Nella precedente e prima chiacchierata ho spiegato perché da sempre l’Uruguay mi ha intrigato – fino ad andarvi più volte – quel Paese quasi carneade (se quasi tutti sanno cos’è e dov’è, molti meno ne conoscono qualcosa di più) che curiosamente risponde al nome di Republica Oriental del Uruguay (per le vicende storiche alle quali ho brevemente accennato). Le cui attrazioni turistiche (onestamente) non sono eccelse, non tanto per le modeste dimensioni (poco più di metà del Belpaese) quanto per una natura non entusiasmante. Il terreno è in gran parte piatto o collinare (e fanno pure vini accettabili), l’ideale per bucolici allevamenti e colture intensive, pochi entusiasmi per chi, dopo aver guidato tra i pascoli a vista d’occhio, visita città e cittadine abbastanza anonime. Se invece si parla di mare, la costa atlantica affacciata a sud, sul Rio (fiume) de la Plata (argento) – tanto grande che fiume non è, tant’è che il suo scopritore, Juan Diaz de Solìs, 1516, lo chiamò Mar Dulce – non invita a tuffarsi in quella sorta di limo giallastro proveniente da tre enormi fiumi. Ma lungo il Rio (oltre a Colonia, a cui riservo il Gran finale di queste note) vanno visitate alcune interessanti località.
Uruguay, Montevideo, sulle rive del Mar Dulce
Occorre almeno un giorno per conoscere la capitale, Montevideo (vi vive la metà degli uruguagi), può interessare una passeggiata nella storica zona del porto che ospitò i navigli comandati dall’ammiraglio Garibaldi e vanno ammirati edifici di inizio ‘900 Art Deco, Noveau, Liberty, a testimonianza del grande benessere goduto dall’Uruguay (ma quanto spesero, nel 1925, per erigere l’eclettico grattacielo, anzi, Palacio Salvo?!?). Tra Montevideo e Punta del Este (fine del Rio de la Plata, lo dice anche il nome) breve stop a Piriàpolis, una curiosa (acqua del Rio più ‘umana’, siamo a circa 100 chilometri da Montevideo, il Rio si è aperto) voluta a fine ‘800 da Francesco Piria. Un uruguagio figlio di italiani (nel Paese gli oriundi sono circa il 40%) che per la costruzione di questo centro balneare ‘copiò’ Diano Marina (!), ancorché la cittadina ligure non possa vantare un enorme (1200 letti) non meno che bello (e tuttora elegante) “Hotel de los Argentinos” (da cui si evince che bel turismo, numeroso e ricco, vigeva da quelle parti nella prima metà del ‘900) né un castello in collina dal quale Piria controllava la vendita degli lotti di terreno che tuttora si ammirano in un suo progetto di urbanizzazione (nei primi anni del ‘900, un palazzinaro ante litteram dove meno te lo aspetti).
Punta del Este: case, casoni e vacanzieri di lusso
E a pochi chilometri da Piriapolis ecco Punta del Este, località balneare ‘sudamericana’ (in cui, mi informano, e ci credo, non mancano parecchi vacanzieri italici che mollano il nostrano inverno per il sole australe). Località balneare ‘sudamericana’, perché, oltre, ovviamente, ai ricchi uruguagi e ai ricchi, confinanti, argentini, a Punta del Este convergono tutti i ricchi del resto del sud America (oltretutto lungo la costa del Pacifico meridionale chi zompa in acqua ‘barbella’ <trema> dal freddo per la corrente di Humboldt). Tanti ricchi sciur, quindi, perché, come si sa, nel sud America ogni tot pover crist c’è uno con la pasta, el dinero, i danée (e siccome i poveri abbondano…). Ma com’è Punta del Este? E diplomaticamente rispondo come si usa al Foreign Office: No comment . O se si preferisce (e preciso che vi sono stato in bassa stagione) commento la località con un mah: case, casine, casoni, casinò, né potrà mancare qualche casino, ma, francamente, suggerirei al lettore che c’è di meglio.
Verso il Brasile, dune in riva al mare
Sempre a proposito di mare, più attraente in Uruguay – grazie all’assenza di obbrobri umani e alla presenza di panorami selvaggioni – è invece la costa che verticalmente punta a nord fino al Brasile (laddove nello stato del Rio Grande do Sul diventa la spiaggia più lunga del mondo, si chiama Cassino e si estende per 200 e più chilometri, mah). E se la spiaggia de La Paloma (località senza pretese, alberghi così così) può andare bene per una dignitosa semplicità (più chic la adiacente La Pedrera), Cabo Polonio vale bene una visita, per un ensemble di motivazioni che spaziano dalla bellezza di una spiaggia ricca di dune, massi curiosamente levigati dal vento, un accidentato entroterra visitato su autocarri todoterreno, una pacifica colonia di hippies (con abitazioni rustiche il giusto) ed esotici paesaggi marini popolati da foche.
Dove il Rio Plata ritorna melmoso, ecco Colonia, sito Unesco
Ma, da tempo, dell’Uruguay (beninteso oltre a Montevideo) desideravo conoscere Colonia (del Sacramento), dal 1995 Patrimonio dell’Umanità , una sorta di patacca turistica deluxe che solitamente l’Unesco non concede spensieratamente (diciamo che equivale la definizione highlight, o al must, un dovere, abbinate dagli yankees ai posti da vedere). Oltretutto il successo turistico di Colonia è favorito dalla vicinanza a quell’enorme bacino di utenza che è Buenos Aires (un’ora di traghetto, mentre da Montevideo se tarda due ore e mezza in bus). Due le chicche di Colonia intriganti il visitatore.
Tour nel Casco Historico
Il Casco Historico, assai ben conservato, con edifici storici risalenti all’epoca della fondazione (fine ‘600) da parte dell’Impero portoghese e alla successiva occupazione spagnola (fino ai primi dell’800). E sempre sul Rio de la Plata, poco distante dalla zona storica di Colonia del Sacramento, El Real de San Carlos, laddove agli inizi del XX° secolo (come già più volte accennato, su questo Rio di Plata, che in spagnolo oltre che argento vuole dire dinero, ne doveva girare davvero tanta) un empresario naviero di nome Nicolàs Mihanovic pensò bene di costruire (e a ciò si aggiunse un ecologico ippodromo tuttora operante) un lungo molo, una centrale elettrica, un casinò, un hotel de lujo, un Frontòn (per giocarvi la Pelota Vasca!!) e financo (udite udite) una Plaza de Toros (quando quasi tutti sanno che in Uruguay e in Argentina di corride non si parlò nemmeno quando i due Paesi appartenevano al Imperio Español!!!). Olè!
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