Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Pregare camminando

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Dall’era dei primi menhir ai santuari cristiani, l’uomo cerca di avvicinarsi al divino con i suoi piedi. Quella del pellegrino non è altro che una lunga preghiera fatta con il corpo

pellegrinaggio Terra Santa

Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie” (Salmo 127)

Il pellegrinaggio è una delle modalità fondamentali della deambulazione, è camminare alla ricerca di qualcosa di intangibile. Il pellegrinaggio è una delle strutture fondamentali in cui si può articolare il viaggio: la ricerca di qualcosa o, se non altro, di una trasformazione di se stessi. Il pellegrinaggio è quasi universalmente impresso nella cultura dell’uomo come un mezzo letterale di viaggio spirituale, come l’ascetismo e lo sforzo fisico sono riconosciuti mezzi di progresso spirituale.

I primi (probabili) pellegrini? Dalle parti di Pechino

pellegrinaggio Il cammino di Santiago foto di HJ.Weinz
Il cammino di Santiago-foto di HJ.Weinz

Si può dire che il pellegrinaggio sia un fenomeno quasi onnipresente nel tempo e nello spazio e la sua permanenza è attestata anche nella nostra epoca, sebbene sia in parte desacralizzata. È, quindi, un fenomeno universale e non legato alle religioni istituzionali. Abbiamo testimonianze che già in tempi remoti si compiva una sorta di pellegrinaggio. Sulla collina di Choukoutien, vicino a Pechino, per esempio, si sono trovati crani eccezionalmente numerosi che risalgono ai sinantropi, popolazione ominide vissuta circa trecentomila anni fa nelle terre dell’odierna Cina. Probabilmente quella collina fu un primitivo luogo di pellegrinaggio per questa popolazione proto-umana. E nel corso del neolitico abbiamo in Occidente una prova indiscutibile dello spostamento di persone per motivi di carattere religioso. L’erezione dei menhir aveva certamente una ragione religiosa, come abbiamo già analizzato, e luogo di pellegrinaggio sarà stato sicuramente il complesso megalitico di Carnac.

Sulla strada per Emmaus

Domenico Tintoretto,
Domenico Tintoretto, “Incontro sulla via di Emmaus”. Vicenza, ospizio Proti-Vajenti-Malacarne

Etimologicamente, il termine pellegrino deriva dalla parola latina “peregrinus” e ha come radice “per ager”, che significa “attraverso i campi”, o “per eger”, che indica un passaggio di frontiere. Per i romani, il peregrinus è semplicemente uno straniero o un viandante. Solo in seguito questo termine acquista un’accezione religiosa e indica chi compie un percorso per incontrarsi con il sacro, attraverso un complesso sistema di codici, riti e pratiche. Premessa del pellegrinaggio è la concezione che il sacro non sia completamente immateriale e che esista una geografia del potere spirituale. Ponendo un’enfasi particolare sulla sua storia e sul suo ambiente, il pellegrinaggio si muove sulla delicata linea di demarcazione tra spirituale e materiale. Compiere un pellegrinaggio, coniuga fede e azione, pensiero e fare. Esso consente di muoversi fisicamente, mediante lo sforzo compiuto dal corpo, verso le intangibili mete spirituali, non solo per conoscerle, ma anche per entrare in contatto con loro. Nel Vangelo di Luca, infatti, il camminare è rivelazione. L’evangelista racconta che due discepoli in cammino verso il villaggio di Emmaus, afflitti per la perdita del Maestro, vengono raggiunti da uno sconosciuto che li accompagna. Egli cammina insieme a loro, spiegando le Scritture, ma, solo dopo che a cena spezza il pane, così come aveva fatto il loro Maestro, i discepoli aprono gli occhi sul miracolo. Cristo ha camminato con loro, con lo stesso passo, svelando il senso della vita secondo il ritmo dell’andare a piedi.

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Varcare la “soglia”

Pregare camminando

Usando le parole di Raymond Oursel, un pellegrinaggio è quindi: “l’atto volontario con il quale un uomo abbandona i luoghi a lui consueti, le proprie abitudini e il proprio ambiente affettivo, per recarsi in religiosità di spirito fino al santuario che si è liberamente scelto o che gli è stato imposto dalla penitenza”. In ogni pellegrinaggio possiamo trovare due realtà costanti: il desiderio dell’uomo di entrare in comunicazione con il divino e la volontà di catturare a suo vantaggio una potenza e un’energia superiori, che egli percepisce come sovrannaturali. Perciò, il pellegrinaggio si può definire uno stato “liminale”. Lo stato dell’individuo sospeso tra la propria identità passata e quella futura e perciò al di fuori dell’ordine prestabilito, in una condizione di potenzialità. Il termine liminale deriva dal latino “limen” (soglia) e il pellegrino è colui che, simbolicamente e fisicamente, varca quella soglia.

Pellegrinaggio, un lungo cammino verso la “luce” interiore

pellegrinaggio Assisi, la Basilca di San Francesco
Assisi, la Basilca di San Francesco

Per il pellegrino il viaggio, più che spostamento da un luogo all’altro, significa un mutamento di stato e di qualità. Il passaggio da un mondo consueto (la quotidiana vita familiare) a una dimensione “altra”, sacra (l’andare da solo verso la meta prefissata cercando il contatto col divino) . Il Sacro si può infatti intendere come il “totalmente altro” rispetto alla quotidianità umana. Per comprendere meglio questa logica del mutamento è necessario ricordare che il pellegrinaggio del pellegrino cristiano medievale durava mesi, se non anni. Il viaggio era veramente un “travaglio” – come ricorda la radice del termine “travel” – che a volte poteva portare anche alla morte (ricordiamo infatti che i pellegrini prima di partire facevano testamento). Il pellegrinaggio può, dunque, significare una transizione del proprio essere che porta dallo spazio profano a quello di un “tempio” (dal greco “temno”, dividere, separare). Ecco, quindi, che il pellegrinaggio, letto in questo senso, prende la forma base dello schema del classico “rito di passaggio”; cioè quell’azione simbolica che si celebra per attuare un cambiamento. Così da una fase cosiddetta preliminale (dal latino limes, confine) – la vita quotidiana – si passa per una fase liminale – che è il vero e proprio luogo dove si celebra il “rito di passaggio”, una zona separata sia dalla prima che dall’ultima fase; una zona altra, che nel caso del pellegrinaggio è proprio il “camminare” – per approdare alla fase finale, la cosiddetta fase postliminale – l’arrivo.

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Camminare: pregare con il corpo

Pellegrinaggio a Lourdes
Pellegrinaggio a Lourdes

Lo spirito del pellegrinaggio può essere vissuto a fondo solo da chi va a piedi, affrontando, consapevole della propria fragilità, l’immensità della natura. A piedi, ogni giorno di cammino sembra interminabile e il pellegrino deve, con fatica, reinventare tutti i gesti della vita quotidiana: lo sradicamento dalla propria terra diventa più profondo ad ogni passo e la ripetitività del ritmo della marcia accresce la sensazione di solitudine. Ma il pellegrino, se ad ogni passo si sente più distante dalla propria casa e più lontano dai propri affetti, allo stesso modo si avvicina ogni istante di più a Dio: le stesse cose che stancano, affaticano, svuotano il viandante, sono quelle che riempiono, ripagano, spingono a continuare il pellegrino. Il pellegrino è quindi, innanzitutto, un uomo che cammina, un “homo viator”, che si allontana per settimane o mesi dalla propria casa e che si impone delle rinunce e delle prove per meritare l’accesso a un luogo santo e rigenerarsi con il suo potere.
Il pellegrinaggio è una lunga preghiera fatta con il corpo.

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