Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Enrico il Navigatore: l’uomo di Sagres

Panorama

L’intuizione di un sovrano illuminato ha portato al rapido sviluppo della navigazione, delle sue tecniche, della cantieristica e di tutta la ricerca scientifica e tecnologica a essa correlata. E la “Croce Greca”, simbolo del Portogallo, domina i mari

Henry il NavigatoreSagres, all’altro capo dell’itinerario descritto, non diede i natali al principe Enrico di Aviz ma ne fu patria di adozione dopo essere stata da lui scelta come sede della mitica Scuola della Navigazione. Evidentemente dovevano essere contrassegnati da un “ascendente sud” i destini del quinto figlio di Joao I, re del Portogallo, e di Filipa di Lancaster (risalgono al Medio Evo le storiche affinità elettive e politiche tra Gran Bretagna e Portogallo). L’Infante Dom Henrique, in seguito “Il Navigatore” e principe di Sagres, nonché duca di Viseu) nacque infatti nella “nordica” Oporto nel 1394. Ma appena ventenne aveva posto gli occhi su Ceuta (la africana Colonna d’Ercole di fronte a Gibilterra) convincendo il padre a conquistarla ai Moros. E un anno dopo (1415) l’attuale “enclave” spagnola nel Marocco divenne portoghese al termine di un breve assedio che vide impegnato Joao I e alcuni suoi figli. Tra i quali, ovviamente, Enrico, che da quella giovanile esperienza bellica e navigatoria maturò la decisione di fermarsi sulle coste meridionali del Paese e dare impulso alla navigazione e alle scoperte marittime. Sul promontorio di Sagres, nell’ovest dell’Algarve, a due passi da Cabo Sao Vicente – estrema punta dell’Europa sud-occidentale, quindi ottima base di lancio delle esplorazioni nell’oceano Atlantico – il principe costruì pertanto una residenza che (prima di divenire un possente forte marittimo, nel 1587 attaccato da Drake) ospitò la sua abitazione e una sorta di Centro Studi dedicati a tutto ciò che fa riferimento alla navigazione: la cartografia, le costruzioni navali, l’astronomia.

La navigazione diviene “scienza”

La punta di Sagres
La punta di Sagres

Il mondo allora noto (leggasi l’Europa) possedeva soltanto vaghe nozioni di un altro continente, l’Asia e la conoscenza geografica dell’Africa era più o meno circoscritta alle coste mediterranee; dopodiché tutto spariva nel misterioso “Hinc Sunt Leones” di romana memoria.

Ci si allontanava dai Secoli Bui; l’uomo voleva tornare a sapere, conoscere, sperimentare. E Sagres ospitò o entrò in contatto con esperti – si può già parlare di scienziati – delle tante branche del sapere. Occorreva chi insegnasse a disegnare le mappe, chi spiegasse come riconoscere le stelle, chi informasse su maree, venti e correnti. E parimenti si evolvevano i mezzi e gli strumenti per navigare. La caravella stava facendo il suo tempo, le navi che da secoli solcavano il Mediterraneo non erano adatte su un oceano; una imbarcazione con una stazza di sessanta o settanta tonnellate non dava più garanzie di sicurezza. Pertanto Enrico volle che a Lagos, poco distante da Sagres, fosse allestito un arsenale marittimo. Inoltre nascevano e si sviluppavano la nautica astronomica. Tutte queste nozioni e informazioni sono contenute nelle Guide nautiche, nei Libri di Marineria, nei Diari di bordo, nei Roteiros (descrizione delle rotte e condensato delle conoscenze marinare) che costituiscono ben altra cosa rispetto ai superati portolani medioevali.

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Portoghesi alla scoperta del Mondo

Carta geografica portoghese del XVI secolo
Carta geografica portoghese del XVI secolo

I confini, le frontiere marittime delle esplorazioni progettabili dalla Scuola di Sagres erano praticamente illimitati, fatta eccezione (se si vuole datarne l’istituzione al 1420) per le poche precedenti scoperte dei navigatori portoghesi (le Canarie, peraltro già note nell’antichità, 1351, Porto Santo e Madera, 1419). E i risultati – senza voler ingigantire il contributo dato alla storia da questo Centro Studi della Navigazione, né scendere in polemica con l’attuale storiografia che ne ridimensiona l’importanza (il solito revisionismo) – furono eccezionali.

Basta procedere a uno scarno elenco delle terre avvistate e conquistate: le Azzorre orientali (scoperte nel 1427 da Diogo Silves) e quelle occidentali (Flores e Corvo, 1452, da Diogo de Teive); le coste africane fino a Cabo Nao e Cabo Bojador (1436); le foci del Senegal (1444); la Sierra Leone (1460); Cabo Verde (nel 1456 o 1460); nel 1482 Diogo Cao avvistò e risalì il fiume Zaire mandando un emissario al re del Congo. Due scoperte pressoché contestuali, in due opposti punti dell’Atlantico, contribuirono poi a modificare le abitudini alimentari dei portoghesi, ad arricchirli ma anche a danneggiarne l’immagine nel mondo.

Facendo rotta verso le gelide terre americane, tra il 1472 e il 1474, Joao Vaz Corte Real giunse (scrive Gaspar Frutuoso, cronista azzorriano del XVI secolo, si pensa pertanto documentato) a Terranova, mecca della pesca del merluzzo (non c’è pertanto da stupirsi se i portoghesi di oggidì vantano 365 ricette, una per ogni giorno dell’anno, per cucinare il Bacalhau).

E’ invece certo che nel 1500 il figlio di Joao, Gaspar, mise piede in Groenlandia, così come, verso il 1495, Joao Fernandes Lavrador e Pedro Barcelos, approdarono nella Baia di Hudson (e il primo dei due esploratori diede il nome al Labrador).

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La “Scuola di Sagres”, fucina di avventure e scoperte

Bartolomeo Diaz raffigurato su un francobollo
Bartolomeo Diaz raffigurato su un francobollo

Più triste fu invece, tra il 1471 e il 1475, la scoperta di Santo Tomè e Principe, datosi che un decennio dopo re Joao II, oltre a colonizzarle per sviluppare la coltivazione della canna da zucchero, vi autorizzò la tratta degli schiavi (peraltro già abbondantemente praticata dagli arabi nel nord Africa e parzialmente attuata dai portoghesi sulle coste della Guinea). Nacque pertanto, durante le gesta della Scuola di Sagres, la non edificante fama dei portoghesi mercanti di schiavi (e a ogni buon conto i sudditi di S. M. Britannica impiegarono poco tempo a crearsi identica rinomanza). E non mancarono esplorazioni “miste”, compiute per via terrestre e marittima: nel 1492 una spedizione guidata da Pedro de Covilhà raggiunse il Regno del Prete Gianni, la cristiana Etiopia, che una trentina di anni dopo ricevette financo un’ambasciata guidata da Rodrigo de Lima. Ma i grandi successi, le eccellenti scoperte che possono essere ascritte a ulteriore merito della citata Scuola voluta da Enrico (deceduto a Sagres nel 1460) furono ben altri e accaddero alla fine del Quattrocento.

Il 3 febbraio del 1488 Bartolomeo Diaz, alla ricerca della agognata Via delle Indie, scoprì e doppiò il Capo di Buona Speranza spingendosi fino a una località che battezzò Angra do Vaqueiros (l’attuale Mossel Bay). E soltanto due anni dopo Pedro Alvares Cabral fa rotta verso l’India con una flotta di tredici imbarcazione, ma nel bel mezzo dell’Atlantico si ritrova un po’ troppo a occidente e avvista una terra che battezza Vera Cruz. Sbarcatovi, il 22 aprile 1500, il navigatore portoghese nota una grande abbondanza di piante del Pau-Brasil, legno-Brasil, importato in Europa dall’Asia e strapagato per il suo importante uso nella tintura. Da quel giorno il Portogallo resterà legato a doppio filo (lingua, cultura, storia) al Paese che ha preso il nome da quel prezioso legno.

Le navi portoghesi arrivano in Giappone

La croce greca dell'Ordine del Cristo
La croce greca dell’Ordine del Cristo

La croce greca dell’Ordine del Cristo – di cui Enrico il Navigatore fu Gran Maestro, disponendo pertanto delle ricche finanze di questa congregazione monastico militare che incamerò i tesori dei Templari – sulle vele di caravelle e galeoni e sulle bandiere di reggimenti e fortezze, rappresentò per secoli la potenza marittima e quindi commerciale del Portogallo.

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Perché la corona lusitana non si accontentò di dominare le coste africane, insediarsi in Brasile, possedere lo Stato India (tentandone l’evangelizzazione con i Gesuiti, un cui co-fondatore, San Francisco Xavier fu appunto detto l’Apostolo delle Indie). Ma le esplorazioni portoghesi si spinsero sempre più verso l’Oriente estremo. Le tappe? Ceylon (1506), Sumatra e Malacca (1509) le Molucche (1512), la Cina (1513) con Macao, dove tuttora si ammira la bella facciata della chiesa di Sao Paulo, Timor (1515). E infine (1543) il Giappone, con Nagasaki che nel 1571 poteva vantare le strutture e l’urbanizzazione di una città portoghese: con un seminario, alcune chiese, una tipografia. Non è assolutamente quantificabile l’ammontare del ben di dio trasferito nel Portogallo grazie alle scoperte marittime e dal Portogallo goduto o commercializzate.

Immense ricchezze e fama universale

Elefanti di Ceylon
Elefanti di Ceylon

Dall’Africa giunge l’oro, lo zucchero della preziosa canna, l’avorio. L’Europa attende ansiosamente di comprare (a ben più del cosiddetto “peso d’oro”) le inebrianti spezie e Ceylon, oltre che di pietre preziose ed elefanti, è ricca di cannella; dalle Molucche provengono in gran quantità il chiodo di garofano e la pregiata noce moscata. Per non parlare dei galeoni provenienti dalla Cina e dal Giappone: nelle loro stive si ammassano raffinate sete e rare porcellane. E appaiono nuovi prodotti della terra, animali sconosciuti o confinati nel mito. Re Manuel si diverte a organizzare combattimenti tra l’elefante e il rinoceronte.

Secondo Pessoa “il Portogallo si affermò definitivamente all’interno della cultura europea con le scoperte, e le scoperte sono un atto culturale, di creazione civile. Abbiamo creato il mondo moderno”.

Sarà forse eccessiva l’ammirazione per Vasco da Gama, da Sines, e per Enrico il Navigatore e la sua Scuola di Sagres (una sorta di Cape Canaveral ante litteram) ma – con tutto il rispetto per Lisbona e Oporto – si riconosca che l’itinerario in precedenza descritto contiene davvero tanta storia del Portogallo (e po’ di quella del nostro pianeta).

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