John e Neil hanno sedici anni quando si incontrano per la prima volta. È il 1972 e il mondo sta cambiando. John è figlio della buona società di Seattle e frequenta una scuola prestigiosa, Neil è figlio di un carpentiere e studia in una scuola pubblica. Così diversi, eppure così completi nella loro salda amicizia, i due giovani finiscono per chiudersi in un rapporto esclusivo. Crescono insieme fino a quando uno dei due decide di compiere una scelta estrema. John, che dalla vita aveva avuto tutto, annoiato e disgustato dall’opulenza, dalla facilità di ottenere successo e dall’ipocrisia del mondo che lo circonda, decide di ritirarsi in un bosco, per tornare a quello stato di natura che rimane da sempre, per l’uomo occidentale, il tanto desiderato ritorno alla felicità.
Neil, abituato a dover faticare per ottenere ciò che desidera, decide invece di seguire un percorso più canonico. Si laurea, si sposa, ha dei bambini e diventa insegnante in un liceo. Un unico patto li lega, un patto di silenzio e di sangue, perché nessuno venga a sapere che tipo di esistenza conduca John. Il tempo passa e Neil si reca regolarmente in visita all’amico per verificarne le condizioni di salute, ma un anno, a causa di un imprevisto, ritarda il suo appuntamento. Quando finalmente arriverà da lui troverà ad attenderlo una sorpresa sconvolgente…
“Ho in mente l’immagine di John William seduto sulla sedia da giardino, senza scarpe, con la barba lunga, i capelli sul viso, che regola il fuoco attizzandolo con gli sterpi. E ricordo che fumammo i nostri spinelli tenendoli con la forcina che un precedente inquilino di quel tugurio arrugginito aveva perduto tra la lanugine della moquette, e che John William aveva recuperato e conservato. Un ragazzo che si ritira dal college e diventa l’abitante scalzo di una roulotte, un figlio del privilegio che si converte alla sobrietà: non era un percorso insolito durante l’epoca di Gerald Ford, quando i boschi americani pullulavano ancora di giovani filosofi e di veterani del Vietnam, alcuni dei quali erano tali e quali a Giovannino Semedimela. Il maglione del mio amico era così sudicio da evocare, almeno fu quella la mia impressione, la lana appena tosata. Il logorio l’aveva dilatato e ora aveva la forma di un cilicio slargato, o forse di una tela di sacco a trama larga, e le maniche si erano smollate, crescendo tanto da coprirgli le mani. Ma benché in John William si fosse consolidata un’immagine di indigenza autoinflitta, in definitiva rimaneva il fatto che i suoi denti parlavano di denaro e di smoking.”