Il Salento, la terra tra i due mari. Così l’ha definito Erodoto, storico greco del V secolo a.C., cristallizzando una sacrosanta verità. Da un lato lo Ionio con le sue splendide spiagge dalle acque trasparenti, dall’altro l’Adriatico con le sue coste frastagliate dagli scorci magnifici. Questa è la prima immagine che si visualizza pensando al Salento. Seguita da quella degli ulivi secolari brutalmente colpiti dalla Xylella, quella della pizzica – tipica danza salentina – e quella della città di Lecce, regina indiscussa del barocco italiano.
Ma accanto a queste ben note icone salentine ve ne sono altre che affondano le loro radici nella storia, nella tradizione e nella gastronomia. Per portare alla scoperta tutto ciò, la Regione Puglia ha deciso di dar voce a cinque giornalisti nazionali coinvolgendoli in un educational volto a mostrare le gemme nascoste del territorio. Cinque giorni immersi nei riti della tradizione pasquale, visitando piccoli borghi ricchi di storia e deliziando il palato con l’eccellente gastronomia tipica salentina.
Con la macchina del tempo nella storia del Salento
Davvero un bel viaggio quello in Salento. Un viaggio che narra di Enea, dei messapi e di tutti coloro che, passando da lì, hanno lasciato la loro traccia. Uno scrigno che trabocca di testimonianze di un passato remoto, come il centinaio di megaliti – tra dolmen e menhir – risalenti al Neolitico. Ne abbiamo visto uno a Galugnano, frazione di San Donato, sulla strada che dal paese conduce alla Madonna della Nevi, chiesetta di origine medievale in cui è stato rinvenuto un ciclo pittorico di affreschi decisamente interessante.
O come il Foro Romano di Lecce, risalente ai tempi di Augusto, portato casualmente alla luce ai primi del ‘900 e situato in Piazza Sant’Oronzo, cuore pulsante della città barocca. Ed ancora, il recente ritrovamento nel comune di Castro di una statua della dea Minerva che avvalorerebbe la tesi della presenza di un tempio dedicato alla dea Atena sul territorio.
Di indubbio valore storico e culturale il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia di Maglie con quattro sezioni dedicate a Geologia e Paleontologia, Paleolitico e Arte preistorica, Neolitico ed Età dei Metalli e, per finire, una sezione Etnografica concentrata sull’arte dell’Africa sub-sahariana.
Tra le testimonianze di un passato più recente, i castelli con funzione difensiva disseminati sul territorio. Da quello di Carlo V di Lecce (I metà del XVI secolo), costruito su un vecchio baluardo principesco del XIII secolo, al Castello fortificato di Otranto (XI secolo) a quello aragonese di Castro (tra il XII e il XIII secolo), per citarne qualcuno.
Il Salento la settimana Santa
Il Salento è un luogo fortemente ancorato alla tradizione religiosa e i suoi abitanti la sentono, e la vivono, con lo stesso fervore di un tempo. La Processione del Venerdì Santo di Maglie, che rievoca la morte e la passione di Cristo, si caratterizza per la spettacolarità dell’azione. Nel primo pomeriggio del Venerdì Santo, il Cristo morto, la Madonna addolorata e gli otto Misteri si ricongiungono davanti alla Chiesa Matrice e iniziano a sfilare in processione. Il Cristo appare adagiato su un lenzuolo bianco ed è coperto da un velo ugualmente bianco; la Madre, addolorata per la perdita del figlio, colora il suo lutto di nero; i Misteri ricordano i momenti più intensi della passione del Cristo.
Le statue sfilano per il paese issate sulle spalle dei Confratelli del Comitato per la Processione del Venerdì Santo che indossano la divisa da cerimonia caratterizzata da smoking nero e guanti bianchi. Il corteo si arricchisce della presenza di donne e fanciulli che con il loro canto mesto e doloroso accompagnano la Vergine Madre nel suo lutto, e della presenza della banda che rende il tutto ancor più scenografico. Rispetto alla tradizione originaria la processione si è oggi liberata della macabra figura dei flagellanti e dei bambini incoronati con rovi o edera.
A Botrugno i Misteri sfilano il sabato mattina all’alba e a differenza della processione di Maglie non sono i Confratelli del Comitato a portare in spalla la statua del Cristo ma un gruppo di ragazze. Non è suggestiva come la sorella magliese ma è decisamente densa, sentita, toccante.
Il Salento i riti della settimana Santa
Nella Pasqua salentina è tradizione sparare la Caremma, un fantoccio raffigurante una vecchia vestita di nero con un’arancia in mano in mezzo alla quale sono infilate sette penne, una per ogni domenica di Quaresima. Il giorno di Pasqua, quando il suono delle campane indica la Resurrezione, la Caremma viene fatta saltare con dei mortaretti e attorno a lei dilagano allegria e sollievo.
Il tour delle tradizioni pasquali si conclude il Lunedì dell’Angelo con la Sagra della Cuddhura di Santa Cesarea Terme. La Cuddhura, o Coddura, è un dolce a forma circolare guarnito di uova sode con il guscio tipico della Pasqua salentina. La tradizione vuole che le ragazze la regalino ai fidanzati il giorno della Resurrezione.
L’eccellenza della gastronomia salentina
Il Salento vanta una tradizione gastronomica d’eccezione, frutto dell’agglomerato di culture che si sono avvicendate sul territorio nel corso dei secoli. Una cucina umile e povera ma ricca di sapori e di valori nutrizionali. Una cucina che privilegia i prodotti della terra e del mare e che si adegua al ritmo dettato dalle stagioni.
Tra le specialità della zona ricordiamo Ciceri e Tria, una pasta e ceci in cui una parte della pasta viene fritta nell’olio di oliva e scricchiola al contatti con i denti; il pure di fave con cicoria di campo, semplice ma gustosissimo; le sagne ‘ncannullate (tagliatelle fatte in casa, arrotolate su se stesse e condite con il sugo di pomodoro); le pittule, frittelline di pasta di pane; il rustico, sfoglia fresca farcita con besciamella, mozzarella e pomodoro; la puccia, una pagnotta di grano dura farcita, nella versione tradizionale, di olive nere.
Tra i dolci spiccano il pasticciotto (pasta frolla ripiena di crema pasticcera) e i mostaccioli. La qualità dei prodotti utilizzati e la semplicità nel combinarli rende la gastronomia salentina un’eccellenza di sapori sottolineata, rigorosamente, dal gusto intenso e penetrante di vini come il Negramaro o il Primitivo di Manduria.
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