L’ordine (via cellulare) del custode della cupola di San Gaudenzio, è perentorio. Bisogna scendere. La grandinata e il forte vento suggeriscono prudenza. Mi oppongo, non voglio uscire da quel luogo che mi fa sentire sicuro, protetto dalla rabbia della natura. “Penso sia meglio rimanere qui all’interno e attendere che almeno la grandinata sia terminata, prima di uscire all’aperto per scendere”. Con queste parole riesco a convincere la guida e per un buon quarto d’ora rimaniamo nel ventre della cupola. Nella mia mente si fa strada una immagine, quella di una battaglia fra le forze della natura ed il genio di Antonelli che ha osato salire così in alto. Anche questa volta il secondo ha vinto contro il vento, la grandine, la forza di gravità e l’edificio non si è mosso, anzi ci ha ospitati mentre fuori si scatenava l’inferno. Il guardiano, spaventato, nel frattempo è salito e ci ha intimato di scendere. Fine della visita, con la promessa di tentare un’altra volta di sfidare le lunghe liste di attesa per vedere i segreti che la parte superiore della cupola nasconde.
“Aggiustamenti” postumi. Non tutti felici …
Scendendo nel “tubo” cinquecentesco faccio una considerazione: questo mirabile edificio che ha retto per 150 anni non deve temere la natura, ma l’ignoranza degli uomini: quella di coloro che lo tennero chiuso dal 1937 al 1947 per timore del crollo; quella di coloro che, non essendo in grado di installare un riscaldamento adeguato, hanno posto sulla prima apertura il misero telone che ha interrotto la verticalità interna e la splendida acustica; quella di coloro che negli anni Novanta hanno collegato i pilastri con cilindri di ferro che offendono l’estetica della basilica cinquecentesca; quella di coloro che, da quanto apprendo dalla guida, hanno posto nella parte alta consolidamenti in cemento armato, senza considerare che l’elasticità e la dilatazione dei mattoni è molto diversa da quella del moderno materiale. Come sempre l’ignoranza tende a riportare miseramente a terra coloro che, con la propria intelligenza, vorrebbero raggiungere il Cielo.
Alessandro Antonelli, massone e uomo di fede
Che Antonelli fosse un libero muratore mi era noto, ma non immaginavo che fosse riuscito a trasporre gli ideali massonici in modo così mirabile ed evidente nella sua architettura.
Questa visita me lo ha mostrato senza mezzi termini. Il rapporto, da lui individuato, fra la massoneria e la chiesa cattolica è esemplare: la cupola, che a mio avviso rappresenta la massoneria, non contrasta con il cattolicesimo, rappresentato dalla basilica cinquecentesca, semplicemente lo sovrasta senza toccarlo. Partendo da quattro pilastri cattolici, appoggiati a terra, gli ideali massonici si elevano verso il cielo.
Il percorso che porta verso la parte superiore della cupola, per i profani, la nobiltà novarese dell’ottocento, è presentata come una passeggiata originale e fantastica. Per il massone è il cammino iniziatico verso il miglioramento di se stesso, verso l’alto.