Domenica 28 Aprile 2024 - Anno XXII

Cile “flash”. Prime impressioni sul Paese “più lungo del mondo”

Ha inizio a metà del Sud America (clima caldo torrido) e finisce nelle gelide acque del Polo Sud (clima di conseguenza). Per colmo di ironia chiamato “Tierra del Fuego”, il Cile è un lunghissimo e interessantissimo Paese sul quale varrà la pena soffermarsi

Cile, così lungo, così splendidamente diverso

Il deserto di Atacama
Il deserto di Atacama

Ed eccomi pertanto a scorrazzare su e giù per il lunghissimo Cile, una infinita (qualcosa meno di cinquemila chilometri e tra monti, fiordi, coste frastagliate e vulcani è proprio il caso di misurare a spanne) fettuccia di terra affacciata sulle acque del Pacifico sudorientale, dal Tropico del Capricorno (e ciò nonostante… brrr che freddo, con quella barbina corrente di Humboldt e le altitudini andine) alle porte dell’Antartide.

Perché, grazie ai cosiddetti Pre e Post (prima e dopo la visita al citato Travelmart, evento turistico latinoamericano gestito però da un Gringo made in Usa) Fam Trips, avevo chiesto e ottenuto, nel rispetto di una doverosa par condicio, di vedere (oltre alla citata Regiòn de los Lagos) sia il Sud cileno, caro a Darwin e Magellano, sia il Nord del deserto di Atacama, che con la sua benefica terra arricchì l’agricoltura di mezzo mondo fin quando i soliti tedeschi non inventarono un fertilizzante chimico che mise fuori mercato il celebre Nitrato del Cile.

Il Curanto di Chiloè

Un bimbo in abito tradizionale
Un bimbo in abito tradizionale

E fosse solo per parafrasare Aiazzone, nella trasferta non poteva non essere compresa un’isola, Chiloè (alla cui promozione turistica, dal municipio di Castro, la capitale, provvede l’effervescente Cecilia Yañez, ideatrice e quindi diretta ‘responsabile’ della mia gita cilena). Un posto da vedere perché oltre alle grandi dimensioni vanta sedici chiese gesuitiche Patrimonio dell’Umanità e il gioioso Curanto, un bel momento di amichevole vita sociale non solo perché si degustano sapidi cibi terrestri e marittimi cotti sottoterra (il tutto – come si diceva una volta – ‘inaffiato’ dal signor vino cileno, peraltro ormai ben noto nel Belpaese per l’aggressivo marketing che lo ha piazzato nei nostrani supermarket a prezzi davvero giusti). Una bella gita, dunque, che racconterò con l’attenzione dovuta a un Paese che di attenzione ne merita molta, soprattutto perché diverso da altre destinazioni sudamericane.

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Fiesta Patria quasi sottozero!

Una chiesetta nel deserto di Atacama
Una chiesetta nel deserto di Atacama

Un posto ‘serioso’ il giusto (a Punta Arenas, sul freddo Stretto di Magellano, ho trascorso il giorno della Fiesta Patria, il 18 settembre e tra i colbacchi della truppa e le prussiane divise dei loro ufficiali nella parata militare non sembrava davvero di stare sullo stesso continente del Samba e delle sventolanti tette carnascialesche). Un posto che però, grazie a costumi e tradizioni latine (ai Conquistadores seguì tanta emigrazione spagnola) lascia generoso spazio alle tante e piacevoli debolezze della vita (‘magnare’ bere dormire folclore, per il godimento di chi non va in giro soltanto per mostrare l’abbronzatura al vicino di casa (ma chi va sulle Ande ricordi di portarsi appresso la Protezione 35). C’è da fidarsi di quello che racconterò sul Cile? Beh, colà ho trascorso quindici giorni; tra voli per arrivarvi e poi per vederlo sono stato in aria per complessive quarantun ore; e se si parla di distanze penso di essermi gargarizzato non meno di trentatremila chilometri; forse di più. Per dirla col ben noto Racconto Mensile, anch’io sono andato ‘dagli Appennini alle Ande’. Ma mica quelle deamicisiane dell’Argentina: quelle del Cile. (15/10/09)

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