Il turismo è una risorsa importante. L’Italia ne ha un gran bisogno per la crescita economia che è in grado di generare. Un turismo di massa mordi e fuggi, senza un controllo sugli arrivi può generare danni allo stesso patrimonio. Questi fenomeni hanno portato a parlare di turismo a numero chiuso. Emblematico il caso di Venezia, ma se ne discute in molte altre realtà della penisola. Pienone, sull’orlo di un collasso organizzativo, gestionale, ricettivo, a Capri per il “ponte” del 2 giugno. Il Comune scriverà al Ministero: “L’ultima spiaggia è il numero chiuso”. Certo, una scelta discutibile, rischiosa, ma pur doverosa nel contesto incontrollato di un turismo mordi e fuggi, selvaggio, magari disordinato, grazie ai tanti fattori, alle tante risorse umane non utilizzate al meglio. Comunque sia, “Così rischiamo seriamente di scoppiare”, denuncia l’assessore al Turismo, Antonino Esposito, annunciando: “Scriveremo al Mibact, cui solleciteremo il conferimento alla nostra amministrazione di nuovi poteri in materia di regolamento dei flussi”.
E qui torna d’attualità, strettissima, la più volte dibattuta questione del “numero chiuso. Noi non possiamo escludere nessun provvedimento – aggiunge Esposito – compreso quello di stabilire un tetto massimo di arrivi giornalieri, che fino ad oggi consideravamo l’ultima spiaggia”. Già nei mesi scorsi il sindaco Gianni De Martino, aveva chiesto con forza al governatore della Regione Campania, una più equa ripartizione degli sbarchi nel corso della giornata: “Nelle ore di punta a Marina Grande regna il caos”.
Turismo a numero chiuso è una risposta?
Senza nascondere i problemi reali. Senza voler mettere la testa sotto la sabbia, bisogna avere il coraggio di riconoscere la incompatibilità della proposta. Da una parte si vuole il turismo, dall’altra lo si evoca come spettro, come rischio per la vivibilità e la sopravvivenza. C’è, per quanto concerne questi aspetti, qualcosa che non funziona. Qualcosa di assurdo e di paradossale, così come avvenuto, per lo stesso ponte scorso, in occasione del weekend del 2 giugno nelle Cinque Terre, dove da tempo, è stato chiesto e realizzato, forse, per altri motivi, il numero chiuso salva-bellezza. I patrimoni, i territori vanno salvaguardati, premuniti da aggressioni selvagge, incontrollabili, ma non rincorrendo o inseguendo le soluzioni che contrastano con la necessità di non disperdere, di non far morire i flussi turistici. L’impreparazione, l’incertezza, la scarsa consapevolezza di fronte al fenomeno induce alla facile soluzione di spaccare il termometro, ritenuto causa della febbre e non, invece, curare o trovare i rimedi per curare la febbre.
Rimedi possibili al turismo selvaggio
Quali i rimedi, le soluzioni? Ermando Mennella, presidente Federalberghi Ischia e Procida, altre zone colpite dalle stesse “calamità”, dichiara: “L’occupazione alberghiera è prossima al 100%, con una buona vendita grazie alle tariffe maggiori. Come le altre località del Golfo e complice anche l’attenzione per il terrorismo, Ischia è molto richiesta. La professionalità dei lavoratori del turismo fa la differenza, ma per competere a livello globale la politica nazionale e quella regionale deve effettuare nuovi investimenti sulla fruibilità del territorio: aeroporto, stazioni e, in particolare, il porto devono essere oggetto di nuovi investimenti per migliorare la qualità dell’accoglienza. Un euro pubblico speso nel turismo costituisce l’unico investimento in grado di rendere in termini di occupazione e crescita del Pil”. Una soluzione, quindi, a monte, da dove devono arrivare risposte chiare, rimedi sicuri, soluzioni certe che non penalizzino nessuno: turismo, turisti, operatori, albergatori, ristoratori, guide turistiche ed enti pubblici.