L’acqua è l’elemento naturale dominante in Olanda. Basta pedalare lungo il reticolato dei canali o osservare l’aprirsi e chiudersi delle dighe che lasciano passare chiatte e barchine da diporto per ricordarsi che non è un caso se i Paesi Bassi si chiamano così. Tre quarti della superficie su cui stiamo mettendo piede è al di sotto del livello del mare ed è calpestabile proprio perché è stata “rubata” all’acqua. I polder, i tratti di mare sottratti al mare, sono stati prosciugati dagli olandesi con una perizia ingegneristica unica, perfezionata nel corso dei secoli a partire dal Medio Evo. Laddove i Weteringen, i canali, non erano sufficienti a tenere a bada il livello dell’acqua in eccesso fu necessario ideare una strategia diversa per vincere la “battaglia” sulla Natura. Ed ecco allora comparire a partire dal XV secolo quella che sarebbe diventata una delle icone del paesaggio olandese: il mulino a vento. In realtà la loro funzione originaria era quella di macinare i cereali per produrre farina ma il loro impiego sembrò altrettanto efficace per sollevare e spostare grosse quantità d’acqua. Con un corpo robusto piantato saldamente nel terreno e pale grosse ma agili facilmente posizionabili a favore di vento, i mulini azionavano un meccanismo capace di pompare l’acqua e trasferirla in un bacino di raccolta.
Cartoline dall’Olanda
Kinderdijk è una zona turistica ma è molto spaziosa e immersa nel verde, per questo motivo non sembra troppo congestionata dal via vai dei visitatori. Purtroppo, solo un mulino è aperto al pubblico, il Nedrwaardmolen 2. Lo spazio interno è minuto e una scaletta di legno conduce in cima, all’altezza dell’incrocio delle pale: da lì si porta a casa con un scatto una perfetta cartolina d’Olanda, peccato solo che all’orizzonte siano visibili gli hangar dei cantieri navali, non proprio godibili da un punto di vista estetico.
I mulini a ben vedere non sono tutti uguali: alcuni hanno una pianta circolare, altri ottagonale, ma è solo una questione di stile architettonico, la loro funzione di drenaggio dell’acqua non cambia. Sulle pareti interne del mulino visitabile sono raffigurate scene di vita e le attività di chi nel mulino ci lavorava. Un paio di stivaloni di cuoio consumati con una forma molto simile ai tipici zoccoli di legno olandesi valgono più di mille descrizioni… Tutti i sabati di luglio e ad agosto i mulini di Kinderdijk vengono azionati e lo spettacolo delle pale mosse dal vento è assicurato!
La forza del vento per spostare l’acqua
La zona del Zuid Holland, l’Olanda Meridionale, è una delle più abbondanti d’acqua e di conseguenza anche di polder e di mulini. Fino alla metà dell’Ottocento se ne contavano quasi 1.300, oggi nella regione ne sono rimarsti 224. A circa 15 chilometri a sud-est di Rotterdam, dove si incontrano i fiumi Lek e Noord, si arriva in uno dei luoghi più caratteristici dove osservare queste grandiose opere di ingegneria idraulica affidate ora alle cure protettive delle organizzazioni di volontariato con il sostegno dello Stato. Siamo a Kinderdijk, area dichiarata nel 1997 patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco. Lungo due file parallele percorribili a piedi o in bici si distribuiscono 19 mulini tirati su nella prima metà del Settecento e ancora funzionanti, anche se il grosso del lavoro di drenaggio lo compie una moderna stazione di pompaggio dell’acqua all’ingresso del complesso; se si è a piedi attenzione a percorrere la stradina pedonale sulla destra per evitare di essere travolti dal passaggio dei ciclisti! In mezzo ai due “filari” di mulini si apre il bacino di raccolta dell’acqua, navigabile a bordo di battelli che costeggiano giunchi e canneti, paradiso per le famigliole di anatre e per gli amanti del birdwatching.
Dordrecht, vecchia “signora”
Lasciata Kinderdijk si prosegue verso sud. In un quarto d’ora si giunge a Dordrecht, una delle città più significative della regione, fondata nel 1008. Sulla sinistra scorre placido l’Oude Maas, la Vecchia Mosa, uno dei tre trafficatissimi fiumi che insieme al Noord e al Merwede incorniciano la città, che a tutti gli effetti è un’isola, collegata da vaporetti rapidi alle altre cittadine nei dintorni e al porto di Rotterdam. Proprio le numerose vie d’acqua e la posizione geografica strategica per i commerci di tessuti, legno e vino con le vicine Fiandre, la Germania e l’Inghilterra hanno fatto la fortuna di questo centro che si fregia del primato di essere la prima città d’Olanda (ha ottenuto questo diritto nel 1220).
L’indipendenza dei Paesi Bassi ha le sue radici qui
Si può dire che Dordrecht sia la portabandiera dell’indipendenza olandese: nel 1572 le dodici città della contea si riunirono in segreto nell’Hofkwaiter, il Quartiere della Corte, per opporsi alla secolare dominazione spagnola. L’Unione di Dordrecht diede origine alla costituzione e l’Assemblea degli Stati pose le fondamenta dei futuri Paesi Bassi indipendenti. Il sinodo del 1618 fece il resto bandendo la religione cattolica a favore di quella protestante e calvinista portando alla redazione della prima Bibbia ufficiale in lingua olandese. Ai cattolici non restò che celebrare il proprio culto in chiesette semiclandestine ancora visibili in città.
Il ruolo importante che la città ha avuto nella storia d’Olanda lo percepisci passeggiando nelle stradine del piccolo centro storico, semplicemente alzando lo sguardo: ai margini dei canali sfilano uno accanto all’atro un migliaio di palazzi storici, quelli tipici olandesi con i mattoncini rossi e la facciate a gradoni; alcuni edifici sono arricchiti da fini decorazioni scultoree, la maggior parte dei palazzi è poi leggermente inclinata sulla strada, segno inconfondibile del pragmatismo olandese: non si tratta di una svista architettonica, la facciata “pende” sulla strada perché nel Seicento le carrucole facevano da montacarichi: in questi edifici, un po’ casa, un po’ magazzino e un po’ bottega i commercianti portavano su e giù le merci agganciandole appunto a una corda fissata alla trave posizionata in cima al tetto.
Carillon, pecore e montoni…
Numerosi i tesori di Dordrecht: la città è dominata dalla alta torre della quattrocentesca Grote Kerk, la Chiesa Grande; una maratona faticosa scalare i suoi 275 gradini, rinfrancati alla fine dal panorama che si gode dall’alto. Il torrione campanaro possiede un grandioso carillon, quasi un’orchestra con le sue 67 campane che accolgono chi entra in città con una gioiosa melodia. L’ufficio locale del turismo organizza itinerari guidati da percorrere a piedi e in barca. Il modo migliore per comprendere la città è proprio dall’acqua e magico è il momento della sera quando le luci calano sulla superficie d’argento dei fiumi.
I battelli toccano i porticcioli, un tempo vivacissimi approdi dei mercanti, oggi pacifici ormeggi per le barchine da diporto. Alcune sono case galleggianti (molto comuni, peraltro, in tutta l’Olanda) dove alcuni abitanti di Dordrecht hanno scelto di vivere.
Seguendo il corso dei due canali principali che corrono paralleli nel centro storico, Nieuwe Haven [Porto nuovo] e Wijnhaven [Porto del vino], si arriva alla Groothoofdspoort, la Porta del Molo Grande, punta estrema e porta d’accesso alla città dove va in scena lo spettacolo trafficato del passaggio di chiatte, rimorchiatori, vaporetti là dove confluiscono i tre fiumi.
Una curiosità: una festa molto sentita a Dordrecht è quella del Carnevale. La città prende un nuovo nome “Ooi- en Ramsgat“, che significa, più o meno “Il luogo della pecora e del montone” e gli abitanti sono chiamati ‘Schapenkoppen‘, teste di pecora. Si narra che nel Seicento due uomini tentarono di entrare in città travestiti da pecore per evitare di pagare il dazio sulla carne ma furono scoperti. La pecora dà la forma anche ai gustosi biscottini prodotti in città e una testa d’ariete è il simbolo del club di calcio cittadino, FC Dordrecht.