Perbacco! Voglio sapere! Parte l’inchiesta
E fu così che lo scrivente, lacerato dall’incertezza, macerato nel dubbio, rottosi di non sapere (gli capitava di svegliarsi con gli incubi, “Ma ‘sto c…. di crisi, c’è o non c’è?” urlava nella notte) decise un bel giorno, per l’esattezza dal 20 dicembre 2010, di verificare di persona se davvero “C’è la crisi” o per dirla in milanese “gh’ìn pü i danée” leggasi “non ci sono più soldi” in italiano sinonimo di “C’è la crisi”.
E così dal 20 dicembre lo scrivente, sfangando come un Grognard alla Beresina, si è messo a girare per Milano, nelle vie cosiddette normali, “commerciali” (mica le mostruosamente care Spiga e Montenapoleone) opportunamente armato di decenni e decenni di conoscenza del mondo (non parliamo poi di Milano) armato soltanto di buona volontà, tempo, mestiere, stampa quotidiana e tanta curiosità.
Aveva proprio ragione il Cav. De Angelis!
Più in periferia orde di mutuati pur non avendo mai ricevuto dal medico prescrizioni di fare il pieno di benzina (che adesso costa schifosamente più cara del vino, robb de matt !!!) provvedevano alla bisogna correndo poi a intasare le (carissime) autostrade. Nota Bene: durante la solerte indagine di cui sopra, il diligente cronista pensò bene di chiedere le generalità ai magnati consumisti intervistati, ma curiosamente nessuno di costoro ripose al cognome di Berlusca, De Benedetti, Marcegaglia, Ligresti, Montezemolo, Crespi, Tronchetti Provera, Moratti (e io ci infilerei anche i Savoia, oh basta là!). Aveva (proprio) ragione il commendator Rodolfo De Angelis. (06/01/11)
Euro a gogò, dappertutto
Telegrafico. In uno Stores di elettronica sito in via Torino, orde di energumeni si disputavano a colpi di credit-cards, e qualcuno pure a gomitate, Ipad o Ipod o come si chiamano quelle diavolerie che tanto il cronista non saprebbe usare (costo da 500 euro, i più sfigati, in su). In via Spadari nel temuto (dicevano che era caro) negozio di Peck, una notevole folla si menava per acquistare salmoni e caviale più cari di una finanziaria. Da altre botteghe delle vie “bene” (nella cronaca milanese il Corriere citava Moncler, Chanel, Tiffany, Prada, Ravizza) non si contava l’uscita ‘a pagamento’ (non furtiva, a Natale i ladri sono sindacalmente in ferie) di borse e borsette dorate, preziosi capi, straccetti o pizzute mutandine (il prezzo lo faccia il lettore, sennò sembro quella penosa invenzione di Mussolini chiamata “calmiere”)…
E dopo lungo appostamento, nascosto dietro una colonna di un normalenegozio ‘piccolo borghese’, il cronista è riuscito pure ad assistere – per la modica spesa di 250 € 250 – all’acquisto di Blue Jeans (solitamente in vendita per 10-15 euro al mercato di via Papiniano) “lavati nello Champagne”. Bottegai felici, d’altronde come si fa a dubitare? “Lo dice” il Corriere della Sera del 27/12, aggiungendo che brindavano contenti in bar dai bancali già svuotati (finiti i Marrons Glacées, a 70€ il chilo, vedi Galli in Porta Romana, mentre se si parla di panettoni quelli di Civati andavano a ruba (ma pagando) a 30 il chilo mentre quelli – perché la gente non è scema – dell’esselunga facevano fatica a passare per la cassa).