Quella mattina il cuore del vescovo francese traboccava di gioia e di gratitudine verso Dio. Il Sole splendente avvolgeva di una luce dorata i pendii della Val Polcevera e quel paesaggio ligure dal sapore selvaggio mostrava il suo volto più dolce. Le barbarie che aveva visto nella sua patria Gallia e che l’avevano costretto a fuggire lontano, gli sembravano ormai soltanto un lontano ricordo. Tra la gente di Valle Ombrosa l’alto prelato aveva trovato la serenità necessaria per predicare la parola di Dio conducendo una vita di penitenza e di preghiera e dedicandosi all’insegnamento della fede cristiana agli abitanti ancora pagani.
Durante le sue passeggiate scambiava sempre qualche parola con i commercianti che erano in partenza verso la Pianura con i loro carri carichi di sale, e anche con i contadini che gli raccontavano delle ultime bravate delle volpi che ogni tanto acciuffavano qualche gallina dai loro cortili. Da qualche tempo però non si parlava soltanto di volpi e di qualche lupo: un giorno sì e un giorno no c’era sempre qualcuno che gli raccontava di aver visto un orso aggredire le sue pecore, e c’era pure chi temeva seriamente per l’incolumità dei propri figli. “Gli orsi si muovono di solito durante la notte, quando i bimbi dormono”, li tranquillizzava bonariamente il vescovo Olcese.
Un orso manseuto come un cagnolino
Rientrato nella sua abitazione, anche quel giorno si mise al lavoro: senza risparmiare fatica e sudore, caricò un bel carretto con pietre ed altro materiale necessario per la costruzione della chiesa, e mise davanti al carro due buoi per trasportare il tutto al cantiere dove fervevano i lavori. Quando stava per salire sul carro, un enorme orso sbucò all’improvviso dal bosco vicino al giardinetto di casa, e si avventò contro uno dei buoi. Successe tutto così velocemente che fu impossibile salvare il povero bue dall’ira della belva. Ma l’orso non si accontentò: furioso e assetato di sangue, si lanciò contro il vescovo, il quale, scansandolo per un pelo, quando ancora si trovava di fronte alla bestia, la guardò dritto negli occhi, e con movimenti rapidi e decisi disegnò una croce nell’aria davanti a sé, intimando all’animale di fermarsi. La gente che osservava la scena terrorizzata, non potè credere ai propri occhi vedendo l’orso obbedire e accucciarsi ai piedi del vescovo come un cagnolone. A quel punto Olcese lo chiamò, e l’animale si lasciò perfino aggiogare al carro al posto del bue che poc’anzi aveva ammazzato.
Il paesino ligure noto per il miracolo e per il gustoso salame
“Ora possiamo finalmente partire”, disse il vescovo salendo sullo strano carro trainato da un bue e un orso, e si avviò verso il cantiere. La voce si sparse in un attimo e alla chiesa in costruzione già lo attendeva una piccola folla. “Miracolo! Miracolo! Sant’Olcese ha addomesticato l’orso!”, gridavano; ed è esattamente così che il vescovo francese, vissuto nel V secolo, è ricordato tutt’oggi. Il paese, oggi famoso per il suo salame tipico, prese il nome di Sant’Olcese, e sulla facciata della chiesa dedicata al Santo, che conserva anche i suoi resti mortali, un grande affresco ricorda a tutti il leggendario miracolo. (31/01/2011)