Lingotto, albergo NH, già la stanza è un museo del design. Anche chi non se ne intende se ne accorge al primo sguardo e comunque c’è un pannello esplicativo all’ingresso. Ma alla fine non è importante chi ha progettato cosa, se la sedia o la lampada o la scrivania: quello che risulta chiaro è che ciascuno degli autori di quegli oggetti nel suo lavoro ci ha messo la testa. La struttura è incredibile: si capisce che il Lingotto era una fabbrica e si riesce a intuire che qui c’erano operai che facevano un lavoro pesante, ma si riesce anche a dimenticarlo. Forse ai tempi della fabbrica non c’era il delizioso giardino interno con anche le palme, ma non dispiace che ora esso ingentilisca un complesso davvero unico. Ci si sente così a proprio agio, così accolti e protetti che viene spontaneo chiedersi chi sia l’autore del progetto. È come quando si entra nel battistero di Firenze e la prima cosa che ci si domanda è quale genio abbia immaginato la struttura. In questo caso è Renzo Piano.
Lingotto stanza 229 dell’albergo NH
Stando nel Lingotto per una strana alchimia si comprende cosa significhi essere un bravo architetto in questi tempi. Stare nella stanza 229 dell’albergo NH è già un’esperienza di per sé e guardare fuori, che poi è guardare dentro perché la vista è sul cortile interno, è una cosa che si farebbe per ore. Ci saranno stanze ancora più belle, ovviamente. Ma questa non è la solita camera del quattro stelle. È di più: è comoda, curata e ti fa sentire dentro qualcosa di importante, ti fa sentire importante. Saranno le grandi vetrate, sarà il silenzio (sei sopra un centro commerciale, l’8 Gallery, e se non vuoi manco te ne accorgi), sarà la gentilezza del personale: non si sa cosa sia, ma il fatto è che uno ha il desiderio di restare nella struttura per spiarne ogni angolo, per godersi la luce nei vari momenti della giornata, che sia vera o artificiale.
Se vuoi mangiare c’è di tutto: dalla pizza al sushi al pollo fritto. Miriadi di negozi e pure il multisala. Sul tetto c’è una pista di collaudo, che ora non viene più usata, e una gran vista su Torino. In cima a tutto stanno due piccoli gioielli sospesi: la Bolla con annesso eliporto, una specie di mini-sala riunioni vip separata dal mondo dei comuni mortali, ma soprattutto lo Scrigno, che contiene la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli: venticinque tele soltanto, ma che quadri, accidenti. La leggiadra struttura, attaccata per un pelo al resto dell’edificio, e i Canaletto da soli valgono la visita. Non si paga nemmeno l’ingresso perché nella stanza dell’albergo c’è un biglietto omaggio.
Qualcuno una volta ha detto “Il bello di essere architetto è che puoi camminare nei tuoi sogni”. Ecco, il bello del Lingotto è scoprire che esistono ancora architetti che fanno bei sogni.
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