L’oratorio di San Biagio è un gioiello cinquecentesco situato nel piccolo borgo di Rossate, frazione di Comazzo, al confine tra le province di Lodi e Milano. L’edificio è stato classificato nel 1977 da un gruppo di studiosi come importante monumento dell’inizio del XVI secolo. Prima di allora ha attraversato un lungo periodo di oblio; raccontano i locali che i parroci che si succedettero nel tempo permisero addirittura che venisse utilizzato come pollaio e ripostiglio. Nonostante la fortuna critica dell’edificio sia piuttosto recente, il riconoscimento dell’importanza della chiesa è stato pressoché immediato; insigni studiosi, tra questi Maria Luisa Gengaro e Renato Cevese, hanno notato dei motivi architettonici assimilabili all’opera del Bramante e della sua scuola, individuando inoltre altri pregi, tra i quali: il generale effetto visivo di slancio verso l’alto; la fusione tra l’immediata precedente tradizione gotica e la nuova soluzione rinascimentale; la catena di cerchi radiali compresa nel tema architettonico del doppio arcone; la netta planimetria centrale. Sono queste constatazioni che permettono di affermare che l’Oratorio di San Biagio è un altro significativo esempio dell’opera bramantesca in Lombardia, insieme alle famosissime Santa Maria presso San Satiro e la Tribuna di Santa Maria delle Grazie in Milano. Ed è proprio grazie al Bramante che si ebbe l’introduzione in terra lombarda delle novità fiorentine e urbinati attraverso il particolare humus padano.
Le vicende storiche dell’Oratorio
Purtroppo le vicende storiche che interessarono la piccola chiesetta, ad oggi non sono del tutto chiare e nemmeno l’identità del committente è certa. Si presume sia quella di Geronimo Calco (intorno agli anni ’50 del XVI secolo) figlio dell’allora segretario ducale Bartolomeo Calco. I dazi di Pozzuolo e Rossate, infatti, vennero donati nel 1491 dal duca Gian Galeazzo Maria Sforza a Bartolomeo Calco quale ricompensa per i servigi resi già “ab ineunte adolescentia”. Nell’atto di donazione non è citata alcuna costruzione ecclesiastica ma è indicata una rocca fortificata (arce) probabilmente da identificare con il cascinale ancora oggi presente accanto alla piccola chiesa. Il bene, che nella donazione del 1491 era ancora soggetto ai doveri e agli oneri feudali, venne dichiarato bene allodiale il 30 dicembre 1514, chiaramente a favore dei figli di Bartolomeo Calco. Tra i figli di quest’ultimo sarà, molto probabilmente, come già accennato, Geronimo Calco con il suo testamento datato 1547 a porre agli eredi l’onere di terminare la costruzione dell’oratorio.
Un venerato crocifisso ligneo
Le caratteristiche formali della chiesa ne dimostrano la semplicità e insieme la grandiosità: è orientata ad est, come richiedeva la liturgia, e costruita con il solo utilizzo di mattoni rossi, caratteristica tutta lombarda. La struttura è costituita da un blocco quadrangolare centrale sovrastato da un imponente tiburio ottagonale a due ordini e ogni parete presenta il tema ricorrente del doppio arcone (sostenuto idealmente da lesene binate) contenente dei piccoli cerchi che richiamano le finestrelle circolari del primo ordine del tiburio. Da notare la torre campanaria: essa è separata rispetto al blocco di base, come voleva la moda dell’epoca. Venendo agli interni, ciò che maggiormente colpisce l’attenzione è il crocifisso ligneo. La venerazione della reliquia dura da secoli ed è legata alla tradizione rurale del posto. La popolazione ne ha sempre invocato l’aiuto affinché i raccolti potessero essere preservati dalla siccità. E’ negli annali del paese la processione del 28 aprile 1933, durante la quale si mise a nevicare dopo ben quattro mesi di siccità. Anche recentemente si sono verificati altri miracoli meteorologici: nel 1978 e nel 2003. A dimostrazione della antica devozione, è inoltre una preghiera al crocifisso di San Biagio di papa Pio V (Antonio Michele Ghislieri, 1504-1572) lo stesso papa cui si deve il prestigioso collegio universitario pavese. Pare dunque che ci siano tutte le premesse per visitare quest’oratorio, tanto piccolo e semplice ma anche grandioso e ricco di storia ed emozioni, così da premiare il lavoro di chi in questi ultimi anni si è così tanto impegnato per promuoverne la riscoperta o, sarebbe meglio dire, una effettiva scoperta.