Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Il Bianco e il Nero della vita

L’incessante su e giù lungo il budello trapanato nella roccia, metafora sublime degli “alti” e “bassi” della vita, sarà riuscito a mettere a fuoco nelle nostre menti quale sia il giusto “colore” da scegliere, per dare un senso alle nostre esistenze?

La gioia dell'incontro con amici e familiari dopo il ritorno in superficie
La gioia dell’incontro con amici e familiari dopo il ritorno in superficie

Il dubbio ci esalta e insieme ci angoscia. La felicità infantile di un intero popolo che, compatto e determinato, è riuscito a rendere possibile un’impresa epica coronata da una grande vittoria, ci resterà nelle menti e negli occhi a lungo. O, almeno, dovrebbe.

Il condizionale è d’obbligo perché è da tempo ormai che ci troviamo impreparati, spesso spiazzati nel vero senso della parola, a contatto con gli avvenimenti giornalieri del mondo. Certo, si potrà obiettare che l’attuale villaggio globale che tutto crea e distrugge praticamente in tempo reale, è il risultato delle sempre più sofisticate tecnologie che ci consentono di assistervi in diretta. Non c’è più spazio per quelle che chiamavamo “riflessioni”. Una volta le notizie correvano meno veloci e c’era se non altro modo di analizzarle, sezionarle – qualora fossero state di particolare valenza – per digerirle infine; suggerendoci poi spunti di conversazione, confronto, dibattito. Esercizi quasi del tutto scomparsi in questo inizio di millennio, che ci vede più spettatori che attori, al massimo comprimari involontari nel caso gli eventi arrivino a coinvolgerci direttamente, marcando un destino che in molti casi non abbiamo scelto e che, al contrario, sarebbe stato nostro esclusivo diritto poter scegliere. Se solo non avessimo lasciato campo all’acquiescenza, all’indifferenza, all’abitudine al peggio.

I colori della violenza…

Sulla scena del crimine
Sulla scena del crimine

Nella scala cromatica dei sentimenti e delle azioni, che qui ci sforziamo per convenzione a voler indirizzare verso la purezza del bianco, troviamo una infinita varietà di altri colori. Quelli che in maggiore misura si accompagnano alle nefandezze del genere umano, da un po’ di tempo prediligono il rosso e il nero. Nessuna novità; ci ha già pensato Stendhal, a suo tempo, ma queste due tinte sono davvero complementari, quando esaminate nel loro aspetto puramente negativo. Il rosso dilaga con estrema facilità e lo troviamo nelle cronache quotidiane. Reazioni inconsulte e improvvise che ci stupiscono per la loro ferocia e insieme non misurabile stupidità. Coltelli facili e motivi futili; tutto questo ci trascina in un vortice di progressiva e quasi attonita incredulità. Ma è davvero possibile che il genere umano non si renda conto che, a differenza dei minatori cileni, anziché risalire dalle profondità, vi sta scendendo senza nemmeno il conforto di una capsula di salvezza? Il nero, poi, non è solo il colore della morte. E’ anche il colore della mente umana che ha rifiutato il raziocinio, che si è auto-reclusa in un limbo senza luce perché soggiogata da falsi miti, accettando supinamente che altri, col loro esempio (esempio?) non di rado bestiale e disgregante, compissero azioni semplicemente inimmaginabili, assurdamente reali. Il nero della vita è una macchia che si allarga sempre più, incutendo timore, molto spesso terrore, annullando senza sforzo apparente ogni resistenza. Semplicemente, chi potrebbe in qualche modo arginare l’allargarsi della macchia, se ne chiama fuori, demandando a terzi le responsabilità di così grande, disperante degrado.

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Cile, intrepido “Bianco”

Uno dei primi minatori liberati
Uno dei primi minatori liberati

È un avvenimento “bianco”, di un biancore assoluto figlio delle superbe vette Andine, quello che il Cile ci ha regalato. Sappiamo che la somma dei colori esistenti genera il bianco, che tutti li comprende. E nel deserto di Atacama, dalle parti di Copiapò e San José, in questi lunghi mesi di trepidazione, di colori ne abbiamo visti in diretta tantissimi; così tanti da condurre, per l’appunto, al bianco assoluto. I toni giallognoli del panorama desertico si sono miscelati a quelli bruniti delle rocce; i colori accesi dei vari giubbotti e dei caschi dei soccorritori e dei tecnici – dal rosso al giallo al verde – hanno fatto corpo unico con il blu dei lampeggianti dei mezzi di soccorso, con gli abiti variopinti delle donne e degli uomini in attesa, ciascuno tenacemente aggrappato alla personale “esperanza” di rivedere il marito, il figlio, l’amico, riemergere incolume dalle profondità della terra.

Persino la capsula Fénix, con i colori della bandiera cilena, ha finito per fondersi, nel suo sempre più sicuro lavoro di recupero, con la magica atmosfera di candore universale. Eccolo allora il colore dei giusti, dei coraggiosi, degli altruisti, dei devoti; il colore degli uomini veri. Un “bianco” assoluto fatto di lavoro, determinazione, organizzazione e insieme di fratellanza, preghiera, pianto. Stati d’animo a lungo repressi, esplosi alla fine in un liberatorio rito selvaggio e collettivo. Quanto “bianco”, come da tempo non vedevamo attorno e dentro di noi, ci ha regalato l’avventura cilena! Emozioni fortissime e terrene, che superano di gran lunga quelle oramai lontane (e dimenticate) della discesa sulla Luna. Emozioni coinvolgenti sfociate in un sentimento di gioia planetaria della quale sentivamo davvero bisogno.

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