La Val di Lei è assurda fin dal principio. È in territorio italiano, ma per raggiungerla bisogna passare per la Svizzera. D’inverno si può salire con la funivia da Madesimo e poi guardarla dall’alto e percorrerne un pezzo sugli sci, ma il suo cuore ghiacciato – quello formato dal lago artificiale – è inaccessibile, a meno che uno non voglia affrontare un fuoripista estremo e un ritorno in ripida salita con gli sci in spalla.
Perché non costruiscano una funivia che porti giù alla valle non si sa. Ci hanno provato e poi ci hanno rinunciato. A mio parere è perché la valle non vuole e sconsiglia scelte avventate di conquista della sua fiera solitudine. A monito resta il rudere in cemento del tentativo fallito. Insomma, in Val di Lei ci si deve andare in estate, senza neve e ghiaccio. L’accesso è regolato da un semaforo posto al principio di una galleria lunga e stretta. La galleria è l’unica strada, non ce ne sono altre (a meno che non si voglia affrontare un percorso complicato che passa per dove in inverno c’era la neve).
Alla fine della Valle “perduta”, un formaggio niente male!
Si parcheggia la macchina e a piedi si attraversa il poderoso muraglione della diga. Si raggiunge così il sentiero che costeggia il grande specchio d’acqua. Si cammina nel silenzio e nel niente, abbandonati a se stessi in un paesaggio marziano. Passo dopo passo, aumenta l’inquietudine. Non che ci sia motivo per spaventarsi, a parte l’incontro con qualche viperetta che scorrazza tranquilla perché non è abituata a vedere gli umani, eppure non si riesce a stare tranquilli. Al secondo chilometro comincia un brivido sottopelle, che più si procede più si trasforma da impressione superficiale a preoccupazione vaga, per poi diventare al quarto chilometro una vera e propria angoscia esistenziale. Non scherzo, è proprio così.
A un certo punto, quando non si è ancora arrivati a niente e non si può più tornare indietro di corsa, ci si sente persi senza rimedio. Non si tratta di qualcosa di razionale e motivato, perché il posto è quello che si potrebbe definire un’oasi, ma proprio non si riesce a ritrovare la pace, anzi si perde quella che si aveva. Forse il perché risiede nella strana commistione tra un lago artificiale, risultato di un imbrigliamento forzato della natura da parte dell’uomo, e la solitudine che c’è intorno, la mancanza assoluta di segni di urbanizzazione, oltre a quello plateale della diga.
È un posto al confine tra due stati, ma isolato da entrambi; al confine tra la natura selvaggia e la sua modifica voluta in modo potente dalla mano dell’uomo, ma alla fine di un’anarchia insondabile. Se il mondo per come lo conosciamo finisse, se finissimo noi, la Terra forse diventerebbe così. Comunque il formaggio chiamato Val di Lei è molto gustoso.
(18/04/2011)
Info: www.valdilei.it