Il mio primo soggiorno in Thailandia, nel luglio del 1994, ebbe inizio con la deliziosa isola di Koh Samui, a Sud-Est del Paese: protesa nel mare della Cina, dispone di un entroterra di foreste pluviali e di una rigogliosa vegetazione. Appena vi giunsi, l’impressione immediata fu quella di trovarmi nel bel mezzo della giungla: vi era una pista di atterraggio degli aerei a vista, di soli 5 Km di lunghezza, e l’aeroporto, immerso in un giardino tropicale, era costituito da due strutture a forma di capanna, una per gli arrivi e l’altra per le partenze!
Si trattava di un aeroporto di gestione privata, come del resto anche l’unica compagnia aerea che vi giungeva: la Bangkok Airways, che, grazie ai suoi veivoli Atr 72 da 50 passeggeri, collegava l’isola alla capitale con cinque voli giornalieri da 50 minuti di tragitto. Il mio compito era di seguire le prenotazioni e i trasferimenti dei clienti, effettuare, in base ai telex ricevuti, il controllo dei contratti con gli hotel, gestire le eventuali estensioni di soggiorno, stipulare in alcuni casi nuovi contratti, prenotare le escursioni sia dei clienti che ne avevano fatto richiesta in Italia, sia di quanti decidevano in loco di aggiungere ai propri pacchetti ulteriori visite.
Inoltre, svolgevo anche la funzione di controllo della qualità dei servizi generali offerti dall’operatore da me rappresentato tramite il corrispondente locale, Turismo Thai: quest’ultimo era un ottimo referente presente sul territorio, tanto che a esso si appoggiavano svariati rappresentanti dei vari tour operator d’Europa, e disponeva di uffici propri a Koh Samui, Phuket e Bangkok.
Già, Bangkok: la grande testa della Thailandia, con i suoi 13.000.000 di abitanti, il traffico infernale, i tassi di umidità elevatissimi e il dinamismo sfrenato… la prima volta che ci andai fu una notte, di passaggio. E da subito mi sembro’ una citta’ molto caotica. Il traffico dall’aeroporto per raggiungere il centro cittadino era di qualche ora in auto, nonostante non ci fossero da percorrere che 30 Km. Ricordo che chiesi a Enrico Aglietta, il responsabile, se per spostarsi usava l’elicottero: mi sorrise. Non sapevo che qualche mese più tardi sarebbe toccata a me quest’esperienza!
Insomma, appena vi giunsi mi chiesi come fosse possibile vivere in un simile contesto, che definire frenetico è poco; poi ebbi modo di capire che gli abitanti autoctoni ci riescono senza problemi grazie al loro profondo equilibrio interiore, tipicamente orientale: la teoria del mai pen rai, “non ti preoccupare”, e il caratteristico sabai sabai, “il benessere psicofisico”, consentono loro di affrontare con serenità le circostanze più stressanti. Inoltre, essi hanno una certa capacita’ di distacco, che permette loro di isolarsi dalle situazioni o le persone che non gradiscono; in particolare, non hanno alcuna empatia con gli stranieri, che considerano venali usurpatori e, quindi, tengono a una certa distanza, anche quando vivono e lavorano a stretto contatto con loro.
Al di la’ del caos, comunque, Bangkok e’ una citta’ di inestimabile pregio; ove sono presenti numerosi templi buddhisti di grande valore culturale (i più importanti sono il Wat Phra Kaew, il “tempio del Buddha di Smeraldo”, il Wat Pho, sede di una delle più importanti scuole di massaggio e della più grande collezione in Thailandia di immagini sacre, e il Wat Arun, detto “tempio dell’alba”, per gli incantevoli effetti cromatici), il Grande Palazzo Reale, fastoso complesso di splendidi edifici, varie università, l’Accademia di Belle Arti, il Museo e il Teatro Nazionali, numerosi mercati, tra cui il più caratteristico e’ senz’altro il Taling Chan, mercato galleggiante sul canale Chak Phra.
Bangkok e’ davvero una citta’ dalle mille sfaccettature: un cuore profondamente tradizionale e uno stile di vita da consumata metropoli occidentale. Una curiosità’ Bangkok e’ la citta’ che detiene il nome cerimoniale più lungo del mondo; nella traduzione italiana suona come: “La citta’ degli angeli, la grande citta’, la citta’ della gioia eterna, la citta’ impenetrabile del dio Indra, la magnifica capitale del mondo dotata di gemme preziose, la citta’ felice, che abbonda nel colossale Palazzo Reale, il quale e’ simile alla casa divina dove regnano gli dei reincarnati, una citta’ benedetta da Indra e costruita per Vishnukam”!
Ricordo che l’operatore per cui lavoravo, in fase di colloquio, si era assicurato che parlassi bene l’inglese, ma… paradossalmente erano gli operatori locali a non capirlo! Perfino il semplice alfabeto era diverso rispetto a quello che si usa in Occidente, al che non mi era possibile neppure fare lo spelling! Utilizzavano, infatti, l’alfabeto dell’aviazione statunitense appreso sul libretto della Thai Airways, per cui computavano: A = able, B = baker, C = charlie ecc. Cosi’ avevo dovuto memorizzare l’alfabeto secondo i loro parametri… già, ero io l’ospite nel paese ed era mio compito adattarmi!
Koh Samui una scelta di vita
Di quel periodo, ricordo con piacere Andrea Allemagna, direttore di Turismo Thai a Koh Samui, corrispondente locale presso il quale era sito il mio ufficio di Kuoni sull’isola; una persona molto equilibrata, che aveva fatto una precisa scelta di vita: si era sposato con una ragazza thailandese che insegnava italiano negli hotel e viveva con lei e il loro bimbo di due anni in una casetta immersa nella vegetazione in riva al mare, nella baia di Bophut, a Nord dell’isola… altro che vivere in Occidente! Ora Andrea vive in Cambogia, dove gestisce il suo tour operator. Anche il suo assistente, Luca, di origine svizzera, era un ragazzo molto gradevole; si trovava in Thailandia perché spronato dai suoi genitori, che da anni trascorrevano le vacanze a Koh Samui, a cercare lavoro in quel paradiso. A distanza di sette mesi, Luca era riuscito a trovare la casa che avrebbe soddisfatto le loro aspettative, e cosi’ nel settembre del 1994 si erano ritrovati finalmente insieme nell’isola.
Insomma, la presenza di queste simpatiche compagnie e la bellezza naturale del luogo contribuivano a rendere quest’esperienza cosi’ piacevole. I primi tempi, non avendo molti ospiti di cui occuparmi, trascorrevo gran parte del tempo a tradurre da altre lingue il materiale che reperivo di giorno in giorno, oltre che ad esplorare, studiare e fotografare ogni punto più nascosto dell’isola. Di solito, conducevo queste mie spedizioni con la motoretta ma, visto che disponeva della trazione anteriore, era facile, frenando sulla ghiaia, perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente a terra. Ricordo ancora la prima volta che accolsi i turisti in aeroporto con il braccio insanguinato; mi chiesero un po’ preoccupati: «perdoni la nostra curiosità, ma quest’isola e’ pericolosa?». Al che io risposi: «l’isola no, ma la moto si?!».
A differenza dei ritmi indiavolati della capitale, a Koh Samui tutto scorreva più lentamente. La vita era tranquilla, ai turisti veniva fin da subito riservata un’accoglienza calorosa sia da parte delle guide locali che dagli abitanti stessi. I residenti stranieri, in verità, erano relativamente pochi; alcuni gestivano ristoranti italiani e internazionali, altri dirigevano alberghi, infine vi erano gli assistenti turistici come me, inviati dai tour operator come interlocutori di quanti sceglievano di soggiornare nell’isola.
Tuttavia, durante la mia permanenza ebbi modo di stringere importanti amicizie. Innanzitutto, con Maria Triggiani, da circa dieci anni residente a Phuket, nel mare delle Andamane. Quando la conobbi suo padre, che ricopriva la posizione di Console Italiano Onorario, era da qualche mese mancato e per questo Maria stava pensando di rientrare in Italia insieme al fratello Arnaldo e alla madre. Certo, dopo dieci anni di assenza non sarebbe certo stato facile riadattarsi alla mentalità europea; la loro idea era di avvicinarsi alla loro patria poco alla volta, mentre l’altro fratello di Maria, che insegnava italiano alla radio, non aveva intenzione di lasciare il Paese.
Di recente ho rivisto Maria a Milano, con grande piacere, con non minore emozione; attualmente si occupa della commercializzazione in Europa di alcuni hotel del Sud-Est Asiatico. Un’altra persona alla quale mi affezionai molto e’ Federica Sakulsuwarn, come me rappresentante a Koh Samui di un tour operator; avendo la doppia nazionalità italo- thailandese (in quanto la madre, italiana, si era sposata con un ragazzo thailandese che studiava all’università di Torino), Federica viveva l’opportunità di lavorare nel suo paese natio con particolare curiosità ed entusiasmo. In seguito, lascio’ la Thailandia e attualmente opera presso l’ufficio di promozione turistica dell’Ente Nazionale del Turismo Italiano a Sydney; tuttavia, quell’esperienza rimase sempre nel suo cuore come un ricordo unico e speciale. Le ore trascorse insieme a lei erano particolarmente piacevoli.
Anche grazie al suo aiuto mi sforzavo di imparare il thailandese, verso il quale avevo già mosso i primi passi insieme a Maria. Si tratta di una lingua estremamente complessa, con un alfabeto di 76 lettere e cinque diversi toni; le parole, a seconda dell’intonazione con cui vengono pronunciate, acquistano un diverso significato: ad esempio nam (= acqua) possiede 32 significati e khao (= riso) ne possiede nove.
I significati delle parole, poi, mutano anche in base ai termini che vengono loro accostati: se si affianca a nam il termine som (= arancia), si ottiene namson, cioè aranciata; mentre se a nam si aggiunge ken (= duro), si avra’ namken, ovvero ghiaccio! Da qui si può capire la difficolta’ di una lingua tonale e cosi’ articolata; la semplicità sta nel fatto che i verbi sono sempre e solo coniugati all’infinito, gli aggettivi e i sostantivi non hanno né genere, né numero e gli articoli non esistono.
La mia curiosità, poi, mi aveva spinta fino a Koh Nang Yuan, uno dei luoghi a mio parere più belli del mondo: di fronte a Koh Tao, unicamente raggiungibile alle 9.00 del mattino, con rientro alle 16.00, e’ un’isola idilliaca, formata da tre spiagge bianche che si congiungono a stella, per convergere in una collinetta di colore verde smeraldo, in mezzo al mare cristallino.
Al tempo vi erano solo dieci bungalow prenotabili e null’altro. Solo pace armonia e incanto naturale. In seguito alle mie spedizioni, raccolsi immagini e informazioni che mi permisero di confezionare una guida esauriente sulle isole dell’arcipelago. Avendo strutturato io per prima la base operativa sull’isola, decisi di inviare copia della guida alle sedi di Milano e Zurigo di Kuoni. Nel frattempo, l’autunno aveva ormai fatto capolino e anche questa mia avventura stava per concludersi. Mi stavo giusto preparando al rientro in Italia quando, il 28 settembre, mi giunse un fax da Kuoni, il quale richiedeva la mia ulteriore collaborazione a Bangkok, in qualità di Resident Manager Thailandia e Indocina: dovevo sostituire Enrico Aglietta, che aveva deciso di spostarsi a Phuket, per allontanarsi dal traffico della metropoli; lasciava Krungtep (= la citta’ degli angeli) per una migliore qualità di vita, mare e aria pura. Ero da una parte sorpresa per una tale promozione e dall’altra dispiaciuta di dover comunicare ai miei genitori che ci saremmo potuti rivedere solo a distanza di qualche mese.
Tra l’altro, se avessi accettato l’incarico, avrei dovuto prima volare a Singapore per rinnovare il visto di soggiorno; infatti, ogni tre mesi, nonostante il permesso di lavoro, vigeva l’obbligo di uscire dal Paese, recarsi ad un’ambasciata thailandese, rinnovare il visto e rientrare. Se si incorreva in ritardi, veniva applicato un bollino rosso sul passaporto, e ogni giorno di ritardo veniva multato con il valore di 8.000 lire italiane… altro che Paese del terzo mondo!
Decisi di prendere carta e penna e scrivere un fax alla mia famiglia, in cui esposi tutta la situazione; ne segui’ in serata una telefonata di mio padre che mi diceva di non preoccuparmi né per lui, neé per mia madre, perché era giusto che in quel momento pensassi al mio futuro, e perché se io ero felice per questa opportunità, allora lo sarebbero stati anche loro. Non ebbi più dubbi. Confermai immediatamente la mia disponibilità e partii per Singapore.
Talvolta, partecipavo ad escursioni al parco nazionale marino di Ang Thong, arcipelago costituito da una quarantina isole immerse in un mare turchese, e aiutavo le guide ad esprimersi in italiano, francese e spagnolo; loro, per ricambiare, non permettevano che pagassi i fax e le telefonate in Italia. Iniziavo a conoscere bene quei luoghi. Un giorno mi giunse una richiesta dalla mia sede italiana: visitare le isole di Koh Phangan e Koh Tao, per stilare una relazione sulle eventuali strutture turistiche esistenti e sulle possibili immersioni subacquee.
Non esitai, e subito mi misi in viaggio. Koh Phangan e’ da sempre ritenuta “l’isola dei figli dei fiori”, poiché crescono rigogliose delle qualità di funghi allucinogeni, con i quali alcuni ristoranti proponevano delle magic omelettes; al tempo frequentata per lo più da hippies, l’isola e’ famosa per i Full Moon Party, le feste della luna piena, annoverate tra i più grandi beach party a livello mondiale. Molto interessante era anche la traversata della foresta che da Haad Rin conduceva a Thong Sala, capitale dell’isola, e si effettuava per mezzo di auto tipo jeep: vi si giungeva in 50 minuti, ad un costo irrisorio di 50 bath a persona (circa 3.500 lire di allora).
Koh Tao, invece, appariva molto tranquilla. Ad altre due ore e mezza di traversata da Koh Phangan, era – ed e’ tuttora – contraddistinta da splendide barriere coralline e da meravigliosi fondali, un vero paradiso per gli appassionati del mondo sottomarino. Al tempo nell’isola non esisteva una strada asfaltata, ma solo una strada sterrata che conduceva al Koh Tao Cottage, unica struttura alberghiera accettabile; per il resto, si potevano trovare alcuni bungalow spartani situati sul pontile d’attracco delle barche in arrivo da Koh Phangan e Koh Samui.
Vi erano anche alcuni ristoranti e varie scuole di immersioni. Ciò che mi stupiva maggiormente, pero’, era che alle 17.00 tutte le strutture venivano chiuse, come se si trattasse di un coprifuoco; in verità, l’isola era un mondo ancora piuttosto incontaminato, in cui la vita era scandita dai ritmi della natura, ove tutto si desta al mattino molto presto, per poi addormentarsi nelle prime ore della sera.