
C’è stato un tempo in cui negli ambienti colti per porre fine a una discussione o per avvalorare le proprie ragioni si tagliava corto con un “ipse dixit”, che poi voleva dire: lo ha detto Lui, e il Lui era Aristotele, che vuoi fare, contraddirlo? A quel punto ogni lingua diveniva restando muta. Un po’ la stessa cosa accadeva negli ambienti dei contadini. L’ipse dixit in questo caso erano gli almanacchi di Barbanera, il quasi monaco un po’ santone un po’ profeta, ma anche scienziato, astrologo e osservatore della natura che dal 1762 ha cominciato a pubblicare anno dopo anno una specie di abbecedario ad uso e consumo degli agricoltori. Insegnava e spiegava il lavoro del contadino al contadino. Forniva teoria e pratica per la preparazione dei terreni, la scelta delle sementi, l’osservazione della luna e del tempo per le varie seminagioni, la coltura, il trattamento delle piante, del raccolto e della conservazione dei cibi. In tempi di analfabetismo quasi generale, quella per loro era l’unica lettura, che però valeva un trattato. Generazioni di contadini sui quei “testi” hanno studiato e da lì hanno imparato a trarre maggiore profitto dal loro duro lavoro.
Dal lavoro dei campi all’astrologia

La vita di Barbanera è tutta in una nebulosa, di certo si sa che era originario di Foligno e che le sue pubblicazioni si erano moltiplicate, e a fianco a quella – fondamentale – sul lavoro dei campi ne erano nate altre che andavano parlavano di astrologia, di filosofia pratica, di proverbi… di fatto ogni campo dello scibile nelle sue pubblicazioni veniva citato. Su una delle sue prime edizioni c’era una strofa in metrica che diceva: “Il sol, la luna ed ogni sfera or misura Barbanera, per poter altrui predire, tutto quel che ha da venire”. Insomma: un successone, al punto che aveva subito un’infinità di imitazioni, nate qua e là nella Penisola, ma anche all’estero. Per la sua pubblicazione originale poteva valere quel che scrive ancora oggi la Settimana enigmistica: “La rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazioni”.
Il “marchio” Barbanera giunto sino a noi

Il lunario entrava praticamente in ogni famiglia che lo appendeva in cucina o nella stalla, dove peraltro si viveva nei lunghi mesi invernali, e veniva quotidianamente consultato per sapere le fasi lunari, ma anche per i santi del giorno e per i suggerimenti proverbiali. Dall’iniziale foglio unico, i “Barbanera” divennero opuscoli, libretti, volumi… E non entravano più solo nelle case umili; anche personaggi di censo e di cultura lo appendevano nelle loro case. Prova ne è che la copia che la Fondazione Barbanera considera giustamente un’icona era stata dell’architetto Giuseppe Piermarini, nato per l’appunto a Foligno nel 1734. L’almanacco, poi ha avuto una tal fortuna che persino l’Immaginifico Gabriele d’Annunzio diceva di averlo sul suo comodino perché in quel libro “s’aduna il fiore dei tempi e la saggezza delle nazioni”. Ora quel fior dei tempi e saggezza delle nazioni lo coltiva un editore che con coraggio e sapienza continua e incrementa quella tradizione sapienziale del Barbanera. Si tratta dell’Editoriale Campi che ha preso sede a Spello, a un tiro di schioppo da Foligno.