In occasione della Bit (Borsa internazionale del turismo) vi avevamo presentato #svegliamuseo, il progetto nato con l’obiettivo di svegliare i musei italiani dal torpore che avvolge il loro rapporto con Internet e i social media. Oggi a distanza di un paio di mesi qualcuno sembra essersi svegliato. Il progetto comincia a essere conosciuto non solo nell’ambiente italiano ma anche in quello internazionale, tanto da meritarsi l’invito a Museums and the Web 2014, conferenza annuale che ospita esempi innovativi di ricerca e applicazione digitale al patrimonio naturale, culturale e scientifico. Dall’1 al 5 aprile, una delegazione del team di #svegliamuseo si è così recata a Baltimora, dove ha potuto presentare il progetto nostrano a un pubblico internazionale. Per i nostri lettori abbiamo deciso di contattare Francesca De Gottardo, fondatrice del progetto, e Valeria Gasparotti, che insieme a lei era presente a Museums and the Web, per capire qualcosa di più sullo stato attuale dei musei italiani e della loro predisposizione verso i social media e la rete.
Il modello Usa fa scuola
Allo stato attuale, non siamo ancora a livello degli Stati Uniti dove i social media sono ampiamente utilizzati nella loro quotidianità anche dalle istituzioni. In Italia, i nuovi mezzi di comunicazione digitale rientrano ancora nell’insieme delle novità e come tali sono avvolti da un alone di mistero e diffidenza. La sveglia è suonata, ma non basta aprire gli occhi. Bisogna alzarsi dal letto affinché si sviluppi un orientamento al cambiamento più generale, dove il nuovo, in questo caso la comunicazione digitale, non sia visto più con diffidenza e mistero, ma venga percepito come strumento intelligente per migliorare le istituzioni, i musei italiani e il loro rapporto con il pubblico.
(30/04/2014)
Un nuovo modo di vedere il museo
Un altro elemento sul quale oggi bisogna insistere è il superamento dello stereotipo del museo e della mostra come luogo chiuso, spazio d’élite e destinato solamente a un momento di fruizione culturale. I centri commerciali, il cinema e il parco divertimenti sono ormai concorrenti dei musei, i quali devono cercare di adattarsi a una nuova filosofia di mercato.
Mostre ed esposizioni devono sforzarsi di offrire un’esperienza concreta, a 360 gradi, dove il momento della fruizione dell’opera si accompagni a una serie di servizi, di attività educative e sociali che rendano l’esperienza memorabile. Anche in questo caso, le difficoltà non mancano. “Ci riferiamo a questi concetti perché ci è capitato di percepire nel settore una sorta di protezionismo verso le proprie attività che rende le istituzioni profondamente chiuse – spiega Francesca – mentre nell’attuale situazione economica ha molto più senso fare rete, collaborare, essere aperti a nuovi modelli di affari e imparare l’uno dell’altro piuttosto che cercare di avere il primato”.
Affinché i musei possano mettersi in gioco con questi nuovi concorrenti, dunque, non occorre solamente che si “sveglino” a livello di utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione digitale ma che ne adottino anche le logiche tipiche. I social network sono una rete di scambio di contenuti e informazioni, dove la parola chiave è “condivisione”: senza questa verrebbe meno l’elemento cardine che ne permette e alimenta l’esistenza.