Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

“1976 Storia di un trionfo”, amarcord tennis turistico

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Lontane vicende vissute durante gite nel mondo al seguito di palle, racchette e players. Il nostro collaboratore Bonomi in qualità di tour operator delle trasferte rievoca alcuni momenti della grande vittoria nel corso della presentazione del libro “1976 Storia di un trionfo”

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La copertina del libro “1976 Storia di un trionfo”

Tanto per chiarire, il vero colpevole di queste righe è Lucio Biancatelli, autore, con Alessandro Nizegorodcew di “ 1976 Storia di un trionfo ” edito da Ultra Sport.
Laddove, per trionfo, si intende l’italica conquista della Coppa Davis (per la precisione 4 – 1); un’impresa meritevole il quarantennale Amarcord, da leggersi, non solo da parte dei tennisofili, ma anche da chi considera il viaggio (e i posti da vedere) non un transfer per poi finire al Sol y Playa bensì conoscenze, in movimento, per ritrovarsi, tornati a, casa, meno stupidi.
Preciso inoltre che è merito di Lucio (come nei gialli c’è sempre un colpevole) se chi scrive (complici i successi del nostrano Tennis di quei tempi, ricchi di tante belle trasferte, nubens soprattutto la Coppa Davis) provvederà prossimamente a narrare in altre vicende vissute.

Storia di un trionfo: la gloriosa vittoria Cile – Italia

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Cile – Italia 1976. Questa gloriosa vittoria, narrata nella “ Storia di un trionfo ”, merita la precedenza nel resumè delle prossime rievocazioni delle italiche vicende davisiane di fine ‘900. E mi affretto a informare che quella gita, da me organizzata, risultò davvero complicata. Non tanto per le troppe ore di volo (arrivi a Bue stanco morto e il proseguimento per Santiago ti sembra una punizione eccessiva) bensì per ciò che accadde prima, nel Belpaese, eppoi nella capitale cilena.
Tutta colpa del golpe di quel balosso del generale Pinochet, che scatenò nel Belpaese dibattiti televisivi e blablabla variè, si va o invece non si va (Libertà quante vaccate si dicono in tuo nome, mia revisione personale della celebre sentenza di M.me Roland). Dopodiché, alla fine, te pareva (per la serie Tarallucci e Vino…) in Cile si andò (con il tennisofilo nonché libertario senatore Pirastu che – previe telecamere opportunamente spente – si affrettò a implorare gli Assurri, “Mi raccomando tornate con la Davis”, vedi teche RaiTivù).

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Santiago del Cile: coprifuoco nei merliniani casini

Storia di un trionfo
Claudio Panatta con Gian Paolo Bonomi

Ciò premesso, e finalmente giunti a Santiago, forse politicamente meno interessanti eppertanto più attraenti (circa il 90% degli aficionados da me organizzati si dichiarava di sesso macho) si rivelarono i kilombos. Più semplicemente trattavasi dei nostri (ex) merlinani casini, viepiù allupanti grazie al toque de queda (in castigliano il coprifuoco) nel senso che, per evitare le balas (proiettili) delle ronde di Pinochet no tenìas mas remedio, non ti restava che risiedervi tutta la notte (uscendone alla fine del toque, dopo le 6). E menos mal che c’erano i kilombos, imperocché con Soledad, assistente volontaria del nostro gruppo tennisofilo nessuno (salvo un eroico dentista romano) ebbe il coraggio di provarci dopo che la citata (peraltro bellissima, pare ovvio, muchacha) alle prime nostre avances  rispose esibendo un documento dell’Università di Santiago attestante che l’oggetto delle nostre comuni brame era affetta da dermisifilopatia (consigliavano i latineggianti… in dubio abstine…).

Tuffo nella gelida corrente di Humboldt

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I militari di Pinochet sorvegliano il campo

Né Soledad fu più valida come guida turistica, basti rammentare che, portati in gita a Viña del Mar, resort balneare di Santiago, la bella ma anche sadica chica suggerì allo scrivente e al so amìs G, brillante scriba non solo tennistico, un bel tuffo nella Pacifica ma pure gelida corrente di Humboldt, temperatura media 6 max 7°. Col risultato che entrambi i sullodati, precariamente consigliati di Soledad divenimmo per un paio di giorni facile preda di un bel cagotto, accompagnato, nel caso del G, da totale afonia. E fu così che lo scrivente per un paio di giorni si ritrovò a dettare il pezzo di G al suo giornale, compito, almeno per un neofita, mica facile, stante il dimafonista che obbligava a spellare più volte parole che fino a quel giorno ritenevi facilmente trascrivibili.
Santiago del Cile, dicembre ’76, colà estate. E meno male, sennò, se mai in stagioni più fredde fossi stato pur io vittima dell’afonia, come avrebbero potuto, gli aficionados al G, godersi le sue splendide narrazioni di questa australe Finale di Davis, e ci aggiungo le ansie di giocatori e Federali pernottanti allo Sheraton San Cristobal, nonché gli acuti squilli del Trombettiere Carica! Per la cronaca, poco prima della Finale si svolse lo storico canje, scambio tra il cileno ma non pinochetiano, bensì comunista, Corvalàn, e il russo Bukovski, non sovietico in quanto  dissidente. E fu così che i giornali tennnistici del Belpaese si trasformarono, ipso facto, in notisti politici correndo al ministero degli Esteri cileno “per saperne di più”.

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