Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Gita a Zagabria e Abbazia

Nell’articolo della scorsa settimana “Io, Marko Polo e la Croazia” avevo narrato i prodromi di una trasferta automobilistica in Croazia tra le brume di dicembre, per ricevere un premio giornalistico. Viaggio in auto da Milano a Zagabria e Opatija/Abbazia di poco meno di 2000 km

Zagabria, centro storico
Zagabria, centro storico

Milano dista da Zagabria, storica capitale della Croazia, poco meno 650 km, una distanza – trattandosi di percorso precipuamente autostradale – non impossibile, anche se affrontata a bordo di un’auto utile, nel senso di utilitaria, C3, notoriamente posseduta dai non (molto) abbienti. Va però precisato che ho anche dovuto affrontare incombenze e piaceri, oltre alle difficoltà che si incontrano tra Milano e Trieste e passo a segnalare. Fino a Bergamo traffico à gogo di ogni tipo, un gran casino, né la nuova BreBeMi risolverà molto in quanto carissima e di non facile accessibilità. E tra Venezia e Trieste, in prevalenza su due corsie e con lavori in corso datati almeno qualche lustro, se ci finisci nelle ore sbagliate ti ritrovi incasinato in un eterno traffico di bus di badanti e autocarri in arrivo dall’est Europa e destinati in Italia e al resto del sudovest europeo, Francia, Spagna e Portogallo, isole comprese. E schivare un bestiùn su 16 ruote che un camionista slovacco ti sterza d’improvviso davanti, dopodiché pagare pure un rapinante pedaggio, beh, concorderà il solidale lettore, sono cose che ti fanno incazzare, oltre a sfiancarti.
Quanto alle citate  incombenze e piaceri lungo strada mi riferisco al pick up (parola turistica english per designare accoglienza e trasporto di gente in arrivo) all’aeroporto di Venezia/Tessera del presidente (con signora) degli scribi turistici mondiali (il tunisino Tijani Haddad, ovviamente diverremo amici e spiegherò pure il perché) e di lì portarlo a Zagabria.

Sosta al “Vecio Mulin” di Gradisca di Isonzo

Bricks à l’oeuf et au thon
Bricks à l’oeuf et au thon

Ma, ecco il piacere, con stop, ormai per me quasi un rito, dalle parti del Carso, al “Vecio Mulin” di Gradisca di Isonzo, balda osteria che più mitteleuropea di così non si può (quindi per me absburgica, p.f. con 2 b, come giustamente scrive Claudio Magris). E a tavola si gettano le basi di una salda amicizia intercontinentale che definirei non solo professionale ma pure gastronomica. A Haddad – lodantemi per la simpatica non meno che imprevista sosta mangereccia che gli fa gustare un saporito prosciutto cotto con il Kren /rafano grattugiato – notifico che anche a Tunisi me la cavo benino nel trovare validi posti dove mangiare. E cito (con suo immediato cenno d’assenso) il ristorante M’Rabèt, di cui ricordo un eccelso Piccione farcito alle olive e nonché i (ben più facili ad ammannirsi) Bricks à l’oeuf et au thon. Più difficile, invece, a reperirsi, nei ristoranti tunisini la magnifica Grappa (ça va sans dire casareccia) sigillante il rifocillante pasto carsico. Si prosegue il trasferimento lasciando il “Vecio Mulin” e visto quanto vi si degusta, e l’arredamento, sento già le prime note – manca solo meno di un mese – della straussiana, a me cara, Marcia di Radetzky (che ogni 1° dell’anno ascolto devotamente, battendo ritmicamente le mani, in diretta dalla tivù spagnola dopo che la Rai tivù ‘la dà’ solo in differita per motivi che spero non siano sciovinistico-rinascimentali).

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La marcia (ahimè non di Radetzky bensì della mia balda C3, con a bordo cotanto Vip, almeno per gli scribi turistici mondiali) prosegue quasi velocemente attraverso la Slovenia, al ritorno comprerò prosciutto, pancette e coppe, lavorano il maiale davvero bene, e per ora mi limito all’acquisto della vignetta richiesta per le strade principali (7 euro e 50, valida una settimana, quindi anche al ritorno, la spending review mi dà l’ok).

Zagabria, accoglienza da vip

Esplanade, Zagabria
Esplanade, Zagabria

All’arrivo a Zagabria scendo (termine antan gettonatissimo per dire che uno andava in un certo albergo, mi sembra che adesso non si usi più) all’Esplanade, davvero un Luxury Hotel e nonché Superchic, roba che se dovessi pagarlo io potrei risiedervi non più di 15, massimo 20 minuti. Ma per fortuna il mio arrivo all’Esplanade coincide con una sorta di gemellaggio (o se si preferisce partnership) dell’hotel con la Fijet ed essendo io tra i premiati da questa balda federazione ecco che un paio di notti (nonché altrettanti breakfast da film hollywoodiani, e c’era pure il salame ungherese) ci scappano fuori.

Mancavo da Zagabria da parecchio tempo (da quando, studente accompagnatore di viaggi nella Jugoslavia titina, sentendo dire che le ragazze ci stavano mediante il regalino di un paio di calze colà introvabili e quindi appetitissime, ne comprai svariati paia all’Upim di Trieste salvo poi scoprire che nella capitale croata non solo esistevano ma costavano pure meno che in Italia…). Pertanto, in considerazione dei lustri trascorsi, eccomi a dover rivisitare la città. La cui descrizione (con commenti) sarà mia cura notificare al lettore alla prossima puntata di giovedì 5 febbraio.

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Articolo 1: Io, Marco Polo e la Croazia
Articolo 3: Zagabria, una città a misura d’uomo
Articolo 4: Croazia, le bellezze di Abbazia

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