Così, come si serve la Patria anche “facendo la guardia a un bidone di benzina” (tremenda vaccata che ti raccontavano antan nelle caserme quando era in voga il servizio militare e in un giovane ricorrevano due sogni: entrare al casino prima dei fatidici 18 anni e non fare la naja), parimenti, in attesa di andar fuori dalle balle, ancorché solo provvisoriamente, non mi resta che “viaggiare stando fermo a Milano”. E il cortese lettore ha già capito quel che voglio dire: giro il mondo col pensiero, commentando e volando pindaricamente verso posti e Paesi a cui –beninteso sempre tramite web o letture- mi legano rapporti e/o vicenduole continue od occasionali (un viaggiare del menga? sì, ma meglio di niente, visto c’è chi resta a casa a vedere il Pippo Baudo e quel Fazio che fa marchette invitando i soliti noti e gli amichetti che devono vendere il loro libro). Ed è così che –ahimè fermo qui a Milano, spero solo provvisoriamente, giro il mondo (o quantomeno i due Paesi che seguono) e già che ci sono invito a seguirmi in queste gite chi sta (ahilui) leggendo.
La Repubblica Ceca tra filmografia, cultura e tennis
Repubblica Ceca (e non si dice anche Cèchia? io l’ho sentito dire…). In seguito a cortese info del Centro Ceco di Milano sono andato al cinema Beltrade all’anteprima del film “Lost in Munich”, scoprendo la validità della cinematografia ceca. (Breve inciso, a ceca stavo aggiungendo slovacca, da cui si evince che al giorno d’oggi è sempre meglio aggiornarsi sulle variazioni delle carte geografiche eppertanto rieccomi a magnificare la necessità di possedere un Calendario Atlante della novarese De Agostini). E se mai la cinematografia ceca non abbondasse in quantità (viste oltretutto le dimensioni del Paese, che sarebbe poi la Boemia e la Moravia, poco più di un quarto del Belpaese) mi riferisco alla qualità del film. E scopro l’estro del regista, Petr Zelenka: 8 anni fa autore (mi informa un signore ceco che fortunatamente parla anche italiano, sennò sai che casino con quel loro idioma) di un’altra bella pellicola, “I Fratelli Karamazov”. Che sarà pure un gran bel film da vedere, alla prossima puntata, sempre che lo spettatore si doti di un Alka Seltzer digestivo datosi che, ancorché alleggerite da un sapiente regista, le narrazioni di Dostoevskji sono un filino più pesanti di una Bagna Caoda dalle parti di Cuneo.
E con questa mia ‘gita milanese’ nella Repubblica Ceca (di celluloide) avrei finito (non senza aggiungere che il cinema ceco vanta l’importante Festival di Karlovy Vary), se non fosse che vorrei doverosamente notificare al cortese lettore cosa ne so, e ne penso, di quel Paese.
Beh, tennisticamente parlando (quanto alla cultura basta Kafka e ci siamo capiti) se si parla di cechi, giù il cappello, bastano i nomi: Ivan Lendl, la Navratilova e attualmente Berdych (eppoi ci sarebbe pure quel baloss di Stepanek, buon tennista ma anche valido ‘tombeur de femmes’). E proprio per una Finale di Coppa Davis, 1980, in cui il sullodato Lendl diede la paga ai nostri Azzurri (Panatta e Barazzutti) finii a rivedere Praga (già visitata in precedenza, giovane tour leader di Viaggi&Turismo). E la rivisitai tanto attentamente da poter garantire che (compresa la magnifica birra davvero tra le primissime al mondo) la capitale ceca costituisce quello che gli Yankees chiamano un “must”, un obbligo, visitarla (sempre che un essere viaggi per cultura e non per prendere il sole e poi saltellare in un night di Briatore). Andarci, davvero, a Praga, e in caso di dubbio, citofonare: Huss, Golem e il già citato Kafka. Dalla capitale ceca si torna più intelligenti. Il che, non guasta mai.
Grecia: viaggiare a Salonicco in un albergo di Milano
In un mio recente scritto ho raccontato un “viaggio a Salonicco” compiuto “stando fermo” in un albergo di Milano (se non che ho visto poco, datosi che da un po’ di tempo in queste presentazioni non fanno più vedere nemmeno le diapositive, ormai così demodé, e meno male che a Salonicco c’ero già stato e vi avevo pure fatto tante belle foto). E nell’articolo avevo pure lamentato che al momento de ‘lu magnare’ (detto anche catering) della cucina dell’antica Tessalonica si degustò solo un isolato Tzartziki. Eccomi allora a porre rimedio, vabbè solo a livello informativo e con tante scuse al palato del lettore, segnalando che nella libretta “Thessaloniki, food stories”, omaggiata durante il suddetto happening nell’hotel milanese, sono citate le seguenti leccornie: “Koulouri Thessaloniki”, pane col sesamo; “Trahanas” (minestra abbastanza densa) con Feta (il noto cacio) e pane tostato; “Bougatsa” (dolce a sfoglie) con Custard (che sarebbe poi la crema pasticcera); “Loukoumades” (alias Lukum, e almeno questi saranno noti a qualche nostrano turista; “Potato Prioshki”, patate ripiene (arrivano dal Ponto, e mi paiono davvero sfiziose); “Dolmadakia Yalantzi” (fogli di vite ripiene, altrettanto note, si spera, come i Lukum);
“Manti” (fagottini di carne, prevalentemente di agnello, portati dei greci cacciati dalla Turchia all’inizio del secolo scorso); “Patsas” (zuppa) con aglio (la mia passione, ndr) e aceto; “Lahonodolmades Avgolemono” (ci sarà pur un abbreviativo nei menu dei ristoranti di Salonicco), foglie di cavolo ripiene, carne di manzo o maiale, con salsa di uovo e limone; “Midopilafo”, cozze pilaf con riso; “Haminados”, uova sode condite; “Trigona Panoramatos”, pasta sfoglia con crema pasticcera (la solita Custard) … dopodiché al cortese lettore non resta che partire per il nord della Grecia (perché, ebbene lo ammetto, per i neoamici di Salonicco non sarebbe stato tanto facile ammannire tutte le suesposte piacevolezze gastronomiche in un albergo di Milano …).