Brindisi finali tra Argentina, Slovenia e Marche
Sarà però pur bello rimpatriare amarcordando, ma anche i succhi gastrici vogliono la loro parte. Talché cucco il bielloporteño Luis Zanone al bar dello stand dell’Argentina e con la scusa di un flash back del Mundial ’76 si assaggiano bocce di buoni rossi e bianchi di Mendoza. Solo bianco, invece, ma che Ribula, cara gent, ‘alla Slovenia’ presidiata dalla adorabile (pensa sempre a dissetarmi) Ada Peljhan. Ma al mio vizioso palato mancava quell’afflato di Varnelli che ‘a Fermo’ (fosse solo per digerire le olive all’ascolana) la premiata ditta di pierre Serri & Monachesi mai ti fa mancare. Tutta gente che ha salvato la (mia) Bit. Ringrazio.
(21/02/2013)
Giovedì 14 febbraio. Oggi comincia la Bit, chissà come sarà (tanti espositori, tanta gente, tanto entusiasmo, tanti affari, anche se mi ha sempre fatto ridere la quantificazione del business al centesimo, o quasi, frequentemente buttata lì alla fine di una fiera). Temo però che alla luce della rella turistica vista due settimane fa alla Fitur di Madrid, ci sarà da stare poco allegri. E do pure per scontato che ci sarà poco da mettere sotto i denti: bei tempi quando nei miei stand ammannivo leccornie in compagnia del mai troppo compianto mio amico, e vinaio personale, Giuliano Dellafiore. Ore 5,30: non so bene a che ora comincia la Bit, cerco info sul Corriere (ore7) edizione Lombardia ma non trovo niente (o se c’erano info per certo trattavasi di ben poca cosa: che abbiano fatto poca reclàm – mi chiedo – per assenza di danée? Difficile a dirsi, ma quando si è alla canna del gas, o si gioca soltanto in difesa, meglio stare schisci.
Sul Metrò, poco affollato
Ore 9.30: parto per la Bit affrontando la prima delle due tappe del viaggio in metrò, da Crocetta a Duomo. A onor del vero, in occasione delle (tante) Bit precedenti non è che lungo questo breve percorso incontrassi molti addetti ai lavori. Questo, no. Ma qualcuno, diretto alla Bit, lo vedevo già. Non parliamo poi della gente che trovavo (soprattutto nel giorno d’apertura e a questa ora canonica) al proseguimento da Duomo sulla Linea rossa: saluti, abrazos, come stai e come non stai. Va pertanto da sé che anche stavolta – vabbé c’è crisi, il turismo è in evoluzione e le fiere non servono a nulla, ma, dicevano gli Yankees, bisogna parteciparvi – avrei trovato un bel po’ di gente, con ascendente turismo, ad accalcarsi per infilarsi nel metrò diretto a Rho Fiera. E invece niente, quattro gatti, tre dei quali sono pure scesi a Cordusio, Buonarroti e Amendola; tutti sconosciuti, noia mortale a guardarsi addosso, avessi mai portato qualcosa da leggere.