Lunedì 2 Dicembre 2024 - Anno XXII

Opere d’arte fatte con i piedi

Dadaismo Dal film Entr’act

Dalla fine del XVIII secolo, talvolta, il camminare è stato anche un gesto di resistenza nei confronti della tradizione. Il caso del movimento dadaista e il passaggio al Surrealismo

Marcel Janco, uno dei fondatori del Dadaismo
Marcel Janco, uno dei fondatori del Dadaismo

La terra, sotto i miei piedi, non è altro che un immenso giornale spiegato” (André Breton)

Gran parte della storia del camminare si muove in contraddizione con il suo tempo, più o meno da quando il camminare cessò, a causa della rivoluzione industriale, di appartenere al continuum dell’esperienza e diventò invece una scelta cosciente.
Sotto molti aspetti, la cultura del camminare fu una reazione alla velocità e all’alienazione della rivoluzione industriale. Specialmente nel Novecento – a partire dalle avanguardie artistiche dei primi decenni fino ai giorni nostri – si formarono diverse sottoculture che si rifacevano apertamente al camminare come gesto artistico e pratica estetica. La prima di loro fu il “Dadaismo”.

Fra gli “spazi” di Parigi

Il "Dada Almanach" pubblicato dal gruppo dadaista di Berlino
Il “Dada Almanach” pubblicato dal gruppo dadaista di Berlino

Il 14 aprile 1921 a Parigi, alle tre del pomeriggio e sotto un diluvio torrenziale, il dadaismo diede vita alla prima escursione urbana nei luoghi banali della città.
Questa fu un’operazione estetica consapevole, con tanto di comunicato stampa a corredo, proclami, volantini e documentazione fotografica. La prima passeggiata dadaista segna il passaggio dalla rappresentazione del moto alla costruzione di un’azione estetica da compiersi nella realtà della vita quotidiana.

Nei primi anni del secolo il tema del moto era diventato uno dei principali oggetti della ricerca delle avanguardie, basti pensare alle ricerche futuristiche. Il movimento e la velocità si erano affermate come una nuova presenza urbana capace di imprimersi sulle opere artistiche dei pittori e dei poeti. Dapprima si operò con tentativi di fissare il movimento attraverso i mezzi tradizionali della rappresentazione; in seguito, dopo l’esperienza Dada, si passò dalla rappresentazione del moto alla pratica del moto nello spazio reale. Con le visite dei dadaisti e le successive deambulazioni dei surrealisti, l’azione del percorrere lo spazio sarà utilizzata come forma estetica capace di sostituirsi alla rappresentazione.

La campagna, una città “sfumata”

L'artista surrealista Salvador Dalì
L’artista surrealista Salvador Dalì

Come avvenne per le altre escursioni annunciate ma non compiute da Dada, anche l’erranza campestre dei surrealisti non ebbe seguito. Ma il continuo deambulare in gruppo attraverso le zone marginali di Parigi divenne, invece, una delle attività più praticate dai surrealisti, per sondare quella parte inconscia della città che sfuggiva alle trasformazioni borghesi. Il Surrealismo utilizzò, quindi, il camminare come mezzo attraverso cui indagare e svelare le zone inconsce della città, quelle parti che sfuggono alla progettazione urbanistica e che costituiscono l’inespresso.
Gli eredi di questa estetica pedestre saranno i lettristi-situazionisti.

Cammini campestri surreali

André Breton
André Breton

Tre anni dopo la visita, nel maggio 1924, il gruppo dadaista parigino organizzò un altro intervento nello spazio reale. Questa volta non si trattò di incontrarsi in città in un luogo prescelto, ma di compiere un percorso erratico in un vasto territorio naturale. È in questa occasione che viene segnato il definitivo passaggio dal Dadaismo al Surrealismo. Di ritorno dal viaggio, André Breton scrisse l’introduzione di “Poisson Solubile”, che diventerà il primo manifesto del Surrealismo. Il viaggio a piedi, intrapreso senza scopo e senza meta, si era trasformato in un’erranza letterario-campestre impressa direttamente nella mappa di un territorio mentale.

A differenza dell’escursione dadaista del 1921, questa volta il teatro d’azione non fu la città, ma lo spazio vuoto della campagna parigina. Il percorso surrealista si colloca fuori dal tempo utilizzando le forme tipiche dell’erranza primitiva. La deambulazione diventa così un giungere camminando a uno stato di ipnosi, a una spaesante perdita del controllo, è un “medium” attraverso cui entrare in contatto con la parte inconscia del territorio.

Per gli artisti: “moto verso luogo”

Hugo Ball, Cabaret Voltaire. 1916
Hugo Ball, Cabaret Voltaire. 1916

È interessante notare che il teatro della prima azione del Dada è proprio la moderna Parigi, la città dove già dalla fine del secolo si aggirava il mitico “flâneur”.
Il Dadaismo eleva la tradizione della flâneurie a operazione estetica e lo fa attribuendo valore estetico a uno spazio vuoto e non a un oggetto. Passa dal portare un oggetto banale nello spazio dell’arte, al portare l’arte in un luogo banale della città.
Prima delle visite dadaiste, qualsiasi artista che avesse voluto sottoporre all’attenzione del pubblico un luogo avrebbe dovuto spostare il sito in questione o parte di esso in un altro luogo deputato all’esposizione al pubblico. Il Dada, al contrario, non interviene sul paesaggio lasciandovi un oggetto né prelevandone degli altri, ma porta l’artista, o meglio il gruppo di artisti, direttamente sul luogo da svelare, senza compiere alcuna operazione materiale e senza alcun tipo di elaborazione successiva. L’opera sta nell’aver concepito l’azione da compiere, la visita, e non nelle azioni a essa correlate.

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