E’ risaputo. Roma è uno scrigno nascosto. E’una città che conserva, ancora, tanti tesori nascosti, tutti da scoprire, da valorizzare, per questo non stupisce se continuano ad essere scoperte meraviglie archeologie, come la piramide rinvenuta, negli ultimi e più recenti giorni, da un conglomerato cementizio, alto circa venti metri. Appartiene sicuramente al cospetto dei tumuli degli Orazi, dal lato della Villa dei Quintili sull’Appia Antica, conosciuta come Regina Viarum, una vera e propria miniera di scoperte archeologiche, proprio per la sua importanza strategica, collegando l’antica Roma a Brundisium, il più importante porto per la Grecia e l’Oriente.
Qui gli studiosi hanno non solo individuato la piramide ma anche portato alla luce blocchi di marmo scolpiti con la rappresentazione di una sfinge, frammenti di statue riaffiorati dagli strati di terra ai piedi del mausoleo. Da chi fosse stata commissionata la realizzazione del monumento è però incerto, come sottolinea l’archeologo Riccardo Frontoni: “il monumento non ha restituito nei secoli fregi, né iscrizioni, né elementi architettonici che ci possano dire l’identità del suo proprietario committente”. Ora non ci resta di aspettare gli esiti della seconda piramide rinvenuta sull’Appia nelle ultime ore, così da arricchire il panorama degli influssi egizi nell’arte edilizia romana.
La correlazione alla prima piramide, la “Cestia” di Piazzale Ostiense è evidente, infatti, il parametro che ha identificato come ‘seconda’ la piramide dell’Appia Antica è legato sicuramente alle dimensioni. Appare così, chiarissima e compatta, dopo il restauro del 2011, quando l’imprenditore giapponese Yuzo Yag, in accordo con la Soprindendenza, elargì 1milione di euro per finanziarne i lavori. La Piramide Cestia, sorta fra il 18 ed il 12 a.C., è il simbolo di una Roma da sempre cosmopolita ma a differenza di quello che si potrebbe pensare, non fu trasportata a blocchi dall’Egitto, ma costruita a Roma, quando l’edilizia funeraria, in seguito alla conquista da parte di Augusto, si fece contaminare dagli influssi del paese delle piramidi. Caio Cestio, un epulone appartenente alla gens Publilia, in testamento comunicò agli eredi che avrebbero dovuto costruire il suo monumento funerario entro un anno dalla sua morte, altrimenti sarebbero stati diseredati.