“Signore, che posso fare? Non ho fede, perché la ragione è più forte del mio cuore e il dubbio è più forte della mia volontà”.
Tra cronaca, storia, spiritualità e ricerca religiosa, il romanzo di Paolo Di Mizio ricostruisce l’immenso scenario dell’impero romano al tempo dei Cesari, con eventi e persone che hanno segnato la nostra storia.
Due bambini crescono insieme nel villaggio di Nazaret, in Galilea. L’uno, figlio di un falegname, è Gesù. L’altro si chiama Giuseppe: diventerà un ateo e per tutta la vita dubiterà dell’esistenza di Dio.
La Storia di Giuseppe e del suo amico Gesù si dipana a partire dai giochi dell’infanzia, durante i quali i due bambini si legano di un’amicizia fortissima e senza riserve, che rimarrà tale anche quando vicende e attitudini personali li porteranno a percorrere strade molto diverse.
Gesù è preso dallo studio della religione, si scontra con il maestro di scuola Mattàt – preludio dell’incomprensione che gli verrà dalla gente di Nazaret –, affronta aspri diverbi con il padre e i fratelli, soccorre i malati, opera guarigioni che alcuni chiamano miracolose.
Giuseppe invece, abbacinato dalla cultura greco-romana, si allontana dalla Galilea per un lungo viaggio in Siria, in Grecia, in Italia. Sarà una esaltante e tormentata avventura materiale e spirituale, scandita da incontri con personaggi indimenticabili, come il rabbino eretico Saulo, la schiava veggente del prosseneta Tròfimo, la bellissima greca Eurinice, il turpe liberto Fufio o la misteriosa, indecifrabile Germanica. Giuseppe conoscerà la fama e insieme la più cupa disperazione. Ma nessuna delle sue esperienze saprà convincerlo della esistenza o non esistenza di Dio. Alla fine soltanto nel ritorno in Galilea e nell’amicizia con Gesù ritroverà qualche ragione di conforto.
Giuseppe rappresenta in tal modo l’uomo dei nostri giorni, incapace di conoscere attraverso la fede o di avere fede attraverso la conoscenza.
Un “romanzo verità” che analizza realtà conosciute, ne evidenzia altre nascoste e demolisce luoghi comuni.