Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Il camminare urbano

Muoversi in città. Il primo passo per diventare pienamente cittadini, alternando momenti di incontro alla solitudine tipica della vita metropolitana. Un “lusso” recente, se pensiamo ai pericoli che si potevano incontrare in strada fino a non molto tempo fa

Passi e pensieri

Uniti e disuniti alla Stazione Centrale di New York
Uniti e disuniti alla Stazione Centrale di New York

Ma il camminare urbano è anche altro. C’è una condizione sottile che i più impegnati camminatori urbani conoscono, una condizione a volte piacevole, a volte fastidiosa, una sorta di solitudine oscura continuamente trapuntata di incontri. In campagna la solitudine è geografica: poiché si è completamente fuori dalla società. In città, invece, la solitudine non ha una spiegazione geografica percettibile; si è soli perché il mondo è fatto di estranei, ma essere un estraneo circondato da estranei, camminare insieme in silenzio portando con sé i propri segreti e immaginando quelli delle persone che si superano, può essere uno dei lussi più grandi.

Divergenze parallele

Il camminare urbano

Questa condizione è stata descritta meglio di chiunque altro dal sociologo George Simmel in “Le metropoli e la vita dello spirito”, spiegando anche le ragioni sociologiche di questa condizione: “Da un punto di vista formale, si potrebbe definire l’atteggiamento spirituale con cui gli abitanti della metropoli si rapportano gli uni con gli altri come riservatezza. In realtà, se al continuo contatto esteriore con una infinità di persone dovesse corrispondere la stessa quantità di reazioni interiori che si verifica in una città di provincia, dove ciascuno conosce quasi tutti quelli che incontra e dove si ha un rapporto effettivo con ognuno, ciascuno di noi diverrebbe interiormente del tutto disintegrato, e finiremmo per trovarci in una condizione psichica insostenibile.

È in parte questa condizione psicologica e in parte la legittima diffidenza verso gli elementi della vita metropolitana con cui abbiamo contatti sporadici, a costringerci a quel riserbo cui è dovuto il fatto che spesso, per anni, non conosciamo neppure di vista i nostri vicini, e che ci fa apparire così spesso freddi e insensibili all’abitante della piccola città”.

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