Povera Sangrìa: un bere trovatello non essendo noto neppure il suo luogo di nascita. Si parla dell’Andalusia ma è forse più bella la storia degli Albañiles, muratori, di Madrid. I quali, giunta la ‘pausa pranzo’, tiravano fuori quella che i loro omologhi ‘magut’ milanesi chiamavano ‘la schiscèta’ (gamella-gavetta) portata da casa, e a snack ultimato ‘mettevano insieme’, versavano il vino rimasto in una brocca dopodiché vi aggiungevano (è poco chic dire ‘vi buttavano dentro’?) gli avanzi della frutta mangiata e quant’altro poteva provenire dalla visita al bar per il caffè (zucchero, il liquore usato per la ‘correzione’, due dita di gazzosa e pure un po’ di ghiaccio regalato dal barista). Eccola qui, dunque la (vera) ‘ricetta’ della Sangrìa. Che ciascuno è libero di preparare come meglio crede (senza dover acquistare asciugamani da spiaggia che della Sangrìa ne riportano i canoni).
P.S. e N.B. – La Sangrìa non ha comunque nulla a che vedere con l’altrettanto rinfrescante Tinto (vino rosso) de Verano (estate) laddove in questo caso trattasi di vino battezzato con la Gazzosa (meglio se della marca più nota e popolare, la Casera). (31/12/09)
Umili origini ma grandi sapori
Il Gazpacho, come la Paella e la Sangrìa, ha origini umili e popolari e la sua preparazione è molto semplice. Perché, almeno originariamente – come per Paella si intende semplicemente del riso cotto con quanto si trovava nella credenza (ghiacciaia e freezer? ma mi faccia il piacere!) e la Sangrìa altro non è che il vino che resta, insaporito dai resti della frutta e magari pure un liquorino se presente – il Gazpacho è sinonimo di una modesta minestra (un passato) di verdure crude.
Ma che sapori, quanti profumi percorrono il palato! E datosi che verdure, sapori e profumi, nascono, fioriscono e decorano le terre del sud, il Gazpacho non può che essere ‘Andaluz’ (salvo una peraltro poco nota versione ‘extremeña’ differente soltanto per il pomodoro a pezzetti). Un alimento tipicamente Andaluso, quindi, l’ideale per il contadino che trascorreva ore a non finire lavorando nei campi del latifondo, sotto lo stesso sole che a Torremolinos arrostisce le bianche pelli delle turiste dello Yorkshire, bisognoso di non imbarazzare lo stomaco mediante l’ingestione di un liquido ricco di vitamine e sali minerali, meglio ancora se rinfrescante. Come appunto il Gazpacho (oltretutto comodo da trasportare e facilmente sistemabile al fresco – i campesinos lo infilavano sottoterra – grazie ai tipici recipienti di coccio.