Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Zibaldone Kerala

Spezie, Backwaters, Ayurveda e Marò. Tra i ricordi di precedenti viaggi nel sub-continente indiano, ecco la nuova scoperta, storica e attuale, delle bellezze e del fascino globale della ‘Terra del Signore’

Una famiglia sull'elefante-taxi
Una famiglia sull’elefante-taxi

 

Kerala, finalmente eccomi. Dell’India – oltre, viene da dire ‘ovviamente’, all’odierna Mumbai ex Bombay – avevo visto i soliti, canonici posti nel nord: Delhi, Jaipur e ad Agra quel meraviglioso esempio della creatività umana chiamato Taj Mahal, (ahi, quei multicolori intarsi nel marmo e quella elegante non meno che perfetta cupola poi scopiazzata a Montmartre!). Ed ero stato – inclusa una non gaia visita agli inquietanti ghats di Benares-Varanasi – anche nell’East, a Calcutta, complice un match tennistico di Coppa Davis (nei Viaggi & Sport che organizzavo, oltre ai muscoli facevo andare anche la testa, mia e altrui).

Finalmente in Kerala

Zibaldone Kerala

Più recentemente, eccomi nell’India occidentale, nel Gujarat di Gandhi (e non solo, perché oltre alla leggenda del Mahatma tante e svariate altre vicende umane e di madrenatura attirano il viaggiatore). Mi mancava però il Kerala, da aggiungere ai citati e archiviati posti dell’India, quella meridionale regione del subcontinente indiano (e Stato tra i 28 dell’Unione Indiana, 38.863 chilometri quadrati, più di 33 milioni di abitanti) su cui chissà quante volte posi il ditino vagante sulle scolastiche carte geografiche.

‘Scoperte’ portoghesi: dall’India al Brasile!

Zibaldone Kerala

Oltretutto almeno sulle sue coste avrei dovuto finirci ben prima, stante la mia eterna aficiòn a storia e geografia. Perché lì facevano rotta gli esploratori marittimi portoghesi (‘brevettati’ alla Scuola nautica di Sagres voluta da Enrico il Navigatore, una vera e propria Cape Canaveral ante litteram!) ma non per occupare terre e farle lavorare dai nativi (come fecero i conquistadores nelle altre Indias, quelle occidentali) bensì per fare il pieno di redditizie spezie e venderle in una rinascimentale Europa che anche a tavola si era raffinata. Che lussuoso piacere aggiungendo semi o radici o scorza di piante portate da esotici lidi, insaporire cibi insulsi, protrarne la conservazione e financo celare sgradevoli odori. Un gastronomico (e igienico) evviva vada dunque, oltre che ai navigatori lusitani, a pepe e coriandolo, garofano e mostarda-senape, noce moscata e cumino, curcuma e zenzero, aglio e cannella, nonché tante altre spezie dispensate da questa (recita lo slogan del Kerala) God’s own Country, Terra del Signore (mancava solo il tè e a quello pensarono i British un paio di secoli dopo). Non paga delle citate ricchezze, poi, la keraliana costa del Malabar, primo approdo di Vasca da Gama Calicut-Kozhikode poi Cochin, costituì il trait d’union tra Lisbona e l’estremo Oriente, Giappone e Cina, da cui un paio di dorati secoli di traffici e cultura. (E aggiungo poi, breve inciso e curiosa chicca, che ai portoghesi la Rotta delle Spezie fruttò pure una gran bella fetta di ‘Sud America’. Era infatti diretto in India Pedro Alvares Cabral, nella primavera del 1500, se non che una tempesta spinse le sue navi sulla sponda opposta dell’Atlantico, nel Brasil maravilhoso, quando si dice il sedere!).

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