biliardo, lo studio, il giardino. Evidentemente, gli bastava. Lo stimolo, la fonte, era la Natura. I fiori le api, cose così. E una solitudine in famiglia, il piano di Emma, dieci figli, le stoviglie di casa (il nonno era nientemeno che Wedgwood, il grande innovatore della porcellana, collezioni reali).
Nella quiete del Kent, il “temporale” delle idee
Bisogna dire che la famiglia Wedgwood-Darwin, con dieci membri della Royal Society, artisti e poeti, era una famiglia dell’establishment vittoriano e che Charles e Emma erano cugini primi. Il più rivoluzionario dei pensieri concepito tra una quercia e una partita di biliardo, dopo la cena servita da camerieri in livrea? Assurdo. Charles Robert, che peraltro ha studiato teologia, è stato “illuminato” in Patagonia, alle Galápagos, non nel Kent. Ma è qui, nel Kent, che la sua mente psicologica, positivistica e vittoriana trova la forza per comporre il puzzle. Ed è sempre qui che la sua fede scricchiola, che i dubbi lo avvolgono.
Bisogna capire che cos’era Londra al tempo: il centro di un impero mai visto, con esplorazioni, spedizioni, rapporti commerciali in tutto il pianeta. Un humus fertile e unico. Con la scienza come bussola. Per questo osa. Il 1° luglio 1858, di fronte ai membri della Linnean Society, presenta una comunicazione con Wallace, quasi a spalleggiarsi per non finire sul “rogo”. Si mette alla fine della serata, quasi a volersi nascondere, e quella comunicazione non fa subito scalpore. Poi il “rumor” cresce e il 24 novembre 1959 fa il botto: Editore John Murray, Albemarle Street, prima edizione in 1250 copie, esaurite in due giorni, dell’Origine della specie.
“Se, come credo, la mia teoria è corretta, e se verrà accolta anche da un solo giudice competente, sarà un notevole passo avanti, nella Scienza’. È il punto di non ritorno. “I am like a gambler, and love a wild experiment.” (Sono come un giocatore d’azzardo e amo le prove estreme) diceva. Come avrete già capito, c’è una ragione per (ri)parlare di Darwin proprio ora. C.D. (1809-1882) è nato il 12 febbraio di duecento anni fa e il suo libro è stato pubblicato centocinquant’anni fa. E Londra (e il già citato Kent) sono e saranno la sede di un anno di festeggiamenti. Peraltro replicati un po’ in tutto il mondo.
A Londra, sulle tracce di Darwin
La Royal Society, l’Accademia scientifica britannica, che accoglie Darwin nel 1839 (nel 1870 lo accoglie la Società Geografica Italiana; nel 1878, l’Académie Française des Sciences); la Linnean Society, dove Darwin e Wallace presentano il primo rapporto nel 1858; la Geological Society dove parla del suo viaggio lungo il Cile; il Royal College of Surgeons, dove deposita i suoi preziosi specimen, con l’Hunterian Museum, una magnifica collezione di scienza chirurgica del maestro John Hunter; la vecchia sede della Zoological Society, che ospita i suoi reperti; il Grant Museum, la collezione di anatomia comparata dello zoologo Robert Grant, maestro del giovane Charles. Per inciso, nello stesso isolato, una targa ricorda che C.R.D. ha abitato lì per quattro anni, al numero 12 di Upper Gower Street. E altre case londinesi lo hanno ospitato. Come in Great Marlborough Street, dove ha vissuto dopo il ritorno dal viaggio in due appartamenti diversi. Poi ci sono i luoghi del prima, l’Admiralty Building, dove ha incontrato il capitano del Beagle Robert Fitzroy, che cercava un giovane naturalista da portare con sé; e i luoghi del dopo, l’Athenæum Club, dove, a cena, incontrava l’establishment; il Brown’s Hotel, luogo di incontro dell’X-Club, i suoi supporter, come Huxley e Spencer, con vicino, al numero 50 della via, la sede del suo coraggioso editore, John Murray; il Freemason’s Army, il suo pub. E, infine, Westminster Abbey, dove è stato sepolto nell’aprile 1882, accanto a Newton. Fa impressione vedere le due pietre vicine. Due delle persone che più hanno contribuito a cambiare, ad affinare la nostra percezione del mondo, sepolti vicino, come in un grande “album delle idee”.
Il Trionfo della Teoria dell’Evoluzione
Ma è al Natural History Museum (Waterhouse, 1881) che il messaggio darwiniano risulta più chiaro. Maestoso e severo, dedicato alla “religione della Natura” e quindi funzionale, con le linee, con i colori, con gli spazi, alla scienza naturale che proprio in quei decenni si era affermata nell’Inghilterra vittoriana. In cima alla scalinata della Grande Sala del Tempio e in marmo bianco, Lui, il Sommo Sacerdote, Charles Robert Darwin. Torri, vetrate, muri in mattoni gialli; e poi la “navata” centrale, con quel pavimento a greche; le gallerie, sculture e affreschi, lo scheletro nerastro del diplodocus, un sauropode di ventisei metri. Qui, dove nel settembre 2009 si inaugura il nuovo e grande Darwin Center, la Teoria dell’Evoluzione trova la sua evidenza. Troppo disarmante, per non essere messa in discussione continuamente. Non a livello scientifico, ovviamente, ma a livello di “comune sentire”. D’altronde, chi può tranquillamente accettare di essere il risultato di una combinazione, dopo secoli a elucubrare sulla centralità dell’Uomo, re dell’Universo. Darwin, in fondo, ha detto una verità scomoda, che nessuno voleva sentire. Con impatto perfino maggiore, dati i tempi e i mezzi, di quell’annuncio, a fine Quattrocento di Copernico: che la Terra, e l’Uomo, non erano propriamente al centro del Sistema Solare.
Attualità degli “Antenati” di C.D.
Soffermarsi nella Sala Centrale (la sequoia gigante, lo scimpanzé portato in Inghilterra nel 1698 e che, al tempo, fece scoprire a Tyson affinità con l’uomo); la Sala dei Mammiferi, gli uccelli e i primati. E poi i fossili marini (plesiosauro, ittiosauro) magnifici come un’opera d’arte. Viene da chiedersi: sono queste le foto degli antenati? My great-grand-grandpa? Comunque, ecco alcuni appuntamenti. Al Natural History Museum, Darwin Big Idea (fino al 19 aprile): tutto sulla vita di Darwin e sulla nascita dell’idea dell’evoluzione; Darwin: Nature Live season, in aprile-luglio: nel lunch-time, incontri e discussioni con naturalisti sul tema “evoluzione”; Expressions (giugno-settembre 2009): la galleria Jerwood trasformata in laboratorio di osservazione delle relazioni emozionali e culturali tra uomini e animali, in riferimento al libro di Darwin sull’argomento, con intervento di artisti e dello scrittore Mark Haddon; alla Royal Society, Summer Science Exhibition (30 giugno, quattro luglio) dedicata a Darwin e Wallace.
Link utili
Natural History Museum –
Cromwell road, www.nhm.ac.uk
Grant Museum of Zoology – University College, Gower Street, www.grant.museum.ucl.ac.uk
Hunterian Museum – nel Royal College of Surgeons, 35 Lincoln Inn Fields, www.rcseng.ac.uk
Linnean Society – Burlington Palace, Piccadilly, www.linnean.org
Geological Society – Burlington Palace, Piccadilly, www.geolsoc.org.uk
Royal Society – 6 Carlton House Terrace, www.royalsociety.org
Westminster Abbey – 20 Deans Yard, Westminster, www.westminster-abbey.org