Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Il Canada nella voce di Parisse

Durante un lungo soggiorno in Canada, la giovane artista romana ha concepito e realizzato il suo primo progetto da solista, Vagabond. Un inno all’intraprendenza e al coraggio di cambiare la propria vita, con la valigia pronta. L’intervista

Un ritratto di Parisse. Foto di Gianluca Saragò
Un ritratto di Parisse. Foto di Gianluca Saragò

La crisi economica che ormai da alcuni anni sta affliggendo l’Italia non aiuta sicuramente a (ri)trovare un lavoro. Ma se si è giovani e soprattutto si ha voglia di mettersi alla prova perché non fare di necessità virtù trasferendosi per un periodo più meno lungo all’estero? Per fare così qualche esperienza lavorativa interessante da mettere, una volta fatto ritorno in Patria, nel curriculum e, perché no, imparare una nuova lingua straniera. Nel caso l’idea vi alletti, ma abbiate bisogno di un ulteriore imput a partire, siamo sicuri che la storia a lieto fine di Valentina Parisse, giovane artista romana che proprio durante un suo lungo soggiorno in Canada, dove aveva raggiunto quella parte della sua famiglia lì emigrata, in cerca di una vita migliore, all’inizio dello scorso secolo, ha concepito e realizzato il suo primo progetto da solista, Vagabond, vi convincerà del tutto a fare le valigie e intraprendere quest’avventura. Come invita lei stessa in quest’intervista.

“Finito il Liceo – ci racconta al telefono Parisse – ho deciso di partire per il Canada per vivere una nuova esperienza. Una volta lì ho lavorato, studiato e scritto il mio primo disco. Tutte le canzoni del mio primo album Vagabond sono nate lì, sono state tutte scritte mentre vivevo in Canada. E dal momento che sono convinta che l’artista sia come una spugna, che assorbe tutto ciò che lo circonda, penso che in questo disco ci sia molto del Canada”.

Un’esperienza di vita che consiglieresti?

Certo. Invito tutti i giovani a regalarsi un anno in un paese straniero. Per una ragazza e un ragazzo è importante prendere la valigia e partire per un paese lontano, può rappresentare un’esperienza importante come lo è stato per me. Avere a che fare con la solitudine, non avere dei punti di riferimento, essere lontani dalle cose quotidiane e dagli affetti familiari aiuta a crescere, ti fa apprezzare più le cose.

LEGGI ANCHE  Jerash, la Giordania di casa nostra
Il Canada nella voce di Parisse

C’è un paese che consiglieresti in particolare?

Uno vale l’altro, ma se proprio devo dare un’indicazione ovviamente opterei per il Canada perché è una terra meravigliosa e grandissima. La stagione migliore per visitarlo è sicuramente quella che loro chiamano “estate indiana”, che va da agosto fino a Halloween. Io ho vissuto per lo più a Montreal, una città che fa da ponte tra l’Europa e l’America, ma è sicuramente da visitare anche Toronto.

Perché del tuo album si è parlato quasi di un piccolo caso?

Credo che il motivo sia dovuto al fatto che tutto è nato come progetto indipendente. È solo grazie all’ottimo successo radiofonico che hanno ottenuto tutti i miei singoli, se Sony Music ha deciso di distribuirlo nei negozi. All’inizio sono stata supportata solo dalla mia voglia di emergere e sono stata molto aiutata dalla Rete. In Brasile, ad esempio, la mia musica è arrivata alla gente grazie a Internet. Una radio locale mi ha trasmesso dopo avervi ascoltato online.

Molti dei tuoi singoli, dal primissimo Feel Like Runnin all’attuale Don’t Stop (che ha oltre 1.000.000 di visualizzazioni su Youtube ed è colonna sonora dello spot di Eni Gas e Luce), sono diventati delle vere e proprie hit in Brasile, entrando in hevery rotation in alcune tra le radio principali su scala nazionale. Un successo inaspettato e straordinario in un Paese dove sono pochi gli artisti italiani conosciuti. Che effetto ti fa?

La prima volta che ho sentito un mio pezzo in radio quasi facevo un incidente. È stata ed è una grande emozione anche perché è quello che ho voluto fare e desideravo da sempre. Cerco però sempre di migliorarmi.

LEGGI ANCHE  Quando il turismo si fa duro...
Il Canada nella voce di Parisse

In Brasile non c’eri mai stata prima di diventare famosa?

No. Ci sono andata solo recentemente per promuovere il cd. E di questo Paese mi ha colpito l’energia che si percepisce tra la gente. I brasiliani sono poi molto aperti alle novità, anche musicali. A Rio e a San Paolo la natura è dominante. Fa un certo effetto vedere questi enormi grattacieli  con alle spalle una folta vegetazione quasi selvaggia. Una meraviglia. Da rimanere a bocca aperta.

Ma tu quanto vagabonda sei?

Molto, ma il titolo dell’album vuole essere anche un auspicio. Invitare la gente ad avere voglia di partire, di  incamminarsi verso la strada che si è scelta. E anche a essere aperti a contaminazioni. Nel mio caso ovviamente musicali. Vagabond, ad esempio, si muove su sonorità pop, vicine ai colori della Motown e al Neo-Soul, un sound che fonde in una chiave molto personale due generi altrettanto distanti tra loro.

Live dove ti possiamo ascoltare?

Il 22 aprile mi esibirò all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Sarò accompagnata dalla mia band, formata da Raffaele Lopez alle tastiere, Arduino Lopez al basso, Giuseppe Scarpato alle chitarre, Helen Tesfazghi e Patrix Duenas ai cori. Con me sul palco anche ospiti d’eccezione come Marco Fullone, Roberto Kunstler, Nick The Nightfly e Phil Palmer. Come puoi ben immaginare, sono molto concentrata sulla serata di lunedì e sul nuovo progetto musicale a cui sto lavorando. Stiamo poi costruendo il calendario dei appuntamenti che mi vedrà impegnata quest’estate. Per me i live sono fondamentali perché amo il contatto con la gente. Spero di ripetere l’esperienza della scorsa estate che mi ha visto su e giù per l’Italia con Radio 105.
(19/04/2013)

LEGGI ANCHE  In Sardegna note d'autore, fuori stagione
Condividi sui social: