Ultimata la full immersion (beninteso solo culturale: sguazzarvi quasi si fosse in vacanza a Torre Pedrera o a Laigueglia può comportare qualche disagio fisico) nel mar Morto, la cui acqua e fanghi non solo producono immediati benefici per la pelle ma hanno pure favorito la creazione di un’industria cosmetica (da poco comprata, te pareva, dai cinesi), si punta verso il nord di Israele. E mentre Uri Bar-El svolge il doppio ruolo di guida, nel senso di driver del suo bel minubus e di cicerone (parlante un buon italiano simile ai soliloqui di Kranz/Villaggio in un antico show televisivo), durante i trasferimenti lo scrivente, il Renzo, mio -a metà- conterraneo (è rumagnòl 100% doc), la dotta Gabriella (mica per niente dirige Ars Artis) e l’arcicolto (ma non per questo se la tira, anzi, si rende financo comprensibile al qui scrivente) don Roberto (Famiglia Cristiana, che, con la Ferrero, rende Alba la più importante città d’Italia) commentiamo la gita da poco intrapresa.
Mar Morto: la depressione si scopre nel 1890
Pur non convinto di assurgere ad alti livelli culturali, nel dire la mia non nascondo una certa sorpresa nell’aver appreso dalla guida di Qumran (ma sarà poi vero? chissà) che la scrittura da destra a sinistra (tra le altre, quella ebraica e araba) deriva dal dettaglio che antan si scriveva sulla pietra eppertanto lo scalpellino teneva il martello a destra e… Informo inoltre di aver appena imparato che soltanto nel 1890 si scoprì che il mar Morto era un mare… depresso (e aggiungo che data 1970 la costruzione dei 500 km di strada colleganti Eilat, Mar Rosso – con Matula, Libano). Quanto all’adiacente deserto, poi, la presenza della capra nera è ben più massiccia, quindi importante, di quella del cammello e dell’uomo (viaggiando s’impara sempre qualcosa). Ma se si parla di paesaggi, e da quel poco che ho letto, ricordo e/o posso capire, vedo il mar Morto viepiù restringersi (fin da parermi, ormai nettamente diviso in due specchi d’acqua). Non me ne intendo molto di geografia fisica, ma, da quel che ho visto, non mi sembra che in quest’angolo del pianeta le superfici d’acqua se la stiano spassando (vedi mar Morto e Caspio, per non parlare del rinsecchente lago d’Aral).
Bet She’an sito archeologico di straordinario interesse
La strada verso la Galilea -a destra il Giordano, a sinistra la Samaria-, offre bei panorami agricoli (capisci finalmente perché al mercato noti onnipresenti avocados e datteri targati Israel) e la segnalazione di località storiche quando non bibliche. Sulla destra il ponte dapprima dedicato al suo costruttore (1918), il british general Edmund Allenby, oggidì a King Hussein (e direi che va bene, datosi che in tutto quel bailamme occorso in Palestina nell’ultimo secolo fu per certo uno tra i pochi a mantenere la calma). Se invece si svolta a sinistra si raggiungerebbe la poco distante Gerico, alias Città delle Palme (Giosuè, le Mura etc etc), oggidì sotto il controllo dell’Autorità Palestinese.
Prima di avvistare il sedicente Mare di Galilea (più concretamente un lago, e va a sapere perché mi è sovente venuto alla mente l’italico lago Trasimeno) parecchio tempo va dedicato a una attenta visita di Bet She’an (ebbene lo ammetto, vabbè che nessuno è perfetto, ma nelle precedenti andate in Israele questa vera e propria chicca archeologica mi era sfuggita, anche perché gli scavi più importanti risalgono al 1986). Si resta davvero sorpresi non meno che ammirati aggirandosi in questo (non tradisca la parola anglosassone facente pensare a boschi e foreste) National Park custodente quel che resta (ed è tanto, ben conservato e ancor meglio esposto) di Scythopolis, una, anzi, la capitale (nonostante fosse l’unica ubicata sulla destra del Giordano) delle 10 città della, appunto, Decapolis. In un bel contesto naturale, e nella terra più storica del mondo, l’uomo non può che aver abitato da queste parti fin dai primordi della storia, ma quel che si vede, e affascina, risale alla città romana e poi bizantina. Teatro e anfiteatro, il Ninfeo, i Bagni bizantini (ex terme romane, si viveva davvero bene a quei tempi), la erette colonne nella via del governatore Palladius, e che bello quel capitello corinzio con la testa di Dioniso.
Tiberiade, luogo della bassa Galilea, voluta da Erode Antipa
A Tiberiade (circa 40.000 abitanti, notte al Leonardo Plaza hotel, ok), bassa Galilea, si ripassa la storia ‘studiando’ il nome della località, appunto dedicata all’imperatore Tiberio ma voluta da Erode Antipa figlio di Erode in Grande (proprio quello della Strage e appunto colui che invochiamo quando qualche bebè comincia a piangere, disturbando le nostre orecchie …). Girando il mondo, o anche stando a casa, è sempre meglio non ricorrere a classifiche verità assolute, evitare stolte comparazioni (quale, ad esempio, una demenziale domanda, tipo “E’ più bella la Gioconda o un tramonto sul Nilo?”, ma mai disperare, c’è sempre qualcuno che te la pone). Ma se proprio è il caso di esagerare non sembri troppo azzardato pensare che questo angolo di mondo, appunto la bassa Galilea (oltre il ‘mare’ di Tiberiade quelle alture del Golàn ultimamente un po’ troppo chiacchierate per la loro pericolosità) potrebbe vantare il record del mondo di importanza e di durata della Storia (con la S maiuscola). Un po’ di posti e di nomi? Ebrei, la valle di Jeezrel, Egizi, Romani, Giordano, Mesopotamici, Cafarnao, il monte delle Beatitudini, Meghiddo o se si preferisce Armagheddon, Assiri, Safed, Persiani, Bet She’an, Nazaret, Monte Tabor … Chi più ne ha, più ne metta.
p.s. Ammirato il lago/mar di Tiberiade (a Cafarnao e Magdala) si proseguirà (via Safed e Nazareth) verso la Israele mediterranea (nonché crociata, saladina etc etc) – 4 continua.
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