Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Jaèn, meta meritevole dell’Andalusia “minore”

Jaen la-cattedrale sovrasta le abitazioni

Jaèn, città della Spagna nella regione autonoma dell’Andalusia, se si parla di panorami (specie gli immensi uliveti) di storia, monumenti e tradizioni non è seconda a nessuno. Considerata meta minore solo per rispetto alle più famose mete andaluse

jaen andalusia distesa di ulivi
Il paesaggio agricolo che circonda la città

Jaèn, Almeria e Huelva rientrano tra le mete turistiche minori dell’Andalusia, a differenza dei capoluoghi di provincia che non siano Siviglia, Cordoba e Granada, è difficile costituire una ‘figura’ (in gergo taurino essere conosciuto, famoso, distinguersi) dell’offerta turistica regionale. Bella forza: con quei tre mostri sacri del turismo mondiale non resta che accettare il diktat della celebre sentenza latina ‘Ubi major minor cessat’. E se Malaga e Cadice un certo spazio, un accettabile appeal turistico possono vantarlo, per la mediterranea Almeria, l’atlantica Huelva e la continentale Jaèn il problema di convincere il viaggiatore a visitarle non è tanto facile.

L’ulivo e l’olio qui sono ‘mondiali’

Ramoscello-d'ulivo

Un’esperienza che ho finalmente potuto godere grazie a un famtrip seguito al Euroal, il Salòn del Turismo di Torremolinos. Jaèn e provincia, dunque, che, parimenti alle già citate città andaluse, possiede pure lei un mare, ma in questo caso di ulivi; un infinito, sterminato ondeggiamento di verdi colline custodenti il 25% (alcuni dicono di più, e se è così, robb de matt) della produzione mondiale dell’olio-aceite (di cui Martos si vanta di essere la capitale). E sulla Faccenda Olio mi fermo qui, in quanto poco voglioso di provocare-litigare, stante l’isteronazionalismo, l’intolleranza dello sciovinista italiano se gli toccano l’olio (e fosse solo per celia gli fosse commentato che anche altrove ne esiste buono). Sulla sacralità della mamma, la verginità della sorella e l’esposizione del tricolore (ma solo se vincono gli Azzurri) qualche italiano può anche glissare. Ma sull’olio italiano (beninteso il più buono del mondo) meglio non discutere (e rischio già di grosso suggerendo ai talebani dell’olio italico di informarsi sulla provenienza delle olive e/o del prodotto finale acquistato nei nostrani supermercati).

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Jaèn, affascinante ‘cenerentola’ turistica

Jaen-costruzioni-lasciate-dal-passaggio-degli-arabi
Bagni arabi lasciati dai mori

Soprattutto Jaèn (le altre due capitali di provincia andaluse possiedono almeno il mare, e che belle le infinite spiagge sabbiose di Huelva e la frastagliata costa almeriense al Cabo de Gata) rischia di apparire come la cenerentola della Comunidad più vocata al turismo nel pianeta Spagna. E una visita andrebbe compiuta anche da quelle parti, alla faccia delle sirene attiranti in posti più celebri e di commenti altrui non entusiastici (consiglio difficile da seguire ma non scemo: viaggi, donne e ristoranti: mai fidarsi dei sentito dire derivanti dal gusto, dai sensi e del palato altrui, mica i nostri). Quanto allo scrivente, a Jaèn e provincia ero già stato (te pareva) parecchie volte. Ben tre in una sorta di pellegrinaggio taurino, a Linares, a commemorare il grande Manolete, che in quella ‘plaza’ fu mortalmente incornato dal Miura Islero alle 18,49 del 28 agosto 1947 (e io lì, nella fornace dei posti Sol, agostano, dopo aver mollato la morosa di turno nella piscina dell’arroccato, bel Parador di Jaèn). Ma distratto tra toros, catas-assaggi di olio e morose, nonostante molte presenze a Jaèn e dintorni non avevo mai compiuto una vera e propria full immersion, un attento sopralluogo in questa fetta di Andalusia meno nota.

Baeza e Ubeda, patrimonio dell’umanità

Iaen - Baeza citta medievale
Baeza, piazza rinascimentale

Torno pertanto a Jaèn e terre limitrofe, che ad ogni buon conto non propongono solo infiniti panorami di contorti tronchi, verdi ramoscelli e umili olive tra cui la Picual (faccio pure sfoggio di cultura agroalimentare: fa la parte del leone). La ‘ muy noble y muy leal Jaèn’ (prima araba col nome di Yyan, incrocio di carovane) mostra bei Bagni Arabi recentemente aperti (secondo quelli della ‘diputaciòn’ i più belli di Spagna, forse non hanno torto) e soprattutto la cattedrale, magnifica opera del Valdelvira, il vate dell’architettura rinascimentale andalusa. Eppoi si sale al già citato Parador de Santa Catalina, bella vista, accettabile ricostruzione medioevale, cucina curata. Ma il genio di Vandelvira va goduto appieno a Ubeda e Baeza, due incredibili località della provincia jiennense. E incredibili (nonché Patrimonio dell’Umanità) non è un’esagerazione, perché quando mai tra distese di olivares, in un punto dell’’Andalusia lontano dalla Grande storia e da ricchi traffici, ti aspetti di scoprire due cittadine adiacenti (meno di 10 km) ricche di tanti e tanti palazzi, sedi universitarie, chiese e monumenti rinascimentali (e a Ubeda è stata pure da poco scoperta una sinagoga)? Tanto per usare un luogo comune nel gergo turistico yankee, Baeza e Ubeda (e in quest’ultima il visitatore italiano potrà incontrare Andrea Pezzini, efficiente, come tutti i mantovani, capo di Artificis, servicios turisticos y culturales) sono un ‘must’, un obbligo visitarle per chi viaggia in Andalusia.

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Tra Sierre e Castillos

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Alcala la fortezza real

Dall’architettura alla natura, al Parque Natural de la Sierra de Cazorla; lì nasce il romano Betis o se si preferisce Guadalquivir, e nella cittadina che dà il nome all’immenso rifugio di animali a rischio estinzione riecco Valdelvira (ma con un mozzicone di chiesa spianata da un’alluvione, e ci credo: era stata costruita sopra un fiume). Alcalà la Real, infine, che non è uno dei tantissimi Castillos in quella terra de la Frontera che vide secoli di lotte tra Moros e Cristianos (fino alla caduta dell’arabo regno di Granada, 1492, a opera dei Reyes Catolicos). Ad Alcalà la Real si visita, con ammirazione, una vera e propria Fortaleza (città fortificata, naturalmente in egregia posizione strategica). Ci tiene a precisarlo Maria Eugenia Gil Barroso, brava ‘managera’ del Turismo locale. Da visitare; ne vale la pena.

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