Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Australia, un paese bruciato dal sole

Una lettura certamente particolare dell’isola più estesa del mondo che è un continente e una nazione: l’Australia. Bill Bryson, autore di “Un paese bruciato dal sole” edito da Tea, narra con partecipazione emotiva e curiosa ironia aspetti e forme di vita particolari di questa nazione nata come una prigione

Grande Barriera corallina, Australia
Grande Barriera corallina, Australia

L’Australia è la sesta nazione più grande del mondo e la sua isola più estesa. È l’unica isola a essere anche un continente, e l’unico continente a essere anche una nazione. È stato il primo, e ultimo, continente a essere conquistato dal mare. L’unica nazione nata come prigione.
È la casa della più grande cosa vivente esistente sulla terra, la Grande Barriera Corallina, e del più famoso e stupefacente monolito, l’Ayers Rock (o Uluru per usare quello che è oggi il suo nome ufficiale, rispettoso della tradizione aborigena). Un posto dove si trovano più creature letali che in qualunque altra parte del mondo. I dieci serpenti più velenosi del mondo sono tutti australiani. Cinque delle sue creature – ragno dei cunicoli, medusa a scatola, blue-ringed octcpus, zecca ixodet bolocydus, pesce pietra – sono le più letali del loro tipo nel mondo. Questo è un paese dove anche il più tenero dei bruchi può stendervi con un pizzico tossico, dove le conchiglie non solo vi pungeranno ma talvolta vi punteranno. Raccogliete un innocuo cono su una spiaggia del Queensland, seguendo l’impulso che in genere sentono anche i turisti innocenti, e scoprirete che il piccolino che ci abita non è soltanto sorprendentemente lesto e irritabile, ma insolitamente velenoso. Se non siete stati punti o infilzati a morte in qualche maniera inattesa, potreste sempre finire fatalmente masticati da squali o coccodrilli, o trascinati controvoglia in mare aperto da correnti irresistibili, o lasciati a barcollare verso una morte infelice nel rorido entroterra. È un posto duro.

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Cover 'Un paese bruciato dal sole' di Bill Bryson, ©Tea Editore, 366 pag, 10€
Cover ‘Un paese bruciato dal sole’ di Bill Bryson, ©Tea Editore, 366 pag, 10€

È vecchio. Per sessanta milioni di anni, dopo la formazione della Great Dividing  Range, l’Australia è stata quasi in silenzio dal punto di vista geologico, cosa, questa, che le ha permesso di conservare molte delle cose più remote mai trovate sulla terra: le rocce e i fossili più antichi, le prime tracce di animali e di corsi d’acqua, i primi deboli segnali della vita stessa. A un certo punto indeterminato della grande immensità del suo passato forse quarantacinquemila anni fa, forse sessantamila, ma certo prima che comparissero i moderni umani nelle Americhe o in Europa – venne invasa in tutta tranquillità da un popolo che con un eufemismo si potrebbe definire imperscrutabile, gli aborigeni, che non ha alcuna chiara, evidente affinità con i suoi vicini nella regione, e la cui presenza in Australia può essere spiegata solo presupponendo che abbia inventato e governato imbarcazioni d’altura con almeno trentamila anni di anticipo su chiunque altro al fine di intraprendere un esodo, per poi dimenticare o abbandonare quasi tutto quello che aveva imparato e preoccuparsi ancora solo in modo marginale del mare aperto.
Si tratta di un’impresa così singolare e straordinaria, così difficile da analizzare, che la maggior parte dei libri di storia preferisce liquidarla in uno o due paragrafi, e poi spostarsi alla seconda, più comprensibile invasione: quella che ha inizio con l’arrivo del capitano James Cook e della sua intrepida HMS Endeavour, nella Botany Bay nel 1770. Non ha nessuna importanza che all’epoca della sua visita il capitano Cook non abbia scoperto l’Australia e a dirla tutta non fosse nemmeno capitano. Per la maggior parte della gente, compresa più della metà degli australiani, è anche comincia la storia.
Il mondo che quei primi inglesi scoprirono era notoriamente rovesciato – le stagioni andavano al contrario, le sue costellazioni si presentavano a testa in giù – e diverso da tutto quello che avevano visto prima, anche nelle vicine latitudini del Pacifico.

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Uluru, Australia
Uluru, Australia

Le sue creature sembravano essersi evolute come se avessero letto male il manuale delle istruzioni. La più caratteristica di tutte non correva né camminava a grandi passi né galoppava, ma rimbalzava attraverso il paesaggio, come una palla. II continente brulicava di vite improbabili. Ci si trovava un pesce che poteva arrampicarsi sugli alberi; una volpe che volava (in realtà era un pipistrello enorme); crostacei così grandi che un adulto poteva arrampicarsi sopra il loro guscio.
In breve, non esisteva al mondo un posto simile a quello. E non esiste tuttora. L’ottanta per cento di ciò che vive in Australia, piante e animali, non si trova da nessun’altra parte. Per di più, si manifesta con un’abbondanza tale che appare incompatibile con l’asprezza dell’ambiente.
L’Australia è il più secco, piatto, caldo, arido, sterile e climaticamente aggressivo di tutti i continenti abitati. (Solo l’Antartide è più ostile alla vita.) È un posto così inerte che persino il suolo è, tecnicamente parlando, un fossile. Eppure brulica di innumerevoli vite. Solo considerando gli insetti, gli scienziati non hanno la più pallida idea se il totale delle specie sia centomila o il doppio della cifra. Almeno un terzo di quelle specie rimane del tutto sconosciuto alla scienza. Per i ragni, la percentuale sale all’ottanta per cento.
Cito gli insetti in particolare perché ho una storia su un piccolo della famiglia chiamato Nothomyrmecia  macrops che credo illustri alla perfezione, sia pure con qualche obliquità, che rezza di pasce eccezionale sia questo. È un racconto un pizzico intricato ma di quelli buoni, per cui sopportatemi, e grazie.

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