La magica atmosfera che pervade tutto il Salento è probabilmente creata dai contrasti tra il marrone cupo della terra, il verde degli ulivi e della vite e il blu cobalto del mare; allorché questo scenario naturale è interrotto dalle costruzioni dell’uomo, un altro colore vi si aggiunge: il giallo cangiante della pietra leccese. Questa duttile calcarenite, formatosi 65 milioni di anni fa sui fondali marini, si presenta tenerissima appena estratta. Tale caratteristica permise alle abili mani degli esperti scalpellini dell’epoca, di tagliarla, inciderla e traforarla con facilità, per creare i meravigliosi ornamenti di chiese e palazzi che oggi ammiriamo.
Nei primi anni del ‘600 la città di Lecce divenne il centro di quest’arte voluta soprattutto dagli ordini religiosi e dalle grandi famiglie di nobili. Ma qui le esuberanti decorazioni floreali, le spirali, i trofei ed i fregi, di cui è ricco il barocco, seppero mantenere un’eleganza ed una leggerezza espressiva tanto da divenire uno stile a se stante che fu (ed è) definito barocco leccese.
La Firenze del Sud
Il cuore pulsante del centro storico è senz’altro Piazza Sant’Oronzo, occupata centralmente da una colonna alta 129 metri. In cima a quest’ultima ben presto tornerà, nella sua posizione originaria, la statua benedicente del Patrono, attualmente oggetto di interventi restaurativi.
Su questa frequentatissima platea si affacciano numerosi bar tra i quali è da menzionare lo storico Caffè Alvino, famoso per i suoi pasticciotti.
Ma può essere anche l’occasione per degustare l’originale caffè leccese, ovvero caffè in ghiaccio addolcito col latte di mandorla anziché con lo zucchero, seduti ai tavolini all’aperto per ammirare il panorama circostante. A pochi metri di distanza, infatti, si apre l’Anfiteatro Romano del II secolo d.C., portato alla luce solo per un terzo della sua estensione; poco più discosto è visibile il cinquecentesco Palazzo del Seggio, ex sede municipale, affiancato dalla coeva chiesetta di San Marco; nella lunetta del suo portale d’ingresso è scolpito il leone alato, ricordo di un insediamento veneto.
Pietra leccese per il barocco sacro
Risalendo via Vittorio Emanuele, una strada sulla quale affacciano numerosi negozi di prodotti tipici e souvenir, si incontra la chiesa di Sant’Irene, antica patrona della città. Poco più avanti due portali in pietra leccese sormontati da statue, fanno da quinta alla vasta piazza Duomo.
Sul lato sinistro, si erge la seicentesca facciata secondaria della Cattedrale dedicata a Maria SS. Assunta, realizzata dallo Zimbalo, autore anche dello svettante campanile a cinque piani. Sul fondo emerge il settecentesco palazzo arcivescovile caratterizzato da un serie di arcate. Su tutto il lato destro, infine, si sviluppa il prospetto del seicentesco Seminario (oggi Museo Diocesano) opera dell’architetto Giuseppe Cino. Dello stesso autore è il prezioso pozzo in pietra, riccamente decorato da putti e amorini, che decora il cortile interno
Pietra leccese per la Basilica di Santa Croce
Ma il simbolo più prestigioso del barocco leccese è la Basilica di Santa Croce, visibile in tutta la sua esuberante bellezza, accanto all’ex convento dei Padri Celestini. Costoro, nella prima metà del cinquecento, decisero di realizzare la loro nuova sede dando incarico all’architetto Gabriele Riccardi: una costruzione che si protrasse per oltre un secolo. A quest’impresa, oltre a valenti artisti salentini, collaborò lo stesso Zimbalo al cui ingegno si devono le fantasiose elaborazioni di fiori, frutta, santi e angeli che abbelliscono la spettacolare facciata.
I capitelli delle sei colonne, a sostegno del piano superiore, sono ornati da figure femminili raffigurate a seno nudo; al di sopra, per simboleggiare i Turchi sottomessi, è presente una serie di piccole figure umane poste come cariatidi. Più in alto lo splendido rosone, opera di Cesare Penna, è ornato da cornici circolari con testine di angeli alati e fiori di loto. Una coreografia affiancata dalla statua di San Benedetto, sulla destra, e da quella di San Celestino, sul lato opposto.
Una curiosità legata al rosone lascia intendere che le due faccine appena visibili nella sua parte alta, siano i due autori dell’opera: a destra il volto con barba dello Zimbalo e quello del Penna sul lato sinistro. L’interno della chiesa conserva la stessa ricchezza della facciata col soffitto a cassettone dorato, l’altare con intarsi di marmo e le quattordici cappelle decorate delle navate laterali.
Pietra leccese per il barocco profano
Di fronte a Piazza Duomo si apre via Palmieri lungo la quale, all’altezza della piazzetta Falconieri, si ammira uno dei più noti monumenti barocchi della città: il settecentesco palazzo Marrese. La raffinata facciata estesa su due livelli è ornata da due coppie di cariatidi che incorniciano il ligneo portale d’ingresso; sono tenere figure femminili scolpite nella pietra che sorreggono centralmente le mensole del primo piano arricchite da figure.
Di fronte alla piazzetta si può notare l’eccentrico Palazzo De Rinaldis risalente ai primi del Seicento. Possiede due caratteristiche piuttosto evidenti: un balcone sostenuto da mensole figurate, inclinato rispetto alle geometrie dello stabile e posizionato asimmetricamente rispetto all’ingresso.
Arte nella cartapesta
La stessa creatività degli antichi scalpellini della pietra leccese, oggi si ritrova tra gli artigiani che modellano, con materiali poveri e facilmente reperibili quali carta, acqua, terracotta e colla di farina, autentiche opere d’arte. Questa tradizione risale al ‘600, quando si iniziarono a costruire, destinate alle chiese, statue di santi a grandezza naturale. Prima d’allora la loro tecnica costruttiva prevedeva l’impiego di legno, marmo o bronzo, materiali che, pur considerati nobili, avevano il difetto di costare molto ed essere pesanti, in particolare quando erano portate a spalla durante le processioni. Pertanto il fattore leggerezza, sia nei costi sia nel peso, portò alla ricerca di nuove soluzioni.
Per la realizzazione delle figure, l’ossatura in fil di ferro è rivestita con paglia mentre con la terracotta si dà vita a mani, piedi e testa: un insieme che sarà poi avvolto da fogli di carta riciclata, bagnata in una soluzione di acqua, colla di farina e antimuffa, con i quali si creeranno i necessari drappeggi. Con la fase di asciugatura a temperatura ambiente, la carta acquista una duratura consistenza mentre, con la successiva focheggiatura, si producono lievi bruciature per rendere la giusta ombreggiatura alle pieghe delle vesti.
Il museo della Cartapesta
Oggi le figure realizzate non ornano più solo le chiese ma sono divenuti anche oggetto di arredamento con personaggi destinati ad arricchire le scenografie di piccoli e grandi presepi casalinghi.
In questo veloce excursus sulle attrattive della città manca la visita al Castello. La poderosa forma trapezoidale fu commissionata da Carlo V all’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya per contrastare le continue incursioni saracene. All’interno, in cui risiede anche l’ufficio di informazioni turistiche, è sito il Museo della Cartapesta con una collezione di circa ottanta opere dei più famosi cartapestai della città.
La nuova frontiera
Proprio di fronte all’uscita del maniero, non possiamo mancare la visitare al palazzo BN, storica sede del Banco di Napoli, un tempo incubatore di ricchezze, oggi divenuto incubatore di benessere. L’intero stabile infatti è stato trasformato in una lussuosa struttura ricettiva nella quale rilassarsi piacevolmente. Per non dimenticare l’antica funzione, alcuni arredi della banca sono stati riutilizzati in modo ingegnoso come, ad esempio, il lungo banco in legno della reception dei correntisti è stato utilizzato nell’area del lounge bar.
Anche la grande cassaforte ha avuto una ulteriore vita. Non custodisce più valuta ma racchiude lo spogliatoio della palestra. Infatti c’è un’attrezzatissima area wellness in grado di proporre una serie di esercizi, sia con la presenza di un personal trainer o seguendo solo le indicazioni di un computer. Non manca la possibilità di essere ospitati nelle suite di 40 mq ubicate nei due livelli del palazzo. Ma se si volesse un aperitivo all’aperto? L’ascensore porterà al roof garden con vista sulla città! E il ristorante? C’è anche quello dove poter degustare le eccellenti pietanze dello chef Simone De Siato, accompagnate da una lista di vini che fanno riferimento alle eccellenze del territorio.
Indicazioni utili:
Info Point:
Castello Carlo V – viale XXV luglio – tel. 0832-246517 – www.ilecce.it – castellocarlov@gmail.it Guida turistica: Daniela Bacca – tel. 324 5918507
Palazzo BN – via XXV luglio 13/a – tel. 0832-408721 – www.palazzobn.com/it/ – booking@palazzobn.com
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