Penso, anzi sono quasi certo, che per molti, che di geografia non possiedono altro che la cosiddetta infarinatura, l’Uruguay se proprio non corrisponde al manzoniano Carneade quantomeno costituisca un posto mica tanto noto (vabbè, qualcuno commenterà che è sito nell’America del sud, ma è un po’ pochino). E fosse solo per la latina regoletta che recita Ubi Maior minor cessat… posso anche capire questa imperfetta conoscenza. La minuscola Republica Oriental del Uruguay (poco più di metà dell’Italia con solo 3 milioni e mezzo di abitanti, tra cui tantissimi calciatori, e spiegherò anche questo) è infatti geograficamente inserita tra i due colossi del cono sudamericano, il Brasile e l’Argentina, una posizione che (proseguo con le massime e cito il vaso di coccio…) ha decisamente penalizzato il Paese; basta analizzarne le vicende storiche. Per quasi due secoli questa piatta (alcuni rilievi a ovest lungo il Rio Uruguay) terra degli indios Charruas fu infatti appetita dai due grandi imperi iberici, lo spagnolo e il portoghese, e non rara (tra due litiganti …..) fu la presenza della potenza marinara britannica sul Rio de la Plata.
Radici e ‘ospitalità’ massoniche
Nell’Uruguay sono stato alcune volte, ma, ahimè (rattrista dirlo, ma da un po’ di tempo nel Belpaese contano solo il potere e i danèe, sennò sei un povero pirla qualsiasi, e a me, visto l’andazzo, secca morire pirla) non perché appartenente alla agognatissima (da tanti italiani che non lo dicono ma avrebbero ambito, eccome, farne parte!) Loggia massonica P2. Quella celeberrima confraternita creata dal Venerabile Maestro Licio Gelli, che (breve inciso: campa tuttora, 95enne, costringendo i giornali a tenerne il coccodrillo nel cassetto) non fidandosi di quei chiacchieroni dei suoi conterranei toscani pensò bene di sistemarne il quartier generale a Montevideo (laddove, come peraltro in tutto il sud America spagnolo, la Massoneria era di casa dai primi dell’800, proveniente dall’Europa dei Lumi).
Trascorsi storici a puntate
Più semplicemente (e meno misteriosamente) frequento l’Uruguay in quanto arruolato in una paciosa non meno che sprovveduta (per certo non massonica e nemmeno segreta, ancorché gli appartenenti non siano noti nemmeno al suo fondatore, ma accade solo per suo disordine mentale) asociaciòn di periodistas latinos de turismo, a pochi intimi nota come Vision (confidenza per confidenza, caro lettore, guarda tu cosa non si fa per girare il mondo).
E dell’Uruguay mi accingo a descrivere in tre puntate i trascorsi storici, le località più o meno già note (e dedicherò maggiori dettagli alla storica epperò poco nota Colonia del Sacramento, sul Rio de la Plata, un posto che mi è davvero piaciuto) e le curiose vicende con doppia valenza, economica e sportiva, della diaspora di tantissimi giocatori uruguagi nell’ormai globalizzato pianeta del Foot Ball.