Della narrazione della gita messicana inventata dalla romana Konrad per scribi e agenti di viaggio scopro di essere giunto alla 4ª puntata. L’ultima, per fortuna del lettore, ma non esulti: continuando a piacermi il mondo proseguirò, si dios quiere, o se si preferisce in chà allah, a girarlo e a raccontarlo. E apro un breve inciso sulla romanità della citata Konrad e sulle vicende turistiche del Belpaese commentando che ’ai miei tempi’ quasi tutti i tour operator outgoing erano milanés mentre quelli della capitale gestivano il turismo incoming con la parte del leone spettante al Vaticano (ma ce n’era per tutti, io compreso: ricordo che a Roma, giovine tour leader, in un paio di accompagnamenti di stranieri cuccai qualche bella commissioncina dalla vendita di benedizioni papali).
Viaggiare col PC. Non è da tutti!
Adesso, invece, i facitori dei canonici viaggi all’estero (i cosiddetti “pacchetti” di servizi, alias package tours, un tempo detti anche à forfait) sono in gran parte romani mentre nel nord vendono frattaglie o se si preferisce spezzatini di viaggio (acchittati sul web, te pareva). Esistono infatti non pochi ricchi (beninteso i poveri posso capirli, i barboni danarosi, no) che per risparmiare sulle gite si confezionano la trasferta comprando l’aereo su un sito, l’albergo su un altro (‘punto’ it o org o com che sia) e infine zompano su un ulteriore sito et voilà, noleggiano l’auto e il viaggio è servito (li voglio vedere quando, di tal guisa, si caveranno i denti da soli).
Ma per mia fortuna grazie al Luca, maitre à inviter della Konrad e alle leggiadre Michela, Virgilio della gita, e Marina, che faceva le pierre, per trovarmi l’1 e il 2 novembre in un paio di cimiteri messicani non ho dovuto schiacciare alcun bottone del pc (nè saprei come farlo: ogni volta che accendo la luce continuo a urlare “miracolo!”).
Hit Parade di “Estreme Dimore”
Qui giunti, mi vedo il cortese lettore zompare davanti al desk top nell’apprendere che c’è financo chi partecipa (poco importa se sbafando o pagando) a viaggi organizzati aventi per mèta cimiteri messicani. Perché nel mondo (a parte Arlington, Washington D.C., ma quello è un parco con tombe, vabbè di Kennedy e dei Marines) di “cimiteri turistici” mi risulta esservene solo due: quello di Staglieno (un tempo, non so adesso, incluso nel sightseeing tour di Genova, ma solo perché la capitale ligure prima di ripittare via Balbi non aveva tante cose da mostrare) e, quello sì estremamente interessante, il parigino Père-Lachaise (ça va sans dire da me descritto in questo web magazine vocato ai Viaggi&Turismo). E invece proprio i cimiteri (beninteso visitati nel Dia de Muertos, ma anche nel resto dell’anno grazie alla presenza di fiori e vernici vivacemente colorate i cimiteri messicani risultano più “allegri” dei nostrani camposanti) hanno costituito la highlight, la motivazione principale della gita azteca.
Sorprese e “giochini” funebri
E quella che definirei una serena se non, quasi, allegra atmosfera funebre, non si limita ai cimiteri. Nelle stesse città, nella settimana precedente il 2 novembre, vivendo il tran tran della vita quotidiana hai conferma che il culto dei morti, il senso, il mistero della morte sono vissuti e interpretati dai messicani (nota bene, anch’essi di religione cattolica–apostolica–romana) mediante comportamenti e manifestazioni, non prive di humour sorprendendo chi arriva dal Belpaese. Non c’è negozio, ufficio, bancarella che non esponga scheletri e/o calaveras/teschi, in effigie o ritagliati da carta colorata, le vetrine esibiscono manichini “ridotti all’osso” indossanti camicie e pullover, nella terra di Zorro vedi un nero mantello e pensi ad Antonio Banderas, trattasi invece di un giovinastro che ha assunto le sembianze della Morte. Sai poi che allegria, ma ormai sei abituato, passare davanti a un ristorante e vedere il menu listato a lutto, dopodiché hai bisogno di uno stuzzicadenti e lo sollevi più facilmente grazie a un minioggettino sferico applicato su un’estremità, un miniteschio, pare ovvio.
Cenette al “chiar di tomba”
E a proposito di mangiare e bere, nella Noche de Muertos i cimiteri messicani più che un luogo di mestizia potrebbero sembrare un Cibi Cotti con pentole e vasellame non deposto sul tavolo bensì sulla tomba dei loro Cari. Dopodiché, in un irreale silenzio notturno, tra precaria illuminazione e falò, all’addiaccio in un clima non mite causa altitudine, si mangia tutti insieme, familiari, amici, e defunto (e ho visto qualche tomba su cui veniva lasciato qualche avanzo, just in case). Che la vita – si diceva tempo fa dalle mie parti, adesso si usa meno – sia solo un “passaggio” – eppoi, se la morte è davvero tragedia, perché mai il “buon” dio l’ha riservata a tutti, buoni, cattivi e così così (riflessioni e meditazioni filosofico/religiose della mutua, il lettore non me ne voglia, ma visto che c’è gente che sta sentire Carlo Conti…?). Ad ogni buon conto, a proposito della Morte e di come la pensano i messicani a tale riguardo, chiarisco il mio punto di vista parafrasando J F Kennedy quindi esclamando “I’m a mexican”, “Yo soy mexicano”.
Tutto questo a Morelia, Michoacàn
Per la cronaca ecco i cimiteri visitati: durante el dia mi sono aggirato tra le festeggiate tombe del camposanto di Tzintzuntlan mentre ho compartido la noche in quello di Arocutìn con gli umili ma dignitosissimi campesinos a cena coi loro Scomparsi (per tavola la lastra tombale, se c’era, sennò la povera terra e va bene lo stesso). Ambedue le citate località distano una manciata di km da Patzcuaro, pre Cortès capitale dei Tarascos o Purèpechas adesso amena città sull’omonimo lago, nota mèta del turismo (in gran parte nazionale, talché la Posada de Don Vasco profuma ancora di messicano, evviva). Quanto descritto trovasi nello Stato del Michoacàn, la cui gran bella capitale, Morelia (più di 300 km a ovest di Messico DF) va visitata dal coscienzioso viaggiatore (che all’uopo si doterà di una delle solite guide in commercio, ormai più lardellate di letti e pasti da vendere che di intelligenti info culturali). Què tengan un buen viaje in Messico, beninteso al Dia de Muertos.
Post Scriptum: Ahh… ringraziamento (lo fanno in coda ai film, non vedo perché no alla fine di un articolo, gli è che tra gli scribi del Belpaese non si usa, se non raramente, così come è considerato sconcio – ma altrove si fa, ad esempio in Spagna – impegnarsi a scrivere quanto ammirato durante un viaggio compiuto da sbafante invitato)… e io ringrazio la Konrad, t. o. in Roma.
(23/01/2014)