Mercoledì 30 Ottobre 2024 - Anno XXII

Vietnam: a sud nell’acquatica terra del Mekong

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Il Vietnam è un paese dalle grandi potenzialità. Il nostro viaggio ci ha portato lungo il delta del Mekong. Interessante escursione anfibia al Ca Rang floating market, il mercato galleggiante, per concludersi a Ho Chi Minh City

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Phu Quoc Island

Nelle due precedenti puntate … ho narrato …. perché, dopo ben 34 anni, sono tornato nel Vietnam (gentilmente invitato dal Turismo di Hanoi a una gita anzi famtrip, grazie) … come ho viaggiato (via Parigi con Vietnam Airlines – che da ottobre opererà con il A350 – e per di più udite udite mi hanno messo in business, altro grazie) … perché un viaggio nel Vietnam provoca differenti sensazioni in un giovane o in un vecchio scrivano di viaggi & turismo (la nota guerra finita 40 anni fa generò movimenti d’opinione oltremisura) … e infine ho descritto l’isola Phu Quoc, destinata, mediante grossi investimenti, vedi un quasi faraonico aeroporto, a divenire importante resort balneare (mi informa Pham Cong Dung, press officer del Turismo vietnamita e accompagnatore della nostra gita).

Can Tho, l’area del Mekong
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L’area del Mekong

Da Phu Quoc volo, mezzoretta, a Can Tho (1.200.000 abitanti, 5^ città del Vietnam) nel cuore – se mai si può determinare un punto di riferimento in tanta vastità – del delta del Mekong. Un bestiùn di fiume, 4350 km (quasi 7 volte il Po), nasce nel Tibet e crea un bacino di quasi 800.000 kmq interessante 6 Paesi del sudest asiatico. Atterrato, dopo aver ammirato un ulteriore aeroporto assai moderno (senza rancor milanès, ma avete visto com’è ridotto Fiumicino oltretutto più infiammabile di un cerino?) scendo – termine ormai in disuso relativo alla sistemazione alberghiera – al 4**** Fortuneland  e comincio un sightseeing tour che mi abiliterà a descrivere al cortese lettore questa “acquatica” terra dell’estremo sud del Vietnam (poco distante, la Cambogia).
Can Tho e l’area del Mekong (in cui, per chiarezza ed evitare confusione, non è compresa HCMC, bagnata da un suo fiume, il Saigon) vanno assolutamente conosciute da chi programma un viaggio nel Vietnam.

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Mercato galleggiante, pagode, tempio della religione Cao Dai
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Can Tho, mercato galleggiante

La highlite (o highlight in versione british) direbbero quegli Yankees che qui combatterono una fottuta guerra “marittima” su motonavi armate fino ai denti ma perenne bersaglio dei Vietcong acquattati sulle rive, la massima attrazione della visita – dicevo – è costituita dall’escursione anfibia al Ca Rang floating market. Un mercato galleggiante che (tanto per non perdere la pessima abitudine di ricorrere a paragoni) vale assai più di quello, arcinoto, di Bangkok. Il plus: dopo una interessante navigazione si sbarca per assistere alla divertente vendita di un’infinità di prodotti mangerecci, evviva il delta del Mekong, capace di sfamare milioni di bocche, massime col riso (e penso alla differenza di coltivazione, meno quantità più qualità, nel bacino del nostro Po).
Oltre al già lodato mercato, e prima di procedere per HCMC (a meno di 200 km, lungo strada una minicrociera in barca sul Mekong, con lunch su una lussureggiante isola, Ben Tre, tra piante acquatiche à gogo), Can Tho e dintorni propongono un paio di belle pagode, a Binh Thuy una storica (1870) non meno che assai ben arredata casa coloniale (e poco importa, ma la guida enfatizza, se costituì la location del film “L’Amante”) e, last but not least, un tempio, della religione Cao Dai, che più intrigante di così non si può. E visitando questo luogo di culto vengo a sapere che (dal 1926) esiste un nuovo Credo, appunto il Cao Dai, una sorta di mix up, o se si preferisce frullato di religioni, cristianesimo, buddismo e confucianesimo (mi avvicino a un quadro appeso alla parete e tra i santi o patriarchi, o quel che l’è, vedo dipinto pure Victor Hugo, mah). E meno ieratico, ma più pratico, la strada verso HCMC è composta da un lunghissimo ponte davvero splendido esempio di ingegneria (bravi gli australiani).

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Ultima tappa Ho Chi Minh City
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Saigon, Palazzo delle Poste

La gita sta per concludersi, rieccoci (ma, si era in transito, ne avevamo conosciuto soltanto l’aeroporto) a HCMC. E prima di procedere alla conoscenza dell’ex Saigon provvedo a lasciare la valigia in una camera del 4**** Palace (hotel ok, gran bella posizione, sulla avenida principale delimitata dal fiume e dal Municipio). Un bagaglio ormai pesantuccio non meno che – si fa per dire – in un certo senso profumato: a Phu Quoc mediante congruo shopping sono entrato in possesso di calamari essiccati, tanti bei gamberetti disidratati e alcune acciughe custodite in una esotica salsa che – nonostante un’attenta confezione isolante – può cominciare a lasciare perplesso chi possiede attente narici.
A Saigon, pardòn HCMC, si è ovviamente proceduto alla visita dei monumenti, leggasi la cattedrale, il già citato Municipio, le Poste (un edificio che più francese di così non si può, sembra di essere a Marseille), l’Opera, il museo della Guerra (anzi, dei crimini di guerra), il palazzo della Riunificazione, a cui aggiungansi un paio di pagode e una sosta ad ammirare come si lavora la lacca (e per chi volge il naso in aria un grattacielo, con ampio balcone, davvero avveniristico). Trattasi quindi del canonico sightseeing tour, per farla breve, per le cui descrizioni (sai che noia) rinvio il lettore all’onnisapiente Google o in subordine ai dèpliants dei tour operators specializzati.
Perché quel che a me interessa narrare (e credo più interessi al lettore) di questa gita nel Vietnam è il grande sviluppo che da circa un ventennio sta esaltando questo Paese. L’ho già detto: attenti, europei, e soprattutto mi rivolgo ai mè amìs del Belpaese, perché – tempo pochi decenni – tra tecnologie tremendamente comuni a gran parte degli abitanti, voglia di lavorare e concretezza escludente i pugnetteschi blablabla che fottono la nostra vita di tutti i giorni, ‘sti asiatici, e segnatamente gli indocinesi che mi accingo a salutare, ce (anzi, sono ahimè matusa) ve lo metteranno (pardòn) in quel posto ….

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P.S. E che bello vedere i vietnamiti sempre sorridenti (quantomeno nelle tantissime occasioni in cui si è incrociava lo sguardo …): non sono per certo ricchi, eppure sorridono (mentre certa gente che conosco a Milano, danèe à gogo eppur sempre incazzata … mah, va a sapere il perché, o forse lo so ….).

Leggi le puntate precedenti:
1. “Vietnam: il futuro corre veloce
2. “Vietnam: modernità e bellezza di fronte alla costa cambogiana

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Giappone: tradizione, natura e spiritualità

Mumbai, dalla “porta” dell’India, al mare

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