Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Iran 4, mosaico da interpretare. L’antica Persepoli

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L’incontro con la grandiosa e suggestiva testimonianza lascia soddisfatti e felici. Forse perché il sito di Persepoli contiene quel filo conduttore tra culture diverse che racconta e spiega la vita dell’uomo.

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Lamassu, la divinità dalla testa umana e dal corpo taurino. (Foto: Federica Gögele © Mondointasca)

Guardo verso i massicci blocchi di pietra che mi si parano davanti in tutta la loro mistica potenza. Guardiani antichi e fieri, saggi osservatori di genti e gesta, sguardo che ha visto passare il corso della storia. Popoli. Stagioni. Soli e tempeste. Eroi ed esploratori, viandanti e re… adesso io, con tutto il mio sbalordimento. Lamassu: rivelatemi voi la profezia! Queste antiche divinità mesopotamiche, benefici spiriti protettivi, venivano posti all’ingresso dei palazzi: solo passando sotto ai loro occhi si entra a Persepoli. Due giganteschi mostri alati dal corpo di toro o leone e testa umana sorvegliano la città, sorta intorno al 518 a. C. per volere di Dario I il Grande, che iniziò l’edificazione di questo gioiello achemenide, poi ampliato dai sovrani successivi, tra cui Serse I, Serse II e Artserse I, II, III, nell’arco di un periodo di circa 150 anni, fin quando non arrivò Alessandro Magno a bruciare e conquistare la città. Basta quello che ne resta per intuire la grandiosità e la potenza della suggestione netta ed elegante.

Palazzi dalle cento colonne, echi di squilli di trombe

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Foto: Federica Gögele © Mondointasca

Linee e geometrie precisissime scolpite in massicci blocchi di pietra, scalinate dai bassi gradini per consentire agli antichi persiani, con le loro lunghe vesti, di salire con grazia verso i palazzi ed ai nobili di non scendere da cavallo. Delegazioni che arrivavano a rendere omaggio in questa che fu per raffinatezza ed imponenza la gemma più preziosa della corona imperiale. Si dice che l’esistenza di Persepoli venisse mantenuta segreta, per non svelarne il sito e proteggerne la magica e funzionale realtà: non era infatti abitata dal popolo e accoglieva alleati ed amici durante le festività del capodanno, per tutti i 13 giorni di celebrazione.
Palazzi dalle cento colonne, grandi scalinate monumentali che riecheggiano ancora squilli di trombe, annuncianti l’arrivo delle delegazioni in visita, che recavano doni preziosi tipici delle loro terre di provenienza. Così si vedono sfilare cortei in pompa magna, negli abiti tradizionali, con i copricapi piumati persiani o tondi dei Medi, l’eleganza composta dei greci con le loro stoffe pregiate e le chiome ricciolute, etiopi, egiziani coi cammelli… altorilievi testimonianza storica impressionante per le informazioni fotografiche e storiografiche che ci tramandano.

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Persepoli: incanto e vetrina dell’impero

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Foto: Federica Gögele © Mondointasca

Molte cose le sappiamo grazie a questi capolavori, incanto e vetrina dell’impero alle pendici del Monte Rahmat (il Monte della Misericordia). Iscrizioni e simboli richiamano le dottrine di Zoroastro e la mia più viva curiosità. Le quattro tombe rupestri di Naqsh- e Rostam, scavate in una parete rocciosa, in posizione elevata rispetto al suolo, sono attribuite a Dario I, Artaserse I, Serse I e Dario II. La cosa che più mi stupisce sono le raffigurazioni legate a questa antica ed essenziale filosofia. Secondo lo zoroastrismo nessuno dei quattro elementi naturali doveva essere contaminato, per questo i morti non venivano sotterrati nella terra ma fatti spolpare dagli avvoltoi, per poi deporne le ossa in nicchie rocciose.

Il tempio del fuoco achemenide

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Foto: Federica Gögele © Mondointasca

La struttura cruciforme delle tombe richiama con molta probabilità i punti cardinali (ma alcuni storici si chiedono se questo simbolo religioso possa avere una qualche relazione con la croce cristiana!) ed i rilievi posti più in alto raffigurano Faravahar, emblema protettivo e divino che richiama il dualismo ancestrale di Bene e di Male, la potenza creatrice e vivifica del Sole ed il semicerchio Celeste. In faccia alla rupe si trova la Kaba Zartosht, ritenuta un tempio del fuoco achemenide.
Un enorme cubo in roccia marnosa. Essenziale ed emblematico. Così come la semplice ed austera Tomba di Ciro, che si erge fiera nella Pianura di Morghab, nei pressi di Pasargade, pochi km lontana dal sito di Persepoli, questi essenziali strutture nascondono chiare e nitide indicazioni di Verità.

Le parole di Zoroastro

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Foto: Federica Gögele © Mondointasca

L’architettura nel sito di Persepoli è sostanziale come il significato del simbolismo che incarna. In sostanza tre sono le cose che Zoroastro riteneva salvifiche: PENSA BENE. PARLA BENE. AGISCI BENE. Ed io che me ne sto incantata a guardare dal basso verso i volti mistici dei Lamassu, ecco che mi vien da pensare che in fondo l’insegnamento più degno e vero che la storia tutta ci può tramandare, più o meno criptato e celato nei simboli e nei segni che di volta in volta l’architettura ha fornito come codice artistico rivelatore, è un semplice monito al rispetto ed all’amore. Allora mi sembra che ogni cosa sia unita da un filo conduttore, che fa delle varie culture solo una diversa sfumatura dettata da usi e costumi, dal clima e dalla geografia naturale, dalle filosofie portate da venti e carovane, dai piedi saggi che hanno calcato le varie terre, ma da cui fuori il messaggio che usciva era lo stesso. Ora me ne posso anche tornare a casa soddisfatta e felice. Lascio parlare la poesia persiana, con le parole dei suoi scrittori così fruttuosi e intensi. “L’amore non è una parola, è un significato, una scala verso il mondo supremo. Quando con la vita s’è legata la morte l’amore appare dal fondo dello specchio. È forse l’arte di morire l’amore che è così magica è bella? … è un termine ambiguo e insensato ma in verità è l’unica manifestazione del senso. È un dirupo eterno, per ogni precipitare cadervi dentro è un ascendere verso l’Alto” (Mohammad Reza Shafi Kadkani da Raccolta di ghazal per il girasole). (4 – ultima puntata)

Iran 1: Da Persia a Iran. Mosaico da interpretare

 

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