Sopra e attorno al Po. Dentro, c’è il pesce siluro
Durante l’escursione in auto guidati dal Marco (sa tutto di tutti, dalle gloriose vicende degli Estensi alle genti di Lorenzago – inclusi i papi ivi nati o in vacanza – per non parlare delle corse al trotto) oltre alla già descritta lapide a Tornova si è ammirato una signora chiesa a Loreo (opera di Baldassarre Longhena, quello della Salute a Venezia, quanto lo maledissi al Scientifico tentando di disegnarne le volute). E nella stessa scampagnata si è scarpinato fino a una sabbiosa punta separante il Po di Goro da quello detto di Venezia. Pochi metri più a monte una golena (che sarebbe poi quel lembo di terra tra fiume e argine, meglio precisare se mai l’unico mio lettore fosse cittadino metropolitano) ospita un minivillaggio austriaco (mica tutti i tognini vanno a Rimini o Riccione) con tanto di ampio imbarcadero per acquatici safari padani. E non scherzo, dall’est Europa arrivano in tanti a cacciare il pesce siluro, e ben vengano, perché questo sciaguratissimo neoabitatore del Po si pappa tutto quanto può introitare la sua inquietante, gargantuelica bocca. Sempre con Marco tuttologa guida (ma mica il solito bofonchiatore) eccomi poi a Santa Maria in Punta (Ariano nel Polesine), un tranquillo e isolato posto che più di tanti altri spiega quanto l’era dura campare sul delta (fianco a un composito non meno che umile monumento a chi sull’acqua la sfangava è segnato il top dell’inondazione del novembre ’51, due terzi degli abitanti dovettero fare fagotto).
Delizie Estensi e cavalli a Ferrara
Meno meditativi, invece, i sopralluoghi a due Delizie (già detto: dimore di campagna volute dagli Estensi per ozi e godurie, chiamali scemi). A Fossadalbero, introdottomi non so come (in vacanza sembro più un barbone che un anziano signore quasi perbene) in una Delizia divenuta sciccoso Country Club della Ferrara Bene oltre a un severo torrione ho ammirato le pareti a scacchi bianchi e rossi del salone delle feste. Viepiù valida la visita al castello della Mesola (mega Delizia più adibita a piaceri e cacce che come parabellum) tanto valido per la didattica esposta quanto poco frequentato (solita storia, tutti al mare, Adriatico a un quarto d’ora d’auto). Ma è a Ferrara che ho goduto la più stramba scoperta della mia campagnola vacanza. Chi mai avrebbe pensato che un giovedì pomeriggio d’agosto, nello scenario di un ippodromo imprevisto (epperò a suo modo storico: fu centro raccolta degli stalloni del Regio Esercito Italiano) di una città della provincia italiana (vabbè Patrimonio dell’Umanità) si potessero svolgere normali (pareva d’essere a San Siro) corse al trotto (con tanto di totalizzatore)? Unica differenza rispetto all’eleganza british di Gentlemen e Ladies nella vittoriana Ascot, le canotte di popolani ferraresi e i due pezzi con paillettes di sudaticce badanti moldave. Io c’ero. – 2 fine. La prima parte è stata pubblicata giovedì 5 settembre.
(12/09/2013)