“Ayisyen mwen ye” (sono haitiano) dicono con orgoglio gli abitanti della metà occidentale dell’isola di Hispaniola. E aggiungono, nel cantilenante creolo che da secoli parlano: “Pa gen moun là” (non c’è nessuno, qui). I sopravissuti si saranno guardati d’attorno, smarriti e terrorizzati, nella montagna di macerie che riempie ogni via di Port-au-Prince.
Se la vita di tutti i giorni è sempre stata dura, ad Haiti, quella che verrà dopo il cataclisma lo sarà in misura ancora maggiore. C’è sempre la speranza che la mobilitazione mondiale di queste ore e dei giorni a venire lasci segni tangibili di rinnovamento e di normalizzazione anche nella società, turbolenta quanto basta, della repubblica sin qui tristemente e riduttivamente nota per le “imprese” di Papa Doc e dei suoi famigerati Tonton Macoutes.
Paradiso dei Caraibi. A quando?
Colline verdi, piccoli paesini edificati sui rilievi e dai quali si intravede il mare, a sua volta punteggiato di isole. Due grandi penisole che, protendendosi verso Cuba e la Giamaica, proteggono le acque del grande golfo alla fine del quale sorge la capitale.
Non mancherebbe nulla a questa gente, malgrado i frequenti uragani e ora anche per questa nuova, inattesa mazzata, per essere felici e per godere e far godere questo paradiso naturale ai molti stranieri che già scelgono i Caraibi per le loro vacanze.
E invece manca tutto. Strade come alberghi, servizi come personale specializzato; le case (innumerevoli le baraccopoli) le scuole, gli ospedali sono (erano) presenti in numero del tutto insufficiente per le esigenze di una popolazione in crescita tumultuosa e in gran parte giovanissima.
Quella che al contrario abbonda è una perenne “non-pace” sociale che mina la convivenza civile e genera quale risultato primo la violenza di chi detiene il potere e, non di rado, la violenza di ritorno di chi subisce i soprusi. Il bene comune è una chimera che Haiti insegue da secoli.
Come paese colonizzato e popolato da schiavi africani, all’inizio; con l’élite di bianchi che oltre a disporre di ogni cosa, hanno creato la società intermedia di mulatti che in seguito li hanno affiancati; sempre con la maggioranza di neri a fronteggiare la minoranza (solo numerica) di bianchi e mulatti, nella miseria e nell’abbandono più totale. E ora ci si è messa anche la natura, a complicare le cose.