In base a ricerche archeologiche, undici, dodicimila anni fa, sono arrivate nelle Americhe popolazioni asiatiche. Non tutti gli studiosi sono tuttavia concordi nello stabilire a quando risalga la prima ondata migratoria. Gli Yanomani sono tra i popoli autoctoni più antichi dell’America latina.
Popoli di cacciatori-raccoglitori che arrivarono in America attraverso lo stretto di Bering e dell’istmo di Panama. Questo popolo di indios aveva sviluppando sistemi diversi di utilizzo delle risorse naturali, differenti lingue e forme di organizzazione sociale tra i vari gruppi.
Gli indios Yanomami sono tra i popoli autoctoni più antichi e più numerosi dell’America Latina. Sono circa ventiseimila e vivono tra il Venezuela e il Brasile. Il centro del loro habitat storico, ancor oggi il più densamente popolato, si trova nella Serra do Parima. Qui le acque dell’alto Orinoco si dividono da quelle degli affluenti del margine destro del Rio Branco.
Nel corso della loro storia non si sono legati geneticamente ad alcuna etnia indigena amazzonica. Secondo la tradizione orale e i documenti più antichi che li menzionano, avrebbero occupato l’area attuale da circa un millennio. In territorio brasiliano si contano circa tredicimila individui, divisi in 208 comunità. E abitano un’area di 96.650 chilometri quadrati, pari a circa un terzo dell’Italia. Il loro nome significa “gli esseri umani” e si contrappone alle categorie “yaro” (animali e caccia) “yai” (esseri invisibili o senza nome) ma anche a “napè” che designa stranieri, nemici e uomini bianchi.
Primi contatti con esploratori e avventurieri
In una foresta di difficile accesso, tra montagne che superano i mille metri, alcune comunità di indios Yanomami hanno vissuto i primi rari contatti, tra il 1910 e il 1940. Prima con esploratori e avventurieri, poi con missionari e con gli addetti alla demarcazione della frontiera che, nel 1940, aprirono varchi nella foresta. Dal 1940 in poi, contatti permanenti con missionari come Padre Luigi Cocco, aprirono la strada anche alle spedizioni di carattere antropologico, come quella italiana del 1944 guidata dal Professor Ettore Biocca, interessata a studi etnobiologici, psicologici, linguistici, culturali.
Un triste presagio per gli indios
La prima visione degli uomini bianchi avuta dagli Yanomami fu interpretata come l’arrivo di un gruppo di fantasmi che veniva dal mondo situato “alle spalle del cielo”, con lo scandaloso proposito di ritornare a vivere nel mondo dei vivi. Un presagio che si concretizzò anni dopo. A partire dalla fine degli anni Settanta cominciarono a realizzarsi i massicci progetti di sviluppo: la costruzione della strada perimetrale nord (1973-1976); la scoperta di giacimenti di preziosi, con una conseguente corsa all’oro. Negli anni Novanta il numero dei cercatori d’oro nell’area era cinque volte superiore a quello della popolazione nativa.
Gravissime le conseguenze sanitarie e sociali: in soli tre anni furono oltre mille e cinquecento gli Yanomami brasiliani passati “al mondo dei morti” a causa delle epidemie di tubercolosi, malaria, polmonite o di semplice influenza, portate dai cercatori d’oro. Interi villaggi sono stati cancellati. Altrettanto gravi i problemi sociali dovuti allo scontro culturale tra gli Yanomami, che vedono nella terra-foresta (urihi) una fonte “viva” di sopravvivenza con la quale condividere una solidarietà mistica. I cercatori d’oro, pur se spinti dal bisogno, la rapinano indiscriminatamente, anche con uso di sostanze tossiche.
Alfabetizzazione come difesa degli indios
Grazie a una legge del governo brasiliano, la maggioranza dei “garimpeiros” sono stati rimossi dall’area indigena; malgrado ciò sono ancora centinaia quelli che invadono quotidianamente il territorio Yanomami, portando con sé epidemie e compiendo violenze di ogni tipo. Per dare agli indios degli strumenti di difesa, persone come il missionario Carlo Zacquini, che ha trascorso la sua vita lavorando nell’area, hanno organizzato un piano per l’educazione degli indigeni. Hanno fondando la “Commissione pro Yanomami” che si propone di alfabetizzare gli indios ma anche di informarli sui problemi sanitari. Non perché escano dalla comunità, in cerca di improbabili lavori nella società bianca. Al contrario, perché mettano a disposizione del gruppo il loro sapere: per esempio dal punto di vista medico e infermieristico. I risultati sono stati molto soddisfacenti, con una riduzione di malattie letali come, ad esempio, la malaria.
La seconda parte del servizio dal titolo Yanomani: “Urihi a pree” la foresta degli esseri umani, venerdì 30 agosto 2013.
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